La Biblioteca digitale di Energheia si arricchisce di un altro testo: “Federico Bilò e Ettore Vadini, Matera e Adriano Olivetti. Conversazioni con Albino Sacco e Leonardo Sacco”.
Energheia presenta un testo curato dagli autori Bilò e Vadini, che ripercorrono le vicende Materane degli anni Cinquanta, a partire da interviste ad alcuni protagonisti del tempo: i fratelli Albino e Leonardo Sacco.
Si approfondiscono le vicende degli studi sulla città e l’agro di Matera, sui Sassi, sul loro eventuale recupero e sui nuovi borghi da erigere intorno alla città, come il Borgo La Martella.
Queste testimonianze, non sono soltanto, oggi, un documento e un ricordo; sono il simbolo del problema-base che affaticò la mente politica di Adriano Olivetti e che permane, irrisolto ma dominante, nella prospettiva politica contemporanea: l’antitesi città-campagna, proposta nel dramma risorgimentale, accentuatosi nello sviluppo capitalistico dell’Italia settentrionale e nella correlativa stasi del Mezzogiorno rurale, che ha determinato una sorta di immobilismo del Paese.
Il saggio si apre con la testimonianza inedita di Friedrich G. Friedmann che inquadrerà il contesto storico e sociale in cui il lettore avrà modo di calarsi più profondamente attraverso le parole dei fratelli Leonardo e Albino Sacco, tra i protagonisti e testimoni di quella che oggi forse potremmo definire una primavera materana ante litteram.
A raccontarci la storia più recente sarà invece Luigi Acito, architetto, già Presidente della sezione INU Basilicata, che nella postfazione narrerà il percorso che dal Concorso di Idee ha portato Matera a diventare oggi Patrimonio UNESCO.
Gli articoli pubblicati tra il 1954 e il 1955 sulle riviste “Centro Sociale”, “Comunità”, “Casabella Continuità” e “Basilicata” faranno invece da contrappunto ai testi di Federico Bilò e Ettore Vadini che da due prospettive diverse, l’analisi della pianificazione urbanistica e l’apporto delle scienze sociali, indagano un’esperienza emblematica della storia del nostro Paese.
L’impeto forte, visionario ma concreto, conduce Adriano nel 1950 fino a Matera, lo stesso anno in cui a Ivrea la Olivetti lancia la Lettera 22, rafforza la rete di consociate estere, apre convalescenziari per i dipendenti, nuovi asili e colonie estive. Adriano arriva in una Matera anche peggiorata dalla seconda guerra mondiale, una città che versa in condizioni igienico-sanitarie di forte miseria, con un tasso di mortalità infantile che supera il 40% e un alto tasso di analfabetismo.
Da Matera, Adriano Olivetti avvia una serie di iniziative sia attraverso l’UNRRA-Casas, di cui nel 1947 diviene Commissario e nel 1959 Vice Presidente, sia attraverso l’Istituto Nazionale di Urbanistica, di cui nel 1950 assume la Presidenza.
Ed è proprio la complessa esperienza imprenditoriale, politica, urbanistica e sociale, che Adriano vuole replicare. Senza colonialismi, con un profondo rispetto per le persone e per i loro territori, contrastando le divisioni ideologiche che hanno seminato e intralciato il cammino della civiltà. Comunità, il nome lo dice e il programma lo riafferma, è un movimento che tende a unire, non a dividere, tende a collaborare, desidera insegnare, mira a costruire.
Matera diventa quindi l’occasione per il risanamento materiale ma anche per il riscatto morale. Adriano Olivetti la definisce “capitale simbolica” del mondo contadino e la trasforma, secondo un principio dialogico, con azioni concrete. Ne risulta un laboratorio a cielo aperto che supera ogni tecnicismo e autoreferenzialità, in cui è il metodo interdisciplinare a condurre a risultati inediti. L’intellettuale Olivetti trasferisce competenze e crea, con un fertile confronto tra progettisti, assistenti sociali, ingegneri, scrittori, filosofi, i presupposti per un preciso obiettivo: la ricostruzione di luoghi che restituiscano dignità e cittadinanza alle persone. Oltre la ricostruzione, l’educazione al pensiero anche attraverso le riviste “Basilicata” e “Centro Sociale” – “International Community Development” nella versione internazionale – che diventano le testate più attive sui temi della politica meridionale, la pianificazione, le scienze sociali. “Comunità” è il trait-d’union fra la piccola patria canavesana e il resto dell’Italia comunitaria che nelle ultime pagine della rivista periodicamente racconta le proprie attività.
Il primo passo del lavoro sociale intrapreso dai Centri Comunitari fu la istituzione di biblioteche e la notevole circolazione di riviste tecniche e culturali, completamente mancanti in quei villaggi sperduti. Il lavoro non fu semplice: talvolta mancavano le sedi, spesso si presentavano persone inadatte, o intriganti, o politici a ingarbugliare le cose. Ma a poco a poco i Centri si organizzavano, le biblioteche si arricchivano, si dette vita a corsi di cultura popolare, a manifestazioni sportive, ricreative; si iniziò il servizio sociale, si diede mano al servizio di assistenza tecnica nel campo dell’agricoltura e nell’industria. Si trattava in sostanza di portare gradatamente in tutti i piccoli villaggi – cioè nell’intera Comunità – il piano di assistenza sociale, culturale, educativa, ricreativa più completo, quale si trova nelle nazioni più progredite.
Matera, in sintesi, diviene il punto di partenza di un percorso nuovo, in un’ottica di valorizzazione del passato e del presente, attraverso l’interpretazione dell’attualità di queste esperienze.
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