Una giornata memorabile per Eustachio Santochirico. L’artigiano materano, autore del carro trionfale di Maria Santissima della Bruna che si svolgerà il 2 luglio 2022 dopo due anni di stop imposto dalla pandemia, è stato ricevuto questa mattina in una sala del Vaticano da Sua Santità Papa Francesco in occasione del 25° anniversario del Progetto Policoro sostenuto dalla Cei per favorire l’inserimento di giovani nel mondo del lavoro in tutta Italia.
In questa occasione Eustachio Santochirico ha donato a Papa Francesco una piccola opera in terracotta realizzata a mano che raffigura San Giuseppe.
Santochirico, raggiunto al telefono dichiara: “E’ stata una grande emozione poter incontrare dal vivo Papa Francesco, potergli donare una piccola opera dell’artigianato in rappresentanza di tutta la Basilicata”.
Michele Capolupo
Di seguito la nota pubblicata da VaticanNews.
Il Papa ai giovani: cura del lavoro e sogno comune per la ripartenza
Francesco incontra in Vaticano cento giovani delle imprese e cooperative del Progetto Policoro della Cei, che festeggia 25 anni di vita, accompagnati da 20 adulti dell’equipe nazionale e dal cardinale Bassetti. Ed indica un cammino per essere sempre “segno di speranza” contro la disoccupazione delle nuove generazioni in Italia, Paese sempre più “vecchio” con la sua media di 47 anni di età
L’evangelizzazione “passa anche attraverso la cura per il lavoro” e per la ripartenza dopo la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 serve il coraggio di “sognare insieme” come stanno facendo da 25 anni i giovani e gli adulti promotori del Progetto Policoro della Chiesa italiana. Papa Francesco riceve in Sala Clementina cento giovani e 20 adulti dell’equipe nazionale del Progetto, promosso dalla Conferenza episcopale italiana, rappresentata dal presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti, e traccia il cammino per continuare ad essere “segni di speranza” in modo nuovo.
Animare, abitare, appassionarsi e accompagnare
Utilizza quattro verbi, il Papa: animare, abitare, appassionarsi e accompagnare, perché i giovani delle oltre 400 imprese, “partite Iva”, cooperative, attività commerciali, nate prima nel Sud e poi in tutta Italia grazie al progetto, animati dallo Spirito di Cristo, aiutino le persone a rimettersi in cammino e ad impegnarsi “nella vita, nella famiglia, nella Chiesa e nella società”.
Dare un’anima all’economia, impegno dei giovani
Animare, per Francesco, che parla dopo la presentazione del progetto da parte di due giovani “portavoce”, e ringrazia per il dono di una statua in cartapesta opera di una cooperativa di persone diversamente abili di Matera, è “dare un’anima all’economia”. Come stanno facendo i giovani dell’iniziativa “Economia di Francesco”, perché, e qui il Pontefice cita la sua enciclica Laudato si’ “ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie”.
Coinvolgere parrocchie e diocesi nel tema del lavoro
Voi, ricorda Papa Francesco, vi chiamate “animatori di comunità”, e le comunità “vanno animate dal di dentro attraverso uno stile di dedizione: essere costruttori di relazioni, tessitori di un’umanità solidale”. E’ importante, prosegue il Papa citando l’enciclica Fratelli tutti “aiutare le parrocchie e le diocesi a camminare e progettare sul «grande tema [che] è il lavoro»”, facendo germogliare “i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze”.
Creatività per un nuovo modello di economia
Francesco sottolinea ancora che “occuparsi del lavoro è promuovere la dignità della persona”, perché il lavoro nasce “dall’ingegno e dalla creatività dell’uomo”. Voi, dice ai giovani del Progetto Policoro, “non siete di quelli che si limitano alle lamentele per il lavoro che manca, ma volete essere propositivi, protagonisti, per favorire la crescita di figure imprenditoriali al servizio del bene comune”. Con l’obiettivo, indicato da Benedetto XVI nella Caritas in veritate, «dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti».
A voi giovani non manca la creatività: vi incoraggio a lavorare per un modello di economia alternativo a quello consumistico, che produce scarti. La condivisione, la fraternità, la gratuità e la sostenibilità sono i pilastri su cui fondare un’economia diversa. È un sogno che richiede audacia, infatti sono gli audaci a cambiare il mondo e renderlo migliore. Non è volontarismo: è fede, perché la vera novità proviene sempre dalle mani di Dio.
Abitare il mondo senza calpestarlo
Il secondo verbo indicato dal Pontefice è abitare, perché i giovani possono mostrare a tutti “che è possibile abitare il mondo senza calpestarlo”, perché abitare la terra non vuol dire “possederla, ma saper vivere in pienezza le relazioni: con Dio, con i fratelli, con il creato e con noi stessi”, scrive sempre Papa Francesco nella Laudato si’. E esorta i giovani di un Progetto che ha mosso i primi passi in Puglia, Calabria e Basilicata, “ad amare i territori in cui Dio vi ha posti, evitando la tentazione di fuggire altrove”. Perchè proprio le periferie “possono diventare laboratori di fraternità. Dalle periferie spesso nascono esperimenti di inclusione”.
Possiate aiutare la comunità cristiana ad abitare la crisi della pandemia con coraggio e con speranza. Dio non ci abbandona mai e noi possiamo diventare segno della sua misericordia se sappiamo chinarci sulle povertà del nostro tempo: sui giovani che non trovano lavoro, sui cosiddetti Neet, su quelli che soffrono la depressione, su quelli demotivati e stanchi nella vita, su quelli che hanno smesso di sognare un mondo nuovo.
Italia troppo vecchia, i giovani reagiscano
Il Papa ricorda infatti che il servo di Dio Giorgio La Pira sosteneva che la disoccupazione è «uno sperpero di forze produttive». E sottolinea che poi oggi in Italia “la disoccupazione che fa’ che tanti giovani cerchino un’alienazione” e addirittura “il suicidio”. Nell’inverno della vita demografica italiana “ci mancano i giovani e per questo i giovani non possono darsi il lusso di non entrare in questo lavoro”. L’Italia, con una media di età di 47 anni, è vecchia, non ha futuro.
“Ma, come posso fare figli se non ho il lavoro?”, “Io, donna, come posso fare i figli, che appena il capo dell’ufficio vede la pancia mi caccia via, a tal punto che la pancia è diventata una vergogna?” Ma è tutto in un altro modo! Ma dovete reagire contro questo. Che i giovani incomincino a sognare, a fare i padri, a fare figli. E per questo, che abbiano dei lavori. Il lavoro è un po’ una garanzia di questo futuro.
Abitare i conflitti per uscire dall’inimicizia sociale
Ora è anche il momento “di abitare il sociale, il lavoro e la politica senza paura di sporcarsi le mani”. Voi giovani date una mano ad aprire le porte delle parrocchie “affinché i problemi della gente entrino sempre più nel cuore delle comunità”.
E non abbiate paura di abitare anche i conflitti. Li troviamo nel mondo, ma anche a livello ecclesiale e sociale. Serve la pazienza di trasformarli in capacità di ascolto, di riconoscimento dell’altro, di crescita reciproca. Le tensioni e i conflitti sono parte della vita, ma sappiamo che la loro «risoluzione su di un piano superiore» è il segno che abbiamo puntato più in alto dei nostri interessi particolari, per uscire dalle sabbie mobili dell’inimicizia sociale.
Appassionarsi al servizio delle persone, degli ultimi
Il terzo verbo utilizzato da Francesco è appassionarsi, perché quella che fa la differenza è “la passione per Gesù Cristo e per il suo Vangelo”, che si vede nel “di più” che “mettete per accompagnare altri giovani a prendere in mano la loro vita, ad appassionarsi al loro futuro, a formarsi competenze adeguate per il lavoro”. Il Progetto Policoro, è l’auspici del Pontefice sia sempre al servizio “della vita delle persone, soprattutto dei poveri e degli ultimi della nostra società”. E cita la sua esortazione dopo il Sinodo dei Giovani, Christus vivit, quando invita le nuove generazioni a non domandarsi tanto “Ma chi sono io?”, piuttosto: “Per chi sono io?”. Sei per Dio, senza dubbio, risponde Papa Francesco, “ma Lui ha voluto che tu sia anche per gli altri, e ha posto in te molte qualità, inclinazioni, doni e carismi che non sono per te, ma per gli altri”.
Gratuità per risollevare la vita di chi è scartato
Per questo chiedetevi: “Per chi mi appassiono? Che cosa prende il mio cuore? Per che cosa mi spendo? Non siamo creati per fare carriera, ma per crescere in comunione con il Creatore e con le creature”. Ci si appassiona, chiarisce il Papa “quando si ha cura della propria interiorità, se non si trascura la spiritualità, se si studia, se si conosce in profondità la dottrina sociale della Chiesa e ci si sforza di tradurla nel concreto delle situazioni”.
Non abbiate paura di prestarvi anche gratuitamente per risollevare la vita di chi è scartato. Il contrario della passione è la mediocrità o la superficialità, che induce a pensare di sapere già tutto in partenza e a non ricercare soluzioni ai problemi mettendosi in gioco in prima persona.
Passione è vibrare di dolore e di fede davanti alle ingiustizie
E qui Francesco cita don Lorenzo Milani: «Non vedremo sbocciare dei santi finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale!». Chiede allora ai suoi ospiti: “voi vibrate di dolore e di fede davanti a tante ingiustizie sociali, allo sfruttamento, alla mancanza di lavoro, allo scarto degli anziani? Appassionarsi è vibrare con questo”.
Accompagnare gli altri giovani che incontrate
Infine parla dell’ultimo verbo, accompagnare. Molte persone sono impegnate ad accompagnare questo Progetto, ricorda il Pontefice, “le vostre diocesi vi guardano con speranza, e ciascuno di voi è capace di farsi compagno di strada verso tutti i giovani che incontra sul suo cammino”.
Aiutare le persone a rimettersi in cammino dopo la crisi
La vostra presenza nei territori, per Papa Francesco, “diventa così il segno di una Chiesa che sa prendere per mano”, come Cristo con i discepoli di Emmaus, “rassegnati e sfiduciati per quello che era capitato a Gerusalemme”. Gesù li aiuta “a rileggere tutto a partire dalla Pasqua”. Come il vescovo Tonino Bello ricordava che nel viaggio sulla Gerusalemme – Gerico “la fede interseca la storia, e la speranza incrocia la disperazione, e la carità si imbatte nei frutti della violenza”.
La fede ci dice che la crisi può essere un passaggio di crescita: lo Spirito di Cristo risorto anima la speranza, che diventa aiuto alle persone perché si rialzino, si rimettano in cammino, tornino a sognare e si impegnino nella vita, nella famiglia, nella Chiesa e nella società.
L’ evangelizzazione passa anche attraverso la cura del lavoro
Il Papa conclude sottolineando che i giovani del Progetto Policoro, “alla scuola del magistero sociale della Chiesa”, sono già “segni di speranza”.
La vostra presenza nelle diocesi possa aiutare tutti a comprendere che l’evangelizzazione passa anche attraverso la cura per il lavoro. I 25 anni del Progetto Policoro siano una ripartenza: vi incoraggio a «sognare insieme» per il bene della Chiesa che è in Italia.
Complimenti al nostro Artigiano Materano Uccio Santochirico.
Pasquale Fontana