La Cgil, la FP Cgil e la Flc Cgil di Matera in un documento congiunto intervengono sui diritti educativi e formativi dei bambini di Matera e della Basilicata. Di seguito la nota integrale.
La Cgil, la FP Cgil e la Flc Cgil di Matera, pur associandosi al giudizio negativo sull’approvazione da parte del Consiglio comunale di Matera dell’emendamento di riduzione delle risorse destinate ai servizi di mensa scolastica e agli asili nido per le prossime annualità, ritengono che le prese di posizione e il dibattito si siano sviluppati su diversi piani (discriminazione di genere, occupazionali, socio-assistenziali, etc.), tutti meritevoli di attenzione, ma non esaustivi e centrali rispetto ai principali destinatari dell’ingiustizia: i bambini.
Il promotore dell’emendamento, ha motivato il taglio delle risorse per gli asili nido e le mense scolastiche sostenendo che “la gran parte delle madri che fruiscono del servizio sono casalinghe” e quindi, a suo dire, possono occuparsi dei figli. Queste affermazioni, prima di tutto, costituiscono un attentato ai diritti dei “cittadini bambini” di usufruire di un diritto universale sancito dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 20.11.89 e dalla Costituzione Italiana che considera la disciplina degli asili nido “…. nell’ambito della materia dell’istruzione (sia pure in relazione alla fase pre-scolare del bambino)».
Infatti, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 320 del 5 novembre 2004, nel dichiarare illegittima la norma dell’articolo 91 della legge 289/2002, ovvero la Legge Finanziaria 2003, che istituiva, disciplinava e finanziava gli asili nido aziendali, riferendosi alla propria precedente decisione – sentenza n. 370 del 2003 – ha affermato che: «la relativa disciplina non possa che ricadere nell’ambito della materia dell’istruzione, nonché per alcuni profili nella materia della tutela del lavoro, che l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, affida alla potestà legislativa concorrente».
Gli asili nido, quindi, non fanno parte dei servizi sociali, ma dell’istruzione.
Inoltre, sempre la Corte Costituzionale, con sentenza 107/2018 ha dichiarato l’incostituzionalità della L.R. Veneto del 21.2.17 n. 6 nella parte in cui attribuiva la precedenza per l’accesso agli asili nido regionali ai “figli di genitori residenti in Veneto anche in modo non continuativo da almeno 15 anni o prestino attività lavorativa in Veneto ininterrottamente da almeno 15 anni…”.
In tal senso la pronuncia conferma la funzione educativa dell’asilo-nido a vantaggio dei bambini rispetto ai quali persegue la finalità di “garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura , relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali” (L. 13.7.2015 n.107, art.1, comma 181); inoltre, attribuisce anche la funzione socio-assistenziale, a vantaggio dei genitori che non hanno i mezzi economici per pagare l’asilo nido privato e che vedono anche per questo impedito, specie per le donne, l’accesso al lavoro, menomando l’obiettivo di conciliazione tra lavoro e “funzione familiare” perseguito dall’art. 37 Cost.
Quindi, il grave e reiterato tentativo di ridimensionamento e depotenziamento dell’attività educativa e formativa dei bambini come soggetti legittimamente riconosciuti dalla Costituzione italiana, dovrebbe interrompersi e la politica istituzionale dovrebbe sforzarsi di mettere al centro programmi finalizzati al riconoscimento e rafforzamento per renderli universali (e non più a domanda individuale).
Nel caso in questione, le responsabilità non possono essere assoggettate esclusivamente al solo proponente l’emendamento, ma alla maggioranza del consiglio comunale che lo ha approvato nel rispetto delle disattenzioni culturali e politici che storicamente si sono determinati nella nostra regione.
La comunità lucana dovrebbe constatare che nella Regione Basilicata persevera l’idea che l’infanzia appartenga ad “uso privatistico” che la rende strumentalmente “età assoggettata” e riconosciuta solo dall’istituzione nella quale è inserita e che ne esclude la possibilità di considerarla come “classe sociale”.
In Basilicata continua a mancare il punto di partenza rappresentato dalla consapevolezza che sia ancora da costruire il “progetto infanzia” e che sarà possibile realizzare quando l’infanzia stessa non sarà considerata un problema (abbandonata o iperprotetta) ma come una risorsa attiva e produttiva, una risorsa da capitalizzare e investire a favore di una differente qualità esistenziale.
Ciò comporta innanzitutto il riconoscimento di alcuni diritti inalienabili:
• Diritto all’educazione;
• Diritto all’istruzione;
• Diritto al rispetto dell’identità personale, etnica, culturale e religiosa.
Per queste ragioni, in questa Regione, quando si parla di asili nido e scuola dell’infanzia, il dibattito tende al “ribasso” confondendo artatamente la razionalizzazione con la riforma derogando dal significato che riformare non significa soltanto tagliare costi ma anche rilanciare la qualità e riorganizzare il servizio per migliorarlo.
La gravità si accentua allorquando ci si limita a realizzare “tagli lineari” ed “interventi ragioneristici” che caricano le famiglie già fortemente compromesse dalle condizioni determinate dalla crisi economica.
La riprova è rappresentata da una serie di scelte politiche e amministrative già poste in essere:
• dal Comune di Matera quando si rincararono le tariffe (già esose rispetto alle altre città dove le stesse famiglie con un reddito “medio” a Milano pagano 232 euro e stranamente a Matera 350 euro) e, successivamente di ridurre di alcune centinaia di migliaia di euro il finanziamento del servizio all’infanzia (asili nido);
• dalla Regione di tagliare ben 500mila euro alle Sezioni Primavera, decisione che ha avuto impatti fortemente negativi, per la forte carenza di posti disponibili rispetto al fabbisogno stimato;
• oggi, dell’emendamento di ridurre i finanziamenti alle mense scolastiche e agli asili nido.
Per comprendere la gravità della situazione basta prendere i rapporti ISTAT sull’offerta di asili nido e altri servizi socio educativi per la prima infanzia dai quali si evince il notevole divario tra le regioni italiane.
Infatti, rispetto alla già bassa media nazionale a cui il servizio infanzia si rivolge a circa il 13%, la Basilicata si attesta soltanto ad una percentuale pari a circa il 6,9% seguita solo dalla Sicilia, Puglia, Campania e Calabria mentre i territori più virtuosi come l’Emilia Romagna e la provincia di Trento, si attestano rispettivamente a circa il 30%.
Anche in questo caso l’Italia risulta drammaticamente divisa in due, laddove per il Mezzogiorno, e per la Basilicata soprattutto, il welfare non è messo nelle condizioni di essere un volano di sviluppo e di contribuire ad interrompere lo spopolamento, oltre che creare posti di lavoro.
Crediamo importante ed opportuno che finalmente il punto di vista venga “capovolto” affinché l’infanzia venga considerata come una risorsa e non come semplice costo.
Gli asili nido e la scuola dell’infanzia svolgono una funzione fondamentale perché costituiscono il primo inserimento dell’individuo nella società e rappresentano il primo intervento per la formazione dei futuri cittadini. Continuare a considerarli “parcheggi”, significa alienare l’importante funzione educativa, di apprendimento e di socializzazione.
Per queste ragioni è necessario che:
• il Consiglio comunale di Matera riconsideri la decisione di tagliare i fondi destinati all’infanzia (mensa e asili nido) e metta in atto politiche che pongano tra le assolute priorità il sostegno, lo sviluppo, la qualità dei servizi socio-educativi per l’infanzia.
• la Regione Basilicata definisca finalmente il progetto infanzia condiviso con i soggetti istituzionali, sociali e del volontariato attraverso:
1. il monitoraggio della situazione reale dell’infanzia in Basilicata affinché si giunga ad una rilevazione puntuale dei bisogni 0/6 anni;
2. l’approvazione della legge regionale il diritto delle bambine e dei bambini all’educazione e all’istruzione dalla nascita fino a sei anni che normi:
a) le finalità e modalità attuative attraverso:
• il riconoscimento dei bambini quali soggetti di diritti individuali giuridici, civili e sociali;
• l’individuazione dei criteri per la realizzazione, la gestioni ed il controllo dei servizi pubblici e privati;
• la definizione dei requisiti strutturali e organizzativi, dei criteri per la realizzazione ed il funzionamento e delle regole per il rilascio delle autorizzazioni;
b) il riconoscimento del Nido d’Infanzia come un servizio educativo e sociale di interesse pubblico;
c) l’istituzione dei servizi integrativi e sperimentali al nido per dare risposte flessibili e differenziate in relazione alle esigenze delle famiglie;
d) la costituzione di un sistema educativo integrato tra nidi d’infanzia, servizi integrati e servizi sperimentali;
e) la definizione dei ruoli e le funzioni degli Enti Locali (regione, provincia e comuni);
f) l’istituzione di un Fondo Unico per le politiche dell’Infanzia (a cui riservare da subito almeno 5 milioni di euro utilizzando la programmazione europea) per ampliare i servizi e ridurne il peso economico sulle famiglie, ottenendo cosi anche la creazione di almeno mille posti di lavoro nel settore.
In questo modo sarà possibile superare l’approccio che, molto spesso, relega il partenariato sociale alla formalizzazione ed alla ratifica di scelte già assunte se non addirittura realizzate.
Al contrario porrebbe un’attenzione alla qualità della spesa in un processo di confronto reale con le parti sociali e potrebbe costituire un approccio proficuo per definire una programmazione puntuale e risolutiva come quella dell’infanzia. In particolare, proprio il Fondo Sociale Europeo, per il nuovo ciclo di programmazione, potrebbe essere il terreno all’interno del quale reperire le risorse e definire il percorso per fare della Basilicata una regione all’avanguardia nei servizi all’infanzia.
E’ una sfida che mette in gioco il futuro della Regione Basilicata, una sfida ambiziosa e difficile ma certamente, con la buona volontà e l’impegno di tutte le parti in causa, assolutamente realizzabile.