Analizzate le aree del Materano e del Metapontino ritenute potenzialmente idonee dalla Sogin. Bardi e Rosa: “Palese incongruenza fra criteri ed aree indicate, che sono oggetto di pianificazione culturale e paesaggistica da molti anni. A breve la presentazione delle osservazioni”.
Da un lato ci sono le strategie statali, regionali ed europee, che nel corso del tempo hanno portato all’adozione di programmi e di ingenti investimenti finanziari per promuovere la cultura e il turismo, valorizzare le aree interne ed i sistemi produttivi locali, tutelare il paesaggio. Dall’altro c’è la “Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi” (Cnapi), che di questi programmi sembra non tenere conto, avendo incluso fra le “aree potenzialmente idonee” anche quelle zone in cui lo Stato e le Regioni hanno deciso di fare ben altro. E persino un’area vicinissima a quella dichiarata dall’Unesco “Patrimonio mondiale dell’Umanità”, aree dichiarate di notevole interesse pubblico per la tutela del patrimonio culturale ed aree a pascolo inserite nel Catalogo Nazionale dei Paesaggi Rurali storici.
È il caso delle aree ricadenti nei Comuni di Matera, Montalbano Jonico, Bernalda e Montescaglioso (indicate con i codici MT-3, BA_MT-4, BA_MT-5, TA_MT-17, TA_MT-18, MT-1, MT-2, MT-15, MT-16), come emerge dagli approfondimenti svolti nelle ultime riunioni dal gruppo di lavoro sulla “struttura antropica”, uno dei cinque istituiti presso il Dipartimento Ambiente della Regione per formulare le osservazioni tecniche alla Cnapi.
Ai lavori dell’organismo dedicati all’esame di queste aree, hanno partecipato, coordinati dall’architetto Anna Abate, i rappresentanti delle amministrazioni locali di Bernalda, Matera, Irsina, dell’Ordine degli architetti e dell’Ordine degli agronomi Matera, dell’Apt, dell’Unibas, della Soprintendenza ai beni monumentali e paesaggistici, scuola di archeologia dell’Unibas, del Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata. Presente inoltre anche un tecnico della Regione Puglia.
Le aree indicate con i codici MT-3, BA_MT-4, BA_MT-5, TA_MT-17, TA_MT-18, quelle fra Matera e la vicina Puglia, sono molto vicine (a meno di un chilometro) al Parco delle Chiese rupestri ed al Parco dell’Alta Murgia barese. E già questo dovrebbe indurre a considerare con molta attenzione i “criteri di approfondimento” che nel documento della Sogin vengono indicati in uno specifico programma che invita a prendere in esame “fattori socio – economici e culturali, pianificazione territoriale, disponibilità delle reti di trasporto”. Inoltre, in relazione al settore delle produzioni agricole, si evidenzia che i siti MT1, MT2, MT14 e MT16 ricadono interamente nel comprensorio irriguo del Metapontino e che si stanno prendendo in esame dati sugli investimenti pubblici circa l’irrigazione, la redditività delle colture, la presenza di colture di pregio, la presenza di attività zootecniche, oltre che la presenza di aree estrattive, di luoghi di interesse storico, archeologico e paesaggistico, la presenza di usi civici e proprietà collettive.
“Tutti elementi che segnalano una palese incongruenza con le aree indicate – afferma l’assessore regionale all’Ambiente Gianni Rosa – perché nel documento della Sogin non si tiene conto del fatto che sia le zone indicate sulla direttrice Matera – Irsina – Genzano – Oppido Lucano, che quelle riguardanti il Metapontino, sono oggetto di pianificazione culturale e paesaggistica da molti anni, con tanto di decreti ministeriali di dichiarazione di interesse pubblico, come nel caso di Irsina, solo per fare un esempio. E in questo quadro appare addirittura singolare l’indicazione di siti che si trovano a poche centinaia di metri dai Sassi di Matera e dall’Altopiano murgico”.
Ci sono le strategie statali per lo sviluppo del turismo, che spingono verso progetti interregionali come quelli dedicati alla valorizzazione dell’antica via Appia e della via Francigena, al centro tra l’altro di una delibera di adesione approvata dalla Giunta regionale nel 2015 e di un accordo siglato nel 2018. C’è la strategia nazionale per la valorizzazione e fruizione del patrimonio minore delle aree interne, dei prodotti locali e dei monumenti. E poi c’è il progetto sulla transumanza, riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità: con una delibera della Giunta del 2016 è stato approvato il dossier di candidatura con l’Abruzzo capofila e la cartografia mostra che questo progetto riguarda aree molto vicine ai siti indicati dalla Sogin, su cui sono in corso ulteriori approfondimenti sulla ricostruzione della matrice insediativa storica, fra Genzano e Matera, della presenza di reti tratturali, che riscontrano un uso antico del territorio e la presenza di molte masserie a presidio della zona.
Analogamente per i siti indicati con i codici MT-1, MT-2, MT-15, MT-16 (Montalbano Jonico, Bernalda, Montescaglioso) va ricordato che tutta l’area del Metapontino rientra nel Pano paesistico varato negli anni ’90 ed ancora vigente. Naturalmente in quest’area pesa particolarmente la presenza di un comparto agricolo di qualità, che nonostante la crisi ha fatto registrare un incremento del numero di imprese, con un comparto ortofrutticolo importante ed un peso rilevante per la produzione delle fragole, che su tutto l’arco ionico interessa circa mille ettari, e per le colture olivicole che segnano la testimonianza storica della nostra agricoltura. Ma nella fascia Jonica si segnalano anche tantissimi ritrovamenti archeologici, che testimoniano un uso antico e storico del territorio, e la presenza di usi civici e proprietà collettive, in particolare fra Bernalda e Montalbano Jonico, che dovrebbe essere considerata motivo di esclusione.
“L’attività dei gruppi di lavoro istituiti dal Dipartimento Ambiente – afferma il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi – sta producendo approfondimenti di grande interesse che i nostri tecnici stanno traducendo in serie ed argomentate osservazioni. Emerge chiaramente che al di là delle motivazioni generali e di carattere politico, ci sono ragioni scientifiche solide e inoppugnabili per motivare il nostro no ad ogni ipotesi di localizzazione in Basilicata del sito dei rifiuti nucleari. Credo che a breve saremo in grado di presentare pubblicamente i risultati del lavoro svolto dai tecnici, che in un rapporto di proficua collaborazione con la Regione Puglia proporremo poi nella consultazione pubblica avviata sulla Cnapi”.