8 marzo, Cia Basilicata: quattro storie di imprenditrici di aziende agricole e alimentari. Di seguito la nota integrale.
Le aziende agricole e alimentari al femminile sono le più impegnate nella sicurezza alimentare e nel biologico, nella custodia e nella valorizzazione della biodiversità. Sono sostenitrici della tutela del paesaggio e del territorio. A sottolinearlo Donne in Campo-Cia indicandole come la parte candidata a essere capofila nella costruzione e attuazione della transizione ecologica e sostenibile.
In occasione dell’8 marzo quattro storie di imprenditrici.
Leonarda (Dina) Tandulli – Con la sorella Angela ha realizzato un’impresa che ha ottenuto un prestigioso riconoscimento nello scorso anno il Premio IWEC dalla Fondazione internazionale senza scopo di lucro che aiuta le imprese di proprietà femminile a connettersi e crescere e l’ha selezionata insieme ad altre 40 imprese femminili di tutto il mondo.
Il frantoio “Oroverde lucano” nasce nel 2002 – spiega Tantulli – con la sfida di produrre e commercializzare olio extravergine di oliva e olive al forno di varietà Majatica, tipica delle colline di Ferrandina, riproponendone la valorizzazione ad oltre 100 anni dalla sua comparsa alla Fiera Mondiale di New York. L’obiettivo: offrire al consumatore moderno, sempre più alla ricerca di maggior gratificazione personale, un prodotto di qualità che contrasti con la crescente omologazione degli stili di vita e dei consumi alimentari. Alla sfida si aggiungono altre sfide a partire dai mercati. L’azienda raggiunge gli Usa con difficoltà per gli effetti della pandemia che – sottolinea Tandulli – ci auguriamo di superare quanto più rapidamente possibile. Poi c’è la sfida dell’annata negativa come l’attuale con un calo di produzione sino all’80% ma la nostra resistenza è tenace. Le olive utilizzate per la produzione del nostro olio extravergine provengono dalle nostre tenute e dall’acquisto da produttori della zona. Le varietà di olivo presenti all’interno della nostra tentuta e nelle zone limitrofe sono la “Majatica” , la “Oliarola”, la “Coratina” e la “Leccina”.
Franca Alagia – A Moliterno “La sosta dei golosi – da Franca” è una sosta obbligata lunga la Via Herculia, il cammino dei sapori che attraversa la Basilicata da Nord a Sud. Dal 2003 Franca si occupa di trasformazione dei salumi con le specialità della casa salsiccia e soppressata. Nonostante le mille difficoltà – dice – non sono affatto pentita della scelta che tornerei a fare. Un’attività che mi gratifica specie per una clientela affezionata ai sapori. La pandemia ci ha penalizzati fortemente per l’assenza di turisti e comunque persone che venivano in Val d’Agri per godersi i nostri prodotti e il territorio. Ci siamo organizzati con le spedizioni per non far mancare i salumi sulle tavole degli italiani. L’ itinerario enogastronomico segue l’antica via che collegava Roma alla Basilicata, costruita per far arrivare cibi e vini tipici lucani nei mercati di tutta Italia. Il percorso si snoda lungo un territorio ricco di eccellenze gastronomiche e buon vino, ricette genuine, sapori forti e 3 zone vinicole DOC. Per gli amanti dei sapori forti e tradizionali, questo cammino dei sapori della Basilicata è la meta ideale. Qui i produttori come Franca sono stati capaci di conservare una lavorazione artigianale dei cibi e della vite e al tempo stesso rivisitare i sapori, creando delle vere e proprie eccellenze del gusto.
Giusy Doronzio – La storia del Museo dell’Olio di Colobraro è quella di una donna con la laurea in tasca – Giusy Doronzio -che ha deciso di lasciare la frenesia della vita cittadina per tornare in Basilicata portando con se un bagaglio di conoscenze sul tema della ricettività turistica, della sostenibilità e del marketing ma con tante cose nuove da imparare dalla natura e dalla terra. Con determinazione e fantasia, è stata creata una società agricola multifunzionale a gestione familiare che ha come macroattrattore il Museo dell’olio e le sue attività culturali, finalizzate alla diffusione di una corretta cultura dell’olio extra vergine di oliva. I servizi di ristorazione e pernottamento proposti, cercano di rispondere al bisogno della società di cibo genuino, prodotto con pratiche rispettose dell’ambiente, di servizi alla persona, di attenzione alla tutela delle tradizioni e delle biodiversità locali. Fondamentale per noi – sottolinea Doronzio – è fare vivere un’esperienza inclusiva ai nostri ospiti perché siamo profondamente convinte che piacere di ospitare e di vedere il mondo passare, una persona per volta, arricchisce come viaggiare. Queste le azioni di resilienza messe in campo per contrastare gli effetti negativi della crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia, sono volte a rendere l’agricoltura più umanistica e sostenibile, perché le donne concepiscono l’azienda non solo come una fonte di reddito ma come uno stile di vita.
Matilde Iungano – Matilde Iungano, terza generazione alla guida di una realtà nata nel 1938, una storica azienda agricola di Forenza, ha realizzato il suo sogno: produrre una pasta con il suo nome. Dopo anni in cui le attività prevalenti erano la coltivazione di cereali e l’allevamento di bestiame, oggi l’azienda gestisce annualmente circa 4.000 quintali di grano e 100 quintali di semola destinati alla trasformazione industriale. “Ho sempre avuto il desiderio di produrre per trasformare, così quando mi è stato affidato il testimone non ho perso un attimo e abbiamo realizzato la pasta di grano duro”.
La Pasta Iungano è certificata “Me.No”, un marchio ideato nell’ambito del Consorzio nazionale Metodo Nobile®: “L’acronimo Me.No. descrive il principio generale a cui si ispirano gli aderenti al Consorzio – ci spiega Matilde – che si sintetizza nel motto ‘produrre meno per produrre meglio’. Un approccio che garantisce la salvaguardia dei sapori, degli odori, della salubrità dei prodotti e il rispetto dell’ambiente e della salute del consumatore”. Matilde adesso pensa a tante novità di prodotto, tutte all’insegna della genuinità, della semplicità e della produzione bio. Il catalogo della storica azienda di Forenza, nel nord della Basilicata, sarà arricchito da diverse nuove proposte: erbe aromatiche, passata di pomodoro, confetture per i formaggi, mosto cotto di uva aglianico del Vulture, peperone crusco fritto e secco e farina in busta da grani antichi della zona. Un assortimento ampio e variegato, che non transige in fatto “salubrità e sapore”. “Mi riferisco al sapore perduto degli alimenti. La garanzia di biologico non deve far venir meno o trascurare il sapore autentico. Il metodo che adottiamo mira, a costo di ridurre la produzione, a proporre prodotti biologici e saporiti”.
“E’ necessario sostenere queste imprese, impegnate a ricucire gli strappi tra la sostenibilità economica e quella ambientale e sociale -afferma la presidente di Donne in Campo-Cia, Pina Terenzi-. Serve, quindi, rendere stabile il Bonus Donne in Campo e in generale rafforzare gli strumenti di credito, ma anche favorire l’accesso alla terra da parte delle donne che, a tutte le età, e a volte dopo la crescita dei figli, desiderano impegnarsi in agricoltura”. “Ci aspettiamo molto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza -aggiunge Terenzi”.