“Il retrogusto amaro di tutta questa faccenda è avere la conferma che chi doveva proteggermi invece mi intercettava. Questo è certo. La mia vita era in pericolo e loro lo sapevano”. Questa la dichiarazione rilasciata all’agenzia Adnkronos da Nancy Porsia, la giornalista materana freelance intercettata nell’inchiesta della Procura di Trapani su alcune ong. Anche se il Procuratore Maurizio Agnello aveva già precisato all’Adnkronos che di quelle intercettazioni “non c’è traccia nell’informativa”.
Tra le conversazioni registrate della giornalista, che da anni si occupa delle rotte dell’immigrazione ma soprattutto della Libia, ci sono anche alcune con la sua legale, l’avvocata Alessandra Ballerini. “Loro sapevano dei contatti di alcuni attori importanti del traffico di esseri umani e le connivenze politiche che avevano tra Italia e la Libia, ma non mi hanno protetta – dice ancora la giornalista – E allo stesso tempo c’è anche la violazione totale al diritto dell’informazione e al diritto di una giornalista a tutelare le proprie fonti, perché c’è tanto materiale sensibile che ora può essere visionato da molte persone e poi il fatto che, ancora una volta, viene fuori in maniera prepotente i freelance siano lasciati senza tutele. Perché, ripeto la dico come giornalista freelance, sarebbe stato diverso se non fossi stata freelance”.
Poi Porsia si chiede perché “trascrivere le conversazioni con l’avvocata Alessandra Ballerini”?. “Ci siamo sentite in questi giorni – dice la giornalista di inchiesta – Perché trascriverle quelle conversazioni? Di fatto non è stato trascritto tutto quello che è stato detto da me in sei mesi, perché non sarebbero bastate 30 mila pagine solo per le mie intercettazioni. Solo alcune parti sono state trascritte”. “In una inchiesta che punta a sviscerare i rapporti tra le ong e i trafficanti di esseri umani che cosa c’entra con la conversazione tra me e la mia legale?”.
Nancy Porsia non ha dubbi: “L’intercettazione è stata commissionata all’epoca dal Viminale. E questo è la riprova del fatto che siano state usate e strumentalizzate queste indagini per prendere informazioni e non imbavagliare ma controllare l’informazione libera, una giornalista freelance come me, su altri temi. Ossia i rapporti Italia-Libia e le informazioni che io avevo in mano”.
Poi, Nancy Porsia, dice di avere letto “le 300 pagine dell’informativa e in almeno 150 pagine ci sono le mie intercettazioni. E’ tutto trascritto”. “Non so se quella è l’informativa, ma certo è che per gran parte ci sono le mie conversazioni”. “C’è la parte in cui vengo citata dai soccorritori di Msf perché io sono stata a bordo con loro nelle carte che ho letto, senza tema di smentita la metà dei documenti è su di me”, spiega riferendosi al Procuratore di Trapani Maurizio Agnello che all’Adnkronos ha detto che “delle intercettazioni di Porsia nella informativa non c’è alcuna traccia”. “La pezza è peggiore del buco…”.
“Io sono stata intercettata per sei mesi, sono stata a bordo della nave di Msf a metà giugno del 2017 e da allora sono stata messa sotto controllo fino a dicembre 2017. Mi hanno ‘accompagnato’ in Etiopia e anche in Tunisia. Ho parlato anche con le mie fonti, con altri avvocati, non solo Ballerini, ed è tutto trascritto”.
Il Procuratore di Trapani ha spiegato che Porsia è stata “di grande aiuto” per le indagini. “E ci credo”, dichiara la giornalista che nel 2017 è stata sentita dagli investigatori. “Ha dato un grande contributo”, dice il magistrato. “Io raccontavo la Libia in maniera inedita, non in termini di spettacolarizzazione ma spiegando dall’interno le dinamiche del paese”. “Sono stata intercettata per sei mesi in una inchiesta sulle ong, quando io sulle ong ho fatto poco o niente. Diciamolo chiaramente, mi hanno intercettata con una scusa. La richiesta per intercettarmi non è partita dalla Procura di Trapani ma dalla Polizia giudiziaria. E la Procura lo ha consentito. Volevano sapere cosa avessi in mano, con la scusa di quelle indagini”.
Nancy Porsia precisa: “Io sono stata intercettata dal Ministero dell’Interno non da indiziata o indagata, ma da libera cittadina”. E ricorda che nel 2017 si trovava in Tunisia quando incontrò Marco Minniti, allora ministro dell’Interno, e “lui si rifiutò di rispondere alle mie domande”. “In quella occasione mi disse: ‘Conosco bene il suo lavoro e lo apprezzo ma non posso rispondere alle sue domande’, insomma la mia presenza sancì la fine della conferenza stampa. Io non lo sapevo ma ero già intercettata”.
La richiesta, secondo Nancy Porsia, dunque, “è partita dal Ministero dell’Interno che stava definendo la sua politica, la sua strategia per chiudere le rotte. Il Viminale aveva la necessità di sapere cosa io avessi, ero una battitrice libera…”.