Michele Petraroia dell’Anpi Basilicata in una nota sollecita un intervento del Governo nazionale che possa fornire risposte rispetto alla delibera della Regione Basilicata e del Comune di Melfi sul futuro dell’area industriale di Melfi, considerata quella più importante del Sud Italia. Di seguito la nota integrale.
In un estate torrida dominata da piromani che mandano in fumo straordinari tratti paesaggistici da Catania a Pescara, chiude in un silenzio spettrale La Gazzetta del Mezzogiorno, riprendono i contagi e si estinguono “ipso facto” migliaia di reati con una riforma che suscita perplessità e sconcerto. La campagna vaccinale procede a rilento nel mentre in Parlamento accelera l’iter per l’autonomia differenziata. Sbloccati i licenziamenti, alle multinazionali è bastata una mail per mettere alle porte centinaia di lavoratori da Napoli a Firenze con una sgradevole disinvoltura. Il Sud non riesce a Progettare una Ripartenza Macro-Regionale con un confronto limpido su cui coinvolgere Parlamento, Governo e Parti Sociali. Ciascun territorio si chiude a riccio illudendosi di salvarsi da solo sommando i fondi del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, coi nuovi Fondi Strutturali Europei 2021-2027 e le quote spettanti del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027. Difficile rintracciare una discussione generale sulla macro-logistica, porti, aeroporti, zone economiche speciali, interporti, ferrovie, autostrade, connessione veloce, trasporti, ricerca avanzata, sinergie tra Università e centri di alta formazione, reti digitali, modernizzazione della pubblica amministrazione e innovazione tecnologica. I centri di spesa e le stazioni appaltanti delle Regioni costruiscono adesioni per cerchi concentrici ma il Ministero per la Coesione ed il Sud non riesce a inquadrare gli interventi locali in un progetto di macro-area per il semplice fatto che non si dà più peso ad un Progetto capace di tenere insieme, promuovere e valorizzare il Mezzogiorno nella sua interezza. Eppure basta scorrere i dati dell’ISTAT, dello SVIMEZ o di qualsiasi centro studi per giungere alla conclusione che nessuna regione meridionale ha la forza per salvarsi da sé.. La sola ripresa del confronto sull’autonomia differenziata meriterebbe una condanna unanime così come servirebbe chiedere di rivedere i criteri di riparto sul federalismo fiscale attuativi di una legge del 2009 che sancisce un’odiosa sperequazione nella spesa sociale tra Nord e Sud. Il tema della legalità non può essere eluso con blocchi degli organici delle Forze di Polizia dove l’età media si avvicina ai 50 anni, ma è tutta la Pubblica Amministrazione che ha bisogno di nuove energie e competenze da assumere a tempo indeterminato a partire da sanità, protezione civile, vigili del fuoco, enti locali, stato e parastato. La competitività di un territorio somma efficienza della logistica, digitale, innovazione, scuola, ricerca, credito, infrastrutture, fisco, connessione telematica e qualità dei servizi pubblici. Per queste ragioni il Sud ha il dovere di far riferimento alla Costituzione e ai suoi principi di uguaglianza e libertà dal bisogno. E’ il diritto al lavoro che potrà invertire il trend del calo demografico e del flusso migratorio che ha visto andar via due milioni di meridionali negli ultimi quindici anni. Non è chiaro però come si intende progettare la ripartenza del Mezzogiorno se nemmeno su un’area industriale con 14 mila addetti come quella di Melfi sia pervenuto un riscontro da Roma alle Delibere del Comune e della Regione Basilicata adottate il 13 e 21 aprile scorso?