Cinzia Marroccoli, Presidente Associazione Telefono Donna in una lettera aperta inviata all’assessore regionale Rocco Leone contesta le scelte attuate dal governo regionale per il contrasto alla violenza di genere, in particolare le due delibere di giunta regionale che escludono il mondo del volontariato dalla possibilità di stipulare convenzioni con i Comuni per attuare sportelli di ascolto dedicati alle donne in situazione di violenza nei vari ambiti territoriali e sia dall’affidamento tramite manifestazione di interesse di attività di progettazione, formazione e comunicazione sul tema del contrasto alla violenza sulle donne.
Di seguito la nota integrale.
Egregio Assessore Leone,
Come ben sappiamo negli ultimi giorni c’è stata un’escalation della violenza degli uomini contro le donne, culminata in 7 femminicidi in 7 giorni, che ha portato il numero delle donne uccise per mano di uomini, nell’ambito di una relazione affettiva, a 83 dall’inizio del 2021. Una vera strage verso la quale, noi attiviste e volontarie dei centri antiviolenza, che da anni sosteniamo donne e ragazze nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, proviamo una profonda indignazione dal momento che il numero delle donne uccise non accenna a diminuire, mentre invece diminuisce costantemente quello degli omicidi.
Non è impossibile fermare questa strage, basterebbe applicare tutti i principi e le misure, sulle quali si basa la Convenzione di Istanbul, che quest’anno ha compiuto 10 anni. Basterebbe che il nostro governo nazionale, sulla base di queste misure e delle proposte da sempre avanzate da noi centri della rete D.i.Re, vari il nuovo Piano Nazionale Antiviolenza, fermo al 2020, così che le nostre Regioni possano a loro volta legiferare senza improvvisazioni. Il presupposto è che il contrasto alla violenza di genere è un tema delicato, vitale, che va affrontato in maniera sistemica, incrociando e mettendo in rete le competenze dei diversi attori che da anni lavorano sul campo, che rappresenta la pratica, mai come in questo caso, strettamente collegata alla teoria.
La Regione Basilicata, invece, attraverso il Dipartimento Politiche della Persona, ha deciso di andare avanti per conto suo, escludendo, a favore di associazioni di promozione sociale e cooperative sociali, attraverso due DGR, la n. 243/21 e la n.335/21, le organizzazioni di volontariato, di cui il Telefono Donna ha sempre fatto parte, sia dalla possibilità di stipulare convenzioni per sportelli d’ascolto dedicati a donne in situazione di violenza nei vari ambiti territoriali, sia dall’affidamento, tramite manifestazione d’interesse, di attività di progettazione, formazione e comunicazione, sempre sul tema del contrasto alla violenza.
Una discriminazione, questa, priva di un qualsiasi fondamento logico, posta in atto nei confronti dell’intero mondo del volontariato, che rappresenta in Basilicata la platea più numerosa degli enti del terzo settore, che impedisce di dare voce a soggetti che per loro natura e definizione, agiscono secondo una cultura solidale, non già a favore dei propri associati (come nel caso delle APS). Una discriminazione che impedisce a chi, come noi, in 32 anni, come centro antiviolenza e casa rifugio, ha sviluppato competenze e professionalità, proprio quelle competenze che sono ampiamente riconosciute dalla Convenzione di Instanbul già dal suo Preambolo. Ma nelle due su citate DGR le competenze, così come la mission e le finaltà dello Statuto, non rientrano tra i requisiti richiesti alle APS e alle cooperative sociali, sia per aprire sportelli di ascolto che per fare formazione/sensibilizzazione/comunicazione, attività queste che costituiscono nodi più che nevralgici nella lotta al contrasto della violenza degli uomini contro le donne.
A questo punto ci chiediamo se alla Regione Basilicata sta a cuore, nei fatti, cercare di eliminare la violenza, o se invece, si tratta solo di elargire fondi a prescindere dal risultato.
A proposito, ma l’Osservatoro Regionale contro la violenza di genere non ha tra i suoi compiti anche quello della formazione?