Istat, in Basilicata crollo delle prestazioni sanitarie, Summa: “Numeri drammatici, la Giunta regionale si faccia parte attiva
di una reale riforma sanitaria”. Di seguito la nota integrale.
“La giunta regionale di Basilicata si faccia parte attiva di una reale riforma sanitaria che affronti i nodi dell’emigrazione sanitaria, delle liste di attesa, della sanità territoriale e domiciliare, dell’innovazione tecnologica, della riqualificazione e del potenziamento del personale, oltre che di una reale politica di contenimento della povertà e di garanzia di accesso ai servizi sanitari essenziali a favore di tutta la popolazione, evitando odiosi fenomeni di diseguaglianza nel diritto alla salute”. Così il segretario generale della Cgil Basilicata, Angelo Summa commenta gli ultimi dati Istat che vede la regione subire un tracollo di oltre il 50% delle prestazioni rispetto al 2019, il valore più pesante fra tutte le regioni italiane. L’attività terapeutica è sprofondata del 75%, visite e riabilitazioni di oltre il 65%.
“Si tratta di numeri catastrofici – aggiunge Summa – che raccontano la realtà di una popolazione praticamente abbandonata a se stessa da parte del sistema sanitario regionale e che avranno, purtroppo, riflessi evidenti anche sulla mortalità. La speranza di vita alla nascita in regione si è già ridotta da 82,5 a 82 anni fra 2019 e 2020”. Un imponente calo dell’offerta di servizi sanitari non certo dovuto a una particolare incidenza del coronavirus: la Basilicata, con circa il 3,3% di popolazione contagiata, a fronte del 7,2% medio nazionale e con un tasso di letalità del 2,2%, a fronte del 3% medio italiano, non è certo fra le regioni più colpite dall’infezione.
“Purtroppo, il crollo del sistema sanitario regionale sotto il peso di una pandemia meno gravemente diffusa rispetto ad altre zone del Paese dipende da carenze strutturali pregresse – prosegue il leader sindacale – come segnala l’indice di performance dei sistemi sanitari regionali di Crea Salute, nel suo ultimo rapporto aggiornato al 2020, la Basilicata figura al quintultimo posto in Italia, con un valore di performance inferiore al 50% del massimo punteggio ottenibile, sulla scorta di un indice sintetico che prende in considerazione aspetti sociali, economico-finanziari di quantità e qualità della spesa, di livelli di offerta sanitaria ospedaliera e territoriale, di grado di innovazione e di capacità manageriale.
A un assetto piuttosto critico del sistema sanitario regionale si assomma poi una gestione della pandemia non ottimale – sottolinea Summa – che non è stata adeguatamente rapida nel mettere in sicurezza il maggior numero possibile di persone nei tempi più brevi possibili, al fine di alleggerire rapidamente il sistema sanitario ordinario, rimettendolo al servizio delle attività non-Covid.Un solo dato a puro titolo di illustrazione: ad oggi solo l’87,4% della popolazione regionale ha usufruito di almeno una dose di vaccino e appena il 31,1% è coperto da entrambe le dosi, a fronte di valori nazionali pari, rispettivamente, all’88,9% ed al 36,1%.
Ad aggravare la situazione vi è poi l’impoverimento particolarmente drammatico della popolazione, come segnalato di recente dall’Istat, con tassi di povertà che schizzano verso l’alto a ritmi molto più alti persino delle altre regioni meridionali, collocando la Basilicata all’ultimo posto per povertà relativa. Ciò ha un effetto nefasto sulle prestazioni sanitarie: cresce la quota di popolazione che per motivi economici rinuncia alle cure sanitarie, alle visite specialistiche, agli esami strumentali e diagnostici, alle terapie riabilitative. Anche perché l’elevata migrazione sanitaria, frutto di decenni di mancate scelte, aggrava il peso economico delle cure nel budget di molte famiglie lucane con malati a carico.
Un assetto strutturale del sistema sanitario lucano inadeguato e una gestione della pandemia non ottimale – conclude Summa – producono un elevato assorbimento di risorse sanitarie per fare fronte alla pandemia, a danno dei cittadini. Decenni di false riforme sanitarie, fatte per lo più per fare cassa, l’incapacità cronica di costruire un rapporto fra cure e territorio, la crescente povertà – anche sanitaria, che riduce la domanda di cure necessarie – sono alla base di questa situazione drammatica”.