La puntata di Presa Diretta, noto programma di giornalismo d’inchiesta, trasmessa in prima serata lunedì 27 settembre dal titolo “Petrolio il tempo perduto”, oltre a mettere in evidenza le gravi conseguenze per la salute e per l’ambiente legate alle estrazioni petrolifere, ha acceso i riflettori su un fenomeno purtroppo ancora molto sottovalutato ma che, in realtà, è tra i principali responsabili dell’aumento della temperatura terrestre e dei cambiamenti climatici riscontrati negli ultimi anni: le perdite di gas metano da impianti di distribuzione e stoccaggio, molto spesso malfunzionanti oppure obsoleti, sparsi nel mondo.
Il gas metano secondo recenti studi ha un effetto sul clima 80 volte più potente dell’anidride carbonica e, considerato che le emissioni non controllate di metano si registrano in maniera diffusa e costante lungo tutta la catena di trasporto e distribuzione (pozzi, serbatoi, stazioni di compressione, tubazioni, valvole, reti cittadine), risulta facile immaginare l’enorme e preoccupante effetto impattante che tale fenomeno ha sul nostro pianeta.
Un fenomeno, quello delle perdite di metano, già ampiamente denunciato e documentato dall’associazione non governativa CATF (Clean Air Task Force) nell’ambito del progetto “Cut methane Eu”, pubblicato sul sito https://cutmethane.eu/, e richiamato circa un mese fa anche in un articolo dell’ Ansa.
Studi e analisi hanno inoltre evidenziato che venticinque impianti di stoccaggio e distribuzione presenti sul territorio italiano presentano grosse perdite di metano. Tra questi vi sono anche gli impianti lucani Edison di Garaguso e Snam di Moliterno.
Affrontare seriamente il problema diventa una priorità a cui non si può rimanere indifferenti anche perché, secondo il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), ridurre le sole perdite di metano in tutto il mondo eviterebbe l’incremento di quasi 0,3 °C di riscaldamento entro il 2040.
Tra l’altro, le tecnologie per ridurre le emissioni di metano nel settore del petrolio e del gas esistono e possono essere implementate a costi da negativi a marginali per le aziende.
Per questi motivi, attraverso un’ interrogazione, si è ritenuto opportuno allertare il Consiglio Regionale ed il Dipartimento Ambiente ed Energia sul preoccupante fenomeno riscontrato anche negli impianti che insistono nel territorio lucano. Si rende quanto mai necessario intraprendere le opportune azioni a salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini in una prospettiva di politica di transizione che, nella nostra martoriata regione, deve passare dalle parole ai fatti.