Tribunale di Melfi, intervento in Consiglio regionale di Polese (Italia Viva). Di seguito il testo integrale.
A 20 giorni di distanza ci ritroviamo di nuovo in questa aula per una riunione straordinaria del Consiglio in merito a un tema che attiene all’organizzazione territoriale della Giustizia e di nuovo su iniziativa dei consiglieri del Movimento 5 stelle.
La scorsa volta era sulla richiesta di istituire un presidio della Direzione Investigativa antimafia a seguito della richiesta avanzata pubblicamente dal Procuratore Capo di Potenza Francesco.
Oggi, invece, all’Ordine del giorno c’è il tema del Tribunale di Melfi che fu soppresso nel 2012 e sul quale si sono aperte delle prospettive di riapertura. Non c’è dubbio che su questo tema, come su quello del 18 giugno scorso, siamo tutti d’accordo e usciremo alla fine con un documento unitario del Consiglio regionale.
Ci mancherebbe. In pratica è come chiedere alla ‘mamma’ se vuol bene al proprio figlio. E’ naturale che in Basilicata, e in particolare nella massima assemblea legislativa regionale, tutti spingano per la difesa degli interessi del nostro territorio al netto delle sigle partitiche e delle proprio sensibilità politiche. Si tratti del tribunale, degli ospedali e della Sanità, di strade o di energia. Soprattutto, e lo dico senza voler alzare polemiche inutili, se poi in quel territorio specifico si vota a breve.
Lo dico senza mezzi termini e con estrema nettezza: io sono ultra favorevole a mettere in campo tutti gli sforzi possibili qui, e a Roma grazie ai riferimenti nazionali del mio partito, per tentare di restituire alla Basilicata il presidio del tribunale di Melfi. Ma come nella vicenda della Dia quello che va scongiurata è la sensazione che dietro un obiettivo ‘nobile’ ci possa essere la debolezza di voler strumentalizzare la vicenda in termini politici o peggio elettorali. Perché, e lo dico da avvocato oltre che da consigliere regionale: tutto ciò che attiene al tema della Giustizia non deve mai, e ribadisco mai, essere strattonato da pulsioni che non stiano al profondo rispetto che si deve a uno dei pilastri della democrazia e della civiltà di un popolo.
Quindi bene questa discussione e bene un documento unitario così come è importante l’azione anticipata sabato scorso dal Sottosegretario all’editoria, il potentino Giuseppe Moles di Forza Italia che si è impegnato in questi giorni a incontrare il ministro per il Sud, Mara Carfagna, “affinché il problema del Tribunale di Melfi sia tenuto nella considerazione che merita, favorendo anche l’audizione di esponenti del Foro di Melfi, alla luce della costituzione della Commissione interministeriale per la Giustizia nel Mezzogiorno”.
Insomma, tutto quello che si può fare va fatto e ben vengano tutti gli sforzi. A partire dalla Regione Basilicata come istituzione. Abbiamo il dovere però, di inserire la vicenda all’interno di un quadro storico e cronologico per evitare di creare falsi miti. Sia in quest’aula che soprattutto tra l’opinione pubblica.
La soppressione del Tribunale di Melfi avvenne con i decreti legislativi del 2011 e del 2012 con i Governi Berlusconi e poi Monti che stabilirono la soppressione di 31 sedi di tribunale e delle relative procure della Repubblica che divenne operativa il 13 settembre 2013 con in carica l’allora Governo Letta. I ministri interessati furono Paola Severino Angelino Alfano e Annamaria Cancellieri.
E ancora per restare alla cronaca: nel Sud d’Italia in particolare, oltre a Melfi, furono soppressi i tribunali di Ariano Irpino, Lucera, Mistretta, Modica, Nicosia, Rossano Calabro, Sala Consilina e Sant’Angelo dei Lombardi. Non sfugge a nessuno che in ciascuna regione dove insistevano quei 31 tribunali, dal Piemonte alla vicina Campania fino in Calabria e Sicilia, saranno messe in campo delle azioni politiche territoriali per riaprire la sede del tribunale che più interessa.
Ben vengano quindi i nostri sforzi ma va anche fatta opera di verità dicendo che tutti proveranno a fare lo stesso. E io non so (e non credo che lo sappia nessuno in questa sede) se esiste realmente la possibilità che il Governo nazionale faccia opera di marcia indietro 9 anni dopo riaprendo tutti quei tribunali o nessuno o solo alcuni. Immagino che verranno esaminati dati, tenuto conto delle popolazioni. Da parte nostra abbiamo sicuramente il tema di un territorio di cerniera, quello del Vulture Melfese, sensibile per storia a fenomeni malavitosi limitrofi come la pugliese sacra corona unita o la camorra dell’avellinese. Abbiamo il tema di un territorio su cui insiste il più grande presidio industriale del Mezzogiorno. E c’è anche la presenza nella stessa Melfi di un carcere di massima sicurezza. Tutte questioni sulle quali, evidentemente, vanno preparati dossier. In ogni caso per memoria, la riforma, secondo la maggior parte degli addetti ai lavori, rappresentò un vero e proprio terremoto che modificò le modalità di accesso alla giustizia per i cittadini, oltre che determinare un sovraccarico di affari pendenti in quegli uffici ai quali furono accorpati i tribunali chiusi. Una situazione di disagio mai realmente superata. Come, e lo dico da lucano, fa male passare dietro il Duomo di Melfi e vedere il palazzo di Giustizia ormai sigillato da anni.
Purtroppo siamo al 2021 e solo ora con il Governo Draghi si avvia un reale percorso per una revisione di quelle soppressioni con il decreto interministeriale del 24 maggio 2021 portato avanti dai dicasteri di Giustizia e del Sud che hanno istituito una commissione tecnica di esperti che, in materia di qualità ed efficienza del servizio giustizia proveranno a rivedere la questione.
Ci sono margini di ottimismo nel punto in cui questa Commissione tecnica dovrà favorire, lo dice il testo ufficiale “la centralità dello sviluppo del Mezzogiorno attraverso politiche capaci di attrarre investimenti” e la necessità di favorire “un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite”. Pertanto, si legge nel decreto ultimo, “è decisiva l’analisi dell’organizzazione del settore Giustizia nel Mezzogiorno, per verificare eventuali carenze e promuovere l’efficacia e l’efficienza della risposta giudiziaria sia in sede civile che penale”.
Su queste basi, la nuova commissione deve, tra l’altro, formulare entro il 30 settembre prossimo 2021 proposte finalizzate: a migliorare le condizioni di lavoro degli operatori del settore e a superare carenze relative all’edilizia giudiziaria. Insomma speriamo di poter ottenere il massimo con tutti gli sforzi che saremo in grado di mettere in campo. Tenuto conto che al momento della soppressione il Tribunale di Melfi era il terzo tribunale lucano, con 14 magistrati in organico e parametri di efficienza ed economicità superiori a molti altri che non furono soppressi. Da allora non è stato conseguito alcuno degli obiettivi di efficienza, qualità del servizio e risparmi di spesa che erano gli obiettivi della riforma.
Purtroppo, e lo dico ai colleghi del Movimento 5 stelle e non per fare polemica, le vicende vanno inserite anche nella giusta luce per evitare magari di salire sul carro sbagliato.
I Governi targati M5s degli scorsi anni, e cioè il Conte I e il Conte II con il ministro Bonafede poco hanno fatto per accelerare le istanze di modifica dei decreti di soppressione dei tribunali che pure avanzavano dai territori. Non a caso cito le parole del ministro Bonafede nel corso di un Question time del 31 ottobre 2018 che sul tema della revisione della geografia giudiziaria disse: “La redistribuzione territoriale degli uffici giudiziari non risulta allo Stato avere determinato incrementi dei carichi lavoro, atteso che presso gli uffici giudiziari accorpanti, oltre ad essere confluiti i procedimenti già incardinati presso quelli soppressi, sono altresì transitate le unità di personale, giudiziario ed amministrativo che ivi operavano”. Insomma tutto bene allora per Bonafede. Ma non solo, ricordo a me stesso, che nel gennaio del 2020 sempre il ministro Bonafede su pressioni da parte di vari territori promise di organizzare sopralluoghi per decidere l’eventuale riapertura, ove vi fossero le condizioni, dei tribunali soppressi ma non si avviò mai nulla. E ancora: nel contratto sottoscritto dal Governo Conte I, al punto 12 veniva specificato che “occorre una rivisitazione della geografia giudiziaria, modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni, con l’obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese”. Inutile ricordare che poi si è passato al Conte II senza che nulla sia stato fatto. Senza contare che sempre il ministro Bonafede si oppose anche alla proposta avanzata da più parti di utilizzare le sedi dei tribunali soppressi per alleggerire il carico e favorire il distanziamento e la ripresa delle attività giudiziarie nel periodo della pandemia. Insomma e chiudo: lavoriamo tutti insieme per provare a vincere questa battaglia ma evitiamo di volerci intestare medaglie fittizie.
Dico solo che esiste una opportunità oggi, con il Governo Draghi e i ministri Cartabia e Carfagna che è quella di insistere sui vantaggi in termini di sicurezza del territorio e di efficienza economica che deriverebbero dalla riapertura del tribunale di Melfi. Senza contare che nello specifico l’immobile sede dell’ex tribunale di Melfi è tuttora di proprietà del Comune, in ottime condizioni di funzionalità con l’ente locale che si è dichiarato disponibile a concederlo gratuitamente per il ripristino della originaria funzione. Ricordando a tutti noi che nel 2018, con l’approvazione della legge di stabilità, la Regione Basilicata aveva stanziato in bilancio un contributo per le spese di gestione legate all’eventuale ripristino, sostanzialmente legate a utenze e pulizie, stimate in appena 190.000 euro all’anno. Una iniziativa che andrebbe ripresa e rilanciata perché la riapertura del Tribunale avverrebbe a costo zero, con evidenti ulteriori risparmi derivanti dalla decongestione del Tribunale di Potenza, per tutti i motivi sopra descritti. E sempre per mettere in campo tutte le sinergie possibili, suggerisco alla Giunta di farsi carico di audire formalmente il ‘Comitato per la riapertura del Tribunale di Melfi’ attualmente presieduto dall’avvocato Gerardo Di Ciommo, già ultimo presidente del soppresso Ordine degli Avvocati di Melfi, per acquisire informazioni utili sulle attività da esso intraprese negli ultimi anni.