Giovanni Caserta in una nota esprime alcune riflessioni sulla mostra alla Triennale di Milano con un omaggio a Carlo Aymonino. Un’occasione utile per allargare la discussione ad un altro progetto del noto architetto relativa a piazza della Visitazione. Di seguito la nota integrale.
Leggo,da più parti, che il Comune di Matera è presente, alla Triennale di Milano, con un omaggio a Carlo Aymonino, grande architetto, innovativo, cui sono dovuti i due progetti materani di Rione Spine Bianche e Piazza Mulino. Evidente è la contraddizione con l’accantonamento che il Comune di Matera ha operato riguardo ad altro progetto di Aymonino, riguardante Piazza della Visitazione. Sull’ argomento è intervenuto il consigliere Pasquale Doria; sulla questione, a suo tempo, intervenimmo anche noi, con uno scritto. Il progetto portava e porta anche la firma dell’ingegner Piergiorgio Corazza e del compianto architetto Vincenzo Baldoni.
Il progetto Aymonino-Corazza–Baldoni, inun pubblico concorso, risultò vincitore; secondo risultò un progetto presentato dai giovani architetti Lorenzo Rota e Renato Lamacchia. A nessuno sfugge che la “mano” materana serviva a guardarele cose dal punto di vista della storia, della cultura e della funzione della piazza, che nonpuò essere solo intergenerazionale (come pomposamente la si propaganda). La piazza è qualcosa di ben più complesso che non l’incontro elementare, quanto patetico,fra nonni e nipoti. E’, invece, incontro di ceti, di classi, di dibattiti, di commercio… E’ Tribunale, Municipio. Insomma, è cuore pulsante della città, come dimostrano il forum romano, la agorà greca e, ancor di più, le dinamiche piazze rinascimentali.
Seguendo questa ottica, si pensò di utilizzare anche quanto di positivo era possibile leggere nel secondo progetto, classificatosi al secondo posto Si pensò, pertanto, ad una fusione dei due progetti, consenziente il Comune. Alla fusione si arrivò con consegna agli organi comunali, chiamati alla esecuzione. Chissà perché la sintesi, pur riconosciuta valida, finì in un qualche “armadio della vergogna”, dove, forse, viene accantonato quanto non è di gradimento al potere politico-amministrativo, e quindi “agli amici degli amici” del momento.Purtroppo.
Il risultato è stato che, per un paio di decenni, la piazza è rimasta in stato di abbandono, fino alla inopportuna e incomprensibile scelta di affidare un nuovo progetto all’architetto Boeri, milanese,per il tramite delle FAL. Questo ha significato una altissima spesa di denaro pubblico, compresi un adeguato compenso al milanese, architetto Boeri, e la conservazione alle FAL,in proprietà, del vecchio immobile-stazione, edificio storico, cui è legato un secolo di vita cittadina. Fu luogo di malinconiche partenze per l’America, per il Nord Italia, per la Germania, per la guerra, per gli esami universitari a Bari…Ma fu anche luogo di fortunati rientri, di incontri nella sala d’attesa, di bevute alla fontanella,di ritiro di pacchi arrivati sulla vecchia “cioccolatera”, cioè su un vero e proprio treno, ancorché a carbone e a scartamento ridotto,poi soppresso, con conseguente scomparsa del trasporto merci a favore della “littorina”,traballante e maleodorante di nafta, senza bagni, per soli viaggiatori.
Oggi il vecchio edificio, vecchio di un secolo, stile liberty, che dava un’aria di festa a tutta l’area indicata come “Stazione”, è rimasto nella proprietà delle FAL, per l’ennesima volta sottoposto a restauro e ristrutturazione per ricavarne un ristorante a piano terra e – ci dicono – una sala di mostre o altro sul piano superiore. Era molto più facile farne un recupero come stazione, evitando la mastodontica spesa della nuova, inutile quanto sbagliata stazione, realizzata con criteri ultramoderni in un contesto di primo Novecento,con prevalenza del mattone Cappelluti (altra vicenda storica).
E’ la storia di Matera, che, non sapendo valorizzare le intelligenze locali, permette a queste di fuggire, sdegnate,finendo, poi, con l’ affidarsi al genio esterno, sbandierato come un vanto o una conquista, proprio come una squadra di calcio che cerca il campione brasiliano e fa morire il vivaio. Poi il campione brasiliano esce di scena e la squadra si squaglia. E’ la storia anche della Fondazione Matera-Basilicata 2019, che ora annaspa disperata, alla ricerca di qualche sovvenzione di sopravvivenza e di assestamento funzionale, dopo aver mandato fuori milioni di euro. Del resto, più che di danaro manca di idee, che non ha voluto e non ha saputo cercare all’interno della città,contribuendo, colpevolmente, a costruire l’immagine di una città capitale europea della cultura, cui, però, mancano uomini di cultura, tutti rimasti alla quinta elementare..
Tornando al nostro tema, non crediamo proprio che i giochi siano fatti. Aggiungendo errore ad errore, sembra che la vecchia Amministrazione abbia dato allo stesso architetto Boeri il compito di progettare quel che rimane di Piazza della Visitazione, caricando milanesità con milanesità. All’ordine degli Architetti e Ingegneri ci permettiamo di chiedere, finalmente, un moto dì orgoglio a salvaguardia della dignità della categoria e della intera città. Si renda omaggio ad Aymonino anche a Matera; si senta l’Unibas… E’ un dovere minimo. Molti giovani non conoscono Aymonino. Si illustrino,dello stesso,i progetti Spine Bianche e Piazza Mulino, ma si aggiungail progetto Piazza della Visitazione, che, illustrato dai suoi autori, sia anche ricordo di Vincenzo Baldoni, gran signore, molto presente nella edilizia e nei restauri del secondo Novecento. Chissà che non sia ancora possibile un recupero in extremis di quell’antico, vincitore progetto, che smorzi l’impatto incongruo della assurda nuova stazione FAL. Si dimostri che, capitale europea della cultura, a Matera si può fare anche da soli. Ci sono le energie sufficienti e capaci, come dimostrano i successi di quanti, giovani, non trovarono posto nella loro città e fecero fortuna, cultura e arte altrove.
Ma avremo una risposta a questo nostro intervento? O soloun incomprensibile,colpevole silenzio, in una città in cui regola dominante sembra essere diventata il “mota quietare, quieta non movere”? Non ci resta che aspettare.