“Abbondanza di precauzioni”. “Eventi negativi estremamente rari”. È con queste parole che l’autorità americana dei farmaci (Food and Drug Administration, Fda) spiega la decisione cautelativa di oggi: ha raccomandato la sospensione nella distribuzione del vaccino Johnson&Johnson. Gli effetti collaterali pericolosi – in un caso letali – che potrebbero essere collegati a questo vaccino, sono simili a un embolo e riguardano sei pazienti donne su un totale di quasi sette milioni di americani a cui questo vaccino monodose è già stato inoculato.
Una donna è deceduta, un’altra è ricoverata in ospedale. Le percentuali sono dunque minime, di qui la raccomandazione di evitare allarmismi. La decisione cautelativa della Fda si collega anche al fatto che il prodotto Johnson&Johnson appartiene alla stessa famiglia e tipologia di vaccini di AstraZeneca. Quest’ultimo non è ancora autorizzato negli Stati Uniti, ma in Europa sono stati segnalati casi sospetti di embolo che hanno portato a sospensioni della somministrazione in alcuni Paesi, oppure a limitare l’inoculazione a certe fasce di età. Per quanto riguarda Johnson&Johnson, negli Stati Uniti i casi sospetti di reazioni avverse sono tutti femminili e compresi fra i 18 e i 48 anni.
Una possibile conseguenza del provvedimento Fda sarebbe di dirottare certe fasce di pazienti verso i vaccini Pfizer e Moderna che usano una tecnologia diversa. Il principio di precauzione adottato dalla Fda sembra dettato dalla necessità di dimostrare al pubblico il rigore che le autorità sanitarie adottano, in una fase in cui bisogna ridurre la popolazione scettica o decisamente refrattaria alle vaccinazioni. Uno stop alla somministrazione di Johnson&Johnson blocca gli altri nove milioni di dosi di questo prodotto che sono già disponibili nei centri di vaccinazioni.
Però la produzione di Pfizer e Moderna è molto superiore: in media 23 milioni di dosi a settimana. I problemi più acuti sono di tipo locale e settoriale: la città di New York, per esempio, stava usando il prodotto Johnson&Johnson per le vaccinazioni a domicilio degli anziani incapacitati o altri invalidi con problemi di mobilità. Il Johnson&Johnson ha il duplice vantaggio di non richiedere un richiamo, e di potersi conservare in un frigo normale.
Occhi puntati anche in Italia su Johnson&Johnson dopo la richiesta di sospendere in via precauzionale nei siti federali l’uso del vaccino da parte Cdc (il più importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti) e Fda (l’ente governativo americano che regolamenta l’uso di farmaci e alimenti). E proprio le autorità sanitarie Usa parlano di problemi simili a AstraZeneca.
Intanto in Italia è partita nel pomeriggio una riunione al ministero della Salute sul caso J&J, presente anche l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). La richiesta di Fda e dei Cdc di sospendere il vaccino arriva dopo alcuni casi di coagulazione e proprio nel giorno in cui in Italia sono attese le prime 184mila dosi. Ma nel frattempo Johnson&Johnson, che ha consegnato oggi le sue dosi di vaccino anti-Covid anche nel Vecchio Continente, precisa di aver deciso di “ritardare il lancio” del proprio siero in Europa “in un’ottica di trasparenza e in attesa delle valutazioni delle autorità sanitarie europee” spiegando di star “esaminando” con le autorità europee i sei casi di trombosi segnalati in seguito alla somministrazione del suo vaccino. “Stiamo collaborando a stretto contatto con gli esperti e le autorità sanitarie e sosteniamo fortemente una comunicazione trasparente ai professionisti della Sanità e ai cittadini”, si legge in una nota. “La sicurezza e il benessere delle persone che utilizzano i nostro prodotti sono la nostra priorità numero uno”, aggiunge il gruppo farmaceutico dicendo poi che l’azienda è “consapevole che sono state segnalate delle patologie estremamente rare in un piccolo gruppo di persone che hanno bassi livelli di piastrine in seguito all’utilizzo del nostro vaccino anti Covid-19”.
Mentre Alessio D’amato, assessore alla Sanità del Lazio, chiede che sul vaccino J&J “ci sia una decisione rapida, chiara, definitiva, senza tentennamenti e incertezze. Bisogna evitare di fare ciò che è stato fatto con il vaccino AstraZeneca”. E aggiunge: “Le autorità si pronuncino con una voce sola anche perché negli Usa si trovano in una situazione totalmente diversa avendo già somministrato alla popolazione milioni di dosi. Mi auguro che si mantenga un livello di razionalità e di pragmatismo, il rischio di una tempesta perfetta è molto alto”.
Per Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Universita’ di Padova “non sorprendono” né i casi di trombosi che si sono verificati dopo la somministrazione del vaccino Johnson&Johnson, né la sospensione voluta dalla Fda e Cdc. Il siero della J&J funziona come quello di AstraZeneca, è ovvio quindi che possa dare gli stessi problemi”.
“L’importante ora”, sostiene Crisanti, “e’ che il governo rimoduli subito il piano vaccinale”.
Per il resto, “quello che sta accadendo è del tutto normale: i vaccini hanno una loro vita che si definisce meglio con l’aumentare del numero elle persone vaccinate. È un processo naturale”.
Intanto a seguito della procedura di segnale condotta a livello europeo, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha emesso una nuova nota sul vaccino AstraZeneca per aggiornare gli operatori sanitari sui punti emersi dalla valutazione del vaccino. Gli elementi chiave sono che “una relazione causale tra la vaccinazione con Vaxzevria e l’insorgenza di trombosi in combinazione con trombocitopenia è considerata plausibile. Anche se tali reazioni avverse sono molto rare, hanno superato quanto atteso nella popolazione generale”. Ma in questa fase “non sono stati identificati fattori di rischio specifici”. In ogni caso, scrive l’Aifa, “gli operatori sanitari devono vigilare su segni e sintomi di tromboembolia e/o trombocitopenia e informare di conseguenza i vaccinati. L’uso di questo vaccino deve essere conforme alle raccomandazioni ufficiali nazionali”.