Mercoledì 13 ottobre 2021 alle ore 18 nella sala Levi di Palazzo Lanfranchi a Matera sarà presentato il libro “Giustino Fortunato e le due Italie” di Gerardo Corrado, Villani Editore.
Di seguito la prefazione di Giovanni Russo, scrittore e giornalista
Uno sguardo dal passato sul presente
Giustino Fortunato e le due Italie, è il titolo di un ritratto di Giustino Fortunato. E usiamo la parola “ritratto” a buon motivo: l’autore Gerardo Corrado è un pittore, oltre ad essere uno studioso della storia lucana, e uno scrittore. Su Carlo Levi, l’autore di Cristo si è fermato ad Eboli, e sul poeta suo conterraneo Michele Parrella, ha scritto due saggi che contengono illuminanti riflessioni e rovesciano molti luoghi comuni.
Il titolo sintetizza non solo il percorso che Corrado compie attraverso la vita e le opere di Giustino Fortunato, ma contiene “in nuce” l’obiettivo del libro: indicare come lo sguardo di Fortunato sul Mezzogiorno illumini i problemi e le situazioni del presente.
Se non si colloca Fortunato nella storia di Rionero in Vùlture, il paese della Basilicata, dove la sua famiglia di grandi proprietari e agricoltori, originariamente affittuari del Tavoliere, si era trapiantata dal ‘700 e dove nacque anche uno dei più celebri protagonisti del brigantaggio post-unitario, Carmine Crocco, molti aspetti della sua personalità e della sua opera non sarebbero comprensibili. Non si capirebbe perché, come ha scritto Croce, cui fu legato da stima profonda e tenera amicizia, egli “quasi ha impersonato in sé il problema del Mezzogiorno e gli ha consacrato intera la sua vita”.
Non credo che Giustino Fortunato gradirebbe oggi essere definito “meridionalista”, una parola che pure ha significato tanto nella storia del nostro Paese agli inizi del secolo scorso fino ai primi anni ferventi della democrazia alla caduta del fascismo. Il grande pensatore e uomo politico lucano, nella premessa alla raccolta dei suoi Discorsi parlamentari pubblicati, a sue spese, da Latenza nel marzo del 1911 col titolo Il Mezzogiorno nello Stato Italiano, opera fondamentale per capire i problemi del Sud, scrive che “fortunatamente non è più chi derida i non molti che primi vollero, fu detto, regalare allo Stato italiano una questione meridionale”.
Purtroppo non è più cosi. Oggi “questione meridionale” è un termine che suscita talvolta uggia e che è stato quasi rimosso se non sommerso dalla questione cosiddetta settentrionale, dal leghismo di Bossi e dal modo superficiale con cui viene affrontato il rapporto tra le due Italie, tra Nord e Sud. Ho l’impressione che Giustino Fortunato sarebbe infastidito dai dibattiti, dalle tavole rotonde, soprattutto dalla retorica che circonda il tema della questione meridionale; certamente sarebbe sdegnato dal fatto che si proclamino meridionalisti tanti politicanti analoghi a quelli che egli e Salvemini avevano in disprezzo e che hanno contribuito con il clientelismo, l’assistenzialismo e l’industrializzazione senza sviluppo a lasciare intatto il divario tra Nord e Sud.
Corrado fa una rigorosa ricostruzione del pensiero di Fortunato che sottoponeva a durissime critiche sia il sistema tributario italiano, che faceva pesare le imposte indirette sul Mezzogiorno, sia le cause della scarsa circolazione del capitale, soprattutto privato, che veniva assorbito dai prestiti pubblici che andavano a finanziare in massima parte imprese del Nord. Le analisi di Fortunato erano impopolari perché mettevano in luce le contraddizioni degli interventi governativi che erano basati sul pregiudizio secondo il quale il Sud era più opulento del Nord per il bel clima, mentre era vero il contrario, come Fortunato non si stancava di ripetere, auspicando il ritorno a un tipo di agricoltura e di zootecnia alla quale era stato sostituita una cerealicoltura di “rapina”.
Fortunato sfatò il mito del Sud “giardino d’Europa” dimostrando come il Mezzogiorno fosse una terra che, per millenni, ha subito condizioni sfavorevoli di clima, di suolo, di strutture e posizione topografica. Sicché si ebbe accuse di “denigratore del Mezzogiorno” dalla borghesia del Sud avida e parassitaria. Da queste idee discendono le sue battaglie parlamentari perché lo Stato unitario affrontasse, nel Mezzogiorno, coraggiose riforme, modificasse un sistema tributario ingiusto (tema di un suo scritto famoso), non sacrificasse gli interessi dei contadini a quelli dei “galantuomini”.
La sensibilità di Corrado e la sua affinità nel modo di sentire e vedere i problemi del Mezzogiorno con Giustino Fortunato si riflettono in queste pagine. La sua prosa in certi punti rivaleggia con quella del grande meridionalista, per esempio nella descrizione degli Appennini lucani e della terra franosa.