L’ex governatore rosso sbiadito della Basilicata, Filippo Bubbico, è stato mandato a casa non dal M5S, verso il quale, per questa ragione, continua a mostrare forti risentimenti, ma dai cittadini lucani che consapevolmente lo hanno ritenuto inadatto a governare sia la Regione che il Paese. E nonostante questa bocciatura democratica e inappellabile, si ritrova ad occupare, su probabile indicazione Leu, la poltrona di Ad del Gse, il Gestore dei servizi elettrici del Paese. Una società a capitale pubblico che si interfaccia tra lo Stato e i privati (Eni, Enel, società eoliche) nella gestione dell’energia.
L’uomo sbagliatissimo nel posto sbagliato: per la sua propensione alle energie fossili, che lo rendono un politico quanto di più distante dai concetti di “Transizione Ecologica” che è la nuova frontiera del vivere umano, sposata a quanto pare anche da Leu, ma non sappiamo se anche da Bubbico; per i suoi rapporti decennali come amministratore della Basilicata con l’Eni e altre multinazionali petrolifere ed energetiche; per i suoi Piear, i piani energetici regionali, in una Terra per la quale il fabbisogno energetico non superava e non supera ancora i 300 MW, ma dove questi emuli di Lawrence d’Arabia, i Democratici di sinistra degli anni 2000, prevedevano produzioni energetiche da 5 mila MW. Manco fossimo la California della Silicon Valley e strafregandosene dell’impatto ambientale negativo che un piano energetico di tale inutile potenza può determinare su un qualsiasi territorio.
A leggere l’intervista dell’ex parlamentare ed ex governatore, fatto il 6 marzo scorso alla Gazzetta del Mezzogiorno, appare evidente la ferita narcisistica per la bocciatura politica del 2018, se è arrivato ad insultare gli elettori lucani capaci di votare i “primi che passavano per caso per strada”, pur di denigrare il M5S.
Cercasse invece di non dimenticare – magari con una sana ammenda personale – che la Basilicata sotto la sua gestione ha toccato i livelli più bassi della sua storia economica e sociale, con un rapporto Pil/Debito pubblico al 254%, terzultima Regione italiana per indebitamento dopo la Calabria e la Sicilia e con tutti gli indicatori economici tra l’ultimo e il terzultimo posto, anche e soprattutto per ciò che riguarda la povertà dei lucani e l’occupazione dei suoi giovani, costretti a una grave emigrazione forzata.
Per non citare lo spopolamento iniziato proprio grazie alle fallimentari sue politiche industriali, obbligando valenti agricoltori a diventare gioco forza operai di fabbriche che producevano cassintegrati e non posti di lavoro.
E per non parlare dello studio ventennale dell’Istituto dei tumori di Milano, dal 1990 al 2010, sull’incremento spaventoso, il doppio della media nazionale di allora, dei tumori in Basilicata, patologia strettamente legata alle condizioni ecologiche e agro-alimentari del territorio. Subissato per anni di discariche anche abusive di rifiuti solidi urbani, sversamenti illeciti di petrolio e discariche di scarti petroliferi, oltre a dubbi sulle infiltrazioni di petrolio nelle falde sotterranee ed ancora all’assurdo Piear pensato per una Terra che ha invece un grande bisogno di energie umane che mettano al primo posto l’interesse pubblico e l’etica politica.
La Basilicata ha bisogno di uomini e donne che si mettano al servizio degli interessi generali con idee trasformative socio-economiche, di certo non di chi, privo di visione alcuna, attacca gli altri al solo scopo di avere un ritorno mediatico e politico perso da tempo.