Giovanni Pastore, già docente a contratto di Costruzione di macchine all’Università della Calabria: “Il sito unico dei rifiuti nucleari nel Materano, una scelta geopolitica e di guerra”. Di seguito la nota integrale.
Dalla Carta Nazionale delle aree che la SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari) ha ritenuto potenzialmente idonee a ospitare il deposito unico dei rifiuti nucleari radioattivi, si evince che sono stati segnalati n. 67 siti in tutta Italia. È risaputo che il problema dello stoccaggio dei rifiuti nucleari a livello internazionale è tuttora irrisolto in senso assoluto, che il rischio zero non esiste, e che quindi non si può parlare di sicurezza ma solo di grado di affidabilità in quanto, in questo mondo terreno, di sicuro c’è solo la morte. Alla luce delle mie competenze, ritengo sia privo di assoluta valida idoneità tecnica il sito del Materano-Metapontino, la cui scelta, verosimilmente, sarebbe invece determinata esclusivamente da motivazioni geopolitiche e di guerra.
Per l’ubicazione del sito unico sono da escludere in primis le aree alluvionali in quanto l’acqua è un efficientissimo veicolo di trasposto degli ioni radioattivi e quindi, in caso di allagamento, sarebbe un disastro irrimediabile, così come è accaduto recentemente in USA e Germania. In questi paesi hanno collocato i rifiuti nucleari in antiche miniere di sale, a priori ritenute idonee in quanto se c’è il sale non c’è più acqua da milioni di anni. Pur tuttavia, successivamente, le gallerie si sono allagate a causa della deviazione di un corso d’acqua di falda sotterraneo. Se per depositare i rifiuti sono state spese alcune centinaia di milioni, per rimuoverli occorreranno circa dieci miliardi di euro/dollari.
Tutte le altre motivazioni ostative alla realizzazione del sito unico, di carattere geologico, sismico, ambientale, pur manifestamente considerevoli e legittime, possono essere abilmente confutate in quanto si tratta di opere di “preminente interesse nazionale” e pertanto possono essere realizzate in deroga a tutte le leggi dello Stato e senza limiti di spesa. Tanto meno potrebbe essere di intralcio la presenza di un’agricoltura fiorente nella fascia Jonica perché i proprietari, verosimilmente, verrebbero abbondantemente indennizzati, data la grande disponibilità finanziaria per la realizzazione del sito, di sicura accettazione vista l’enorme crisi economica, sociale e agricola che assilla i proprietari. Gli indennizzi potrebbero essere considerati per molti un provvidenziale sollievo, anche se successivamente tutto questo porterebbe a una sicura condanna a morte di un più vasto territorio, e non solo del comune di ubicazione. Poco importa il sacrificio di una parte di territorio per il vantaggio della Nazione!
Verosimilmente, la motivazione geopolitica molto rilevante che invece potrebbe far propendere per l’ubicazione del sito unico nel Materano-Metapontino è la relativamente bassa densità di popolazione e la sua geolocalizzazione quale area periferica dello Stato, geograficamente e logisticamente, lontana dalle grandi direttrici adriatica e tirrenica. Ma ancor più fondamentale è la vicinanza al mare del sito perché la notevole movimentazione dei materiali da interrare richiede necessariamente il trasporto via mare visto che, a causa della pericolosità dei rifiuti radioattivi, questa modalità offre maggiore affidabilità rispetto al trasporto via terra. La costruzione di un porto sulla costa Jonica sarebbe necessaria e fondamentale con una doppia valenza: verosimilmente verrebbe a essere adibito sia come un vasto presidio militare essenziale per la sorveglianza del sito, al centro del Golfo naturale di Taranto, e sia come avamposto strategico verso il Mediterraneo orientale ricco di petrolio, sempre più incandescente per motivazioni economiche, energetiche e geopolitiche. Il sito, essendo unico, verosimilmente dovrebbe essere aperto per l’immissione continua di rifiuti nucleari provenienti sia da strutture sanitarie, ma anche da eventuali altri siti italiani dismessi, e forse non solo italiani. Non bisogna dimenticare, infatti, che la SOGIN, specie negli ultimi anni, si è aggiudicata tutta una serie di contratti esteri inerenti le tematiche nucleari o, più in generale, energetiche.
Su incarico della Commissione Europea, la SOGIN ha guidato un consorzio di società (tedesche, inglesi, norvegesi) per effettuare uno studio che, sulla base dei dati forniti da Rosatom (azienda pubblica russa attiva nel settore dell’energia nucleare e che raggruppa oltre 360 imprese), identificasse gli oggetti nucleari di origine russa più pericolosi affondati nel mare Artico (sommergibili nucleari, reattori nucleari, etc.) e, sulla base di uno studio di fattibilità, elaborasse e proponesse un piano per il loro recupero. L’ex Unione Sovietica, l’attuale Russia e molti paesi dell’ex Patto di Varsavia, al tempo della Guerra Fredda hanno avuto un’intensa attività nucleare, essenzialmente volta alla costruzione di ordigni bellici atomici, i cui impianti adesso sono diventati obsoleti e quindi di imprescindibile smantellamento.
Nel 2020 la SAIPEM si è aggiudicata il contratto da parte della russa Gaz-System S.a. per il trasporto e l’installazione del gasdotto che porterà il gas dalla Russia all’Europa, attraverso la Danimarca, la Polonia e il Mar Baltico (Nord Stream). Il Gasdotto Trans-Anatolico, invece, trasporterà all’Europa il gas dall’Azerbaigian (territorio dell’ex Unione Sovietica), attraverso la Georgia e la Turchia. Farà parte del corridoio di gas meridionale (South Stream) che collega l’area di estrazione di Shah Deniz all’Europa con il Gasdotto Sud Caucasico (SCP), con TANAP e TAP.
Il sito unico nazionale, una volta realizzato, potrebbe quindi essere adibito, verosimilmente, anche per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi esteri, magari in cambio di risorse energetiche, probabilmente veicolate in Europa e in Italia dai gasdotti recentemente realizzati. Del resto ciò è già avvenuto negli anni del secondo dopoguerra con accordi internazionali, scambiando il carbone di Belgio, Lussemburgo e Germania con manodopera di emigranti italiani, energia allora più che mai essenziale per la ricostruzione dell’Italia.
L’eventuale decisione di ubicare il sito unico dei rifiuti nucleari nell’area del Materano-Metapontino non presenta alcuna assoluta valida motivazione tecnica ma sarebbe verosimilmente determinata esclusivamente da motivazioni geopolitiche e di guerra, e temo che passerebbe anche sotto silenzio per le più disparate motivazioni. In primis a causa della gravissima congiuntura sanitaria, economica e sociale, ma anche per l’indifferenza delle altre regioni, soprattutto quelle limitrofe che, a torto, non si sentirebbero direttamente coinvolte, purché “non nel mio giardino”. La realizzazione del sito unico di rifiuti nucleari radioattivi determinerebbe un impatto devastante economico e sociale non solo direttamente nel comune di ubicazione del sito, ma induttivamente addirittura in un vasto territorio a livello interregionale. Le proprietà immobiliari ed agricole non avrebbero più alcun valore e nessuno sarebbe più stimolato a svolgere alcuna attività lavorativa o turistica in questi territori. Sarebbe una sciagura umana ed economica, incalcolabile e irreversibile. L’elencazione degli altri siti avrebbe verosimilmente un mero valore tattico: La guerra si combatte con l’inganno (Sun Tzu, “L’arte della guerra”).
Corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico: sullo stesso argomento giova ricordare l’articolo di Nicola Buccolo del 1 dicembre 2003 riportato su La Gazzetta del Mezzogiorno: «Fu una scelta di guerra il sito unico».
Per informazioni: www.giovannipastore.it