Flavio Palumbo, candidato consigliere al Municipio 8 di Milano per Fratelli d’Italia, ha inviato una nota sulle problematiche che riguardano via Paolo Sarpi, nota strada in cui sono insediati numerose attività commerciali cinesi. Di seguito la nota integrale.
Dopo un po’ di indecisione decido di dedicare una soleggiata domenica pomeriggio alla visita di questo quartiere particolare di Milano sempre rimandata e nonostante lo conoscessi già molto bene.
Sicuramente la posizione topografica dell’intera via che di snoda tra Corso Sempione e Porta Volta è strategica e consente di perlustrare le stradine storiche e più nascoste, i negozi ed i locali modaioli di Corso Garibaldi e del nuovo CityLife sicuramente degni di nota, ma non colpisce per tradizione e cultura cinese che immaginavamo come invece i quartieri China Town di città straniera più famosi. Nessuno stile architettonico che richiama i fasti del Sol Levante se non in qualche fregio di moderna e scarsa riproduzione. I negozi molto molto piccoli ed angusti, anche maleodoranti in alcuni casi, spesso dedicati solo ai grossisti, merce davvero scadente al di sotto degli standard di negozi di Milano ed anche di ristoranti gestiti da persone cinesi e che quindi non invogliano ad entrare. Un paio di negozi di alimentari inaccessibili e confusionari al massimo, nessuna scritta in italiano (solo alcune in inglese)pertanto non è facile decifrare il contenuto degli alimenti se non dalle immagini per eventuali acquisti. In tutti i negozi visitati c’era solo personale frenetico che correva e trasportava merce e noncurante della clientela spesso “maleducato” perché non salutano mai e al limite del fastidio della presenza dei clienti in genere. Ma in tutto ciò resta incastonata un perla che si chiama Pizzeria da Giuliano, tale luogo è magico in quanto innumerevoli pizzate di studenti e colleghi della vecchia milano si sono susseguite a cavallo dei due millenni . Fin dai lontani anni 70 laddove i giovani erano pervasi dalla politica militante Giuliano con il suo incedere lento ha aggregato una moltitudine di pensieri forti che sui tavoli di legno lasciavano incise le proprie convinzioni e i propri amori ma soprattutto le classi scolastiche di appartenenza. Ora no ci sono più quei banconi ma si respira lo stesso profumo di quella pizza paradisiaca che tuttora resiste alla globalizzazione ed al mercato così come eccellenza meneghina come quella Milano che la sinistra non ha mai amato e mai lo farà perché è l’ultimo baluardo in via Paolo Sarpi di una memoria che loro vogliono cancellare sull’altare del business. Le motivazioni alla base della scomparsa delle realtà commerciali autoctone sono da ricercarsi anche in stratagemmi o accorgimenti fiscali peraltro già denunciati da Giorgia Meloni nel 2019 sulle aperture e chiusure nell’iniziale periodo fiscale bianco laddove vari negozi riaprono sotto altro nome o meglio dire prestanome eludendo il fisco. Una politica seria dovrebbe partire dal concetto di armi pari in modo che la concorrenza sia leali e che l’onestà trionfi accompagnata dall’eccellenza laddove noi italiani non siamo secondi a nessuno ed allora vedremo risorgere la nostra Milano di allora benemerita alla quale io mi ispiro e per la quale non lesinerò mai il mio impegno di cittadino ancor prima che sindacalista e politico.