Il presidente nazionale del SIULM, Salvatore Rullo in una nota commenta l’esito della sentenza del tribunale di Potenza sul ricorso presentato da SIULM (Sindacato Unitario Lavoratori Militari) per opporsi al decreto dell’Amministrazione Militare del 5 giugno scorso in merito alla condotta antisindacale e persecutoria.
“La rivendicazione dei diritti sindacali militari – dichiara Rullo – continua ad essere osteggiata dal Ministero della Difesa e dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Noi continueremo la nostra battaglia in tutte le sedi consentiteci e non ci fermeremo finchè non vengano riconosciuti, anche ai lavoratori con le stellette, tutte le tutele previste dalla nostra Costituzione”.
Di seguito la nota integrale.
Il Giudice del Tribunale di Potenza, smentendo il precedente pronunciamento sempre del medesimo Tribunale, individua la giurisdizione a decidere sulle controversie riguardanti i comportamenti antisindacali compiuti all’interno dell’ordinamento militare in quella del Giudice amministrativo. Al riguardo tuttavia, diversamente che dalla precedente pronuncia del Tribunale di Potenza, complessivamente ben argomentata e motivata, quella odierna offre una motivazione tautologica, nella quale cioè si propone una enunciazione senza offrirne spiegazione. Il Giudice infatti dapprima ricorda “il consolidato e condivisibile orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione” secondo il quale “sono assoggettate alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie promosse dalle associazioni sindacali ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, anche quando la condotta antisindacale afferisca ad un rapporto di pubblico impiego non contrattualizzato”, per poi discostarsi dalla regola così chiaramente enunciata dal Giudice della nomofilachia, in quanto, a suo dire, essa non può essere estesa al personale delle forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza), attesa l’assoluta specificità dello stesso. La sentenza si conclude così, omettendosi in tal modo di spiegare quali siano le differenze (in linea generale a tutti note) che tuttavia giustifichino però un differente trattamento dal punto di vista della competenza giurisdizionale. Il Tribunale, invero, non si confronta con il dato, obiettivo ed ineliminabile, che, quando l’ordinamento ha inteso trasferire la competenza sulle cause aventi ad oggetto il comportamento antisindacale del datore di lavoro nel comparto pubblico non privatizzato, modificando il d.lgs. n. 165/2001, lo ha fatto con riferimento all’intero comparto senza distinguere le amministrazioni ad ordinamento civile da quelle ad ordinamento militare. Se non l’ha operata il Legislatore tale distinzione dunque, mal si comprende perché debba arrogarsi tale potere il Giudice. Né una recondita motivazione (recondita giacché sostanzialmente non espressa dal Magistrato), può essere individuata nel fatto che il Giudice competente a decidere delle controversie di lavoro nell’ordinamento militare sia il Giudice Amministrativo, giacché tale considerazione è equivalente per le polizie civili per le quali, sebbene per le controversie di lavoro il Legislatore ha inteso individuare la competenza del Giudice Amministrativo, cionondimeno, ha deciso di individuare nel Giudice Ordinario, anche per loro, la competenza inderogabile per dirimere le controversie afferenti i comportamenti antisindacali. Le ragioni sono plurime, la prima delle quali è che in tali tipi di controversie si discute di diritti soggettivi e libertà fondamentali afferenti alla compagine associativa sindacale (e non dunque al singolo lavoratore), che, per la loro peculiare importanza e delicatezza, è indispensabile ne sia imposta la cognizione all’interno di un’unica giurisdizione. Tale giurisdizione è stabilito sia quella civile anche perché, indubitabilmente, costituita da magistrati con formazione culturale e sensibilità senz’altro differenti da quelle proprie, non da meno ma sicuramente diverse, dei magistrati amministrativi.