Le regole sono chiare e chi non le rispetta viene espulso. E’ la “dura lex, sed lex” del Movimento 5 Stelle. E l’espulsione dovrebbe arrivare per direttissima già stamattina. Tutti i senatori che hanno votato no alla fiducia per il governo Draghi, violando quanto deciso dalla base degli iscritti su Rousseau, saranno cacciati dal Movimento. Chi non è venuto in aula, o è andato via, riceverà un provvedimento da parte dei probiviri, ma potrebbe essere graziato. Si cercherà, insomma, di recuperarlo alla causa. Anche perché i numeri di ieri non sono quelli di uno smottamento, ma di una scissione.
I no sono 15, e pesano perché dentro ci sono quelli dell’ex ministra del Sud Barbara Lezzi, del presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, oltre che di Rosa Silvana Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio Di Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Matteo Mantero, Cataldo Mininno, Vilma Moronese, Fabrizio Ortis.
Troppi per non far pensare a un’area organizzata che si sta già muovendo. Ieri, si coordinava insieme a un gruppo di deputati che oggi alla Camera è pronto a fare lo stesso. Parla con Di Battista, rimasto alla finestra a dire tutta la sua contrarietà verso il governo. Flirta con Davide Casaleggio, che ieri aveva appoggiato l’interpretazione di Lezzi: il voto che su Rousseau annullava la figura del capo politico e istituiva quella dell’organo collegiale da formare era stato interpretato dai ribelli e dal manager come la cancellazione di tutti gli attuali organismi dirigenti. Quindi, del potere del reggente Vito Crimi, di quello del comitato di garanzia, perfino dei probiviri. In questa vacatio, Lezzi and co speravano che nessuno potesse espellerli e che la scissione potesse continuare a vivere e crescere dentro il Movimento.
Non sarà così per espresso volere di Beppe Grillo, che ieri è stato sentito prima da Crimi, poi da altri, e che ha dato direttive completamente diverse.
Sugli assenti, invece, si lavora ancora. Giuseppe Auddino, Elena Botto, Antonella Campagna, Emanuele Dessì, Vincenzo Garruti, Simona Nocerino, Orietta Vanin saranno sanzionati, ma non cacciati.
“Non potremmo neanche farlo – spiegava ieri un senatore – perché ci sono troppi precedenti in cui chi è rimasto a casa l’ha fatta franca, vincerebbero il ricorso”.
Ma la verità è anche che si vuole cercare di fermare l’emorragia, talmente ampia da poter ar vita a un nuovo gruppo parlamentare di area dibattistiana se i ribelli troveranno un simbolo da usare (nelle settimane scorse erano state avviate trattative per farsi prestare quello dell’Italia dei Valori).
L’accelerazione è anche dovuta alla decisione di Grillo di fermare il voto per l’organo collegiale, che doveva partire presto, quasi subito. Già ieri, contestualmente all’annuncio del sì degli iscritti (hanno votato solo 11mila su 119mila aventi diritti) si sarebbe dovuto dare il via alla raccolta delle candidature. Ma il Garante ha scritto al reggente: “Non è il momento, aspettiamo”. E Lezzi e compagnia hanno capito che la loro speranza di entrare nell’organismo direttivo del M5S era sempre più lontana. Così quelle che potevano essere assenze o astensioni si sono trasformati in sonori No detti davanti a un Draghi impassibile, quando in Senato stava per scoccare la mezzanotte. Lo stesso, potrebbe accadere oggi alla Camera per almeno dieci deputati M5S. E diventare così un’onda che rischia di travolgere quel che resta del Movimento.