Garante infanzia e adolescenza di Basilicata: “Misure insufficienti per contenere il disagio familiare quando in famiglia arriva un bambino diversamente abile”. Di seguito la nota integrale.
Una diagnosi non dev’essere una sentenza!
Sono sempre molte le missive spedite da famiglie con figli disabili al Garante per l’infanzia e l’adolescenza di Basilicata. Molte raccontano delle insufficienti misure per contenere il disagio familiare che spesso (o quasi sempre) si crea quando in una famiglia arriva un bambino con una disabilità.
La maggior parte delle richieste riguardano la scuola (problemi con l’insegnante di sostegno, con la mancanza dell‘assistenza specialistica, con le difficoltà nei trasporti, con la difficoltà di dare medicine a scuola) e i Comuni (taglio delle ore richieste per gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione e dell’assistenza domiciliare) . Altre riguardano le difficoltà economiche delle famiglie, che si trovano troppo spesso in situazioni di vera e propria indigenza. Il disagio di queste famiglie è enorme. Stigmatizzate, stressate dai vari problemi, non adeguatamente supportate, spesso finiscono per implodere. Abbiamo il dovere di prevenire tutto ciò.
È sempre più necessaria la presenza di un’anagrafe della disabilità, che monitori i numeri delle persone disabili presenti nella regione e che dia anche una precisa stima della loro situazione economica. La maggior parte delle persone finora entrate in relazione con l’autorità Garante per richieste ed interventi versava in condizioni economiche disastrose. Bisogna allocare assolutamente le risorse per sollevare queste famiglie dall’indigenza. Per questo motivo è necessaria l’anagrafe della disabilità: per allocare in modo oculato e non più dispersivo ed insufficiente le risorse. Inoltre si chiedono maggiori risorse atte proprio a sostenere da un punto di vista economico ma anche psicoeducativo queste famiglie, che rischiano davvero di soccombere sotto il peso della loro quotidianità.
È stata segnalata l’incostanza dell’erogazione degli assegni di cura, e i ritardi nell’erogazione dell’assegno di gravità: due misure che permettevano un minimo di compenso ai familiari che devono occuparsi a tempo pieno del proprio caro con disabilità, e che, per farlo, spesso non possono lavorare, o lavorano poche ore, insufficienti a portare a casa un’entrata accettabile. Bisogna assolutamente intervenire su questi ritardi. Le famiglie hanno necessità di sostegni economici concreti, sicuri, stabili e regolari.
È stato segnalato che il Tribunale di Lagonegro ha emesso due sentenze contro l’ASL per l’erogazione diretta delle terapie ABA per due ragazzini autistici, e che ancora l’ASL non si è attivata per l’erogazione delle fatture di queste terapie. Le famiglie, anche loro con scarse risorse economiche, sono in estrema difficoltà: si ritrovano a dover scegliere se sopravvivere alle spese quotidiane o far fare terapia ai propri figli. Si chiede revisione di questa incresciosa situazione.
Bisogna inoltre rivedere le misure di rimborso della legge regionale 33/2008, che permette il rimborso per alcune terapie specifiche, tra cui l’ABA, terapia maggiormente raccomandata dall’ISS nelle Linee Guida 21 per l’autismo. Purtroppo l’erogazione di questi rimborsi avviene dopo un anno dalla presentazione delle fatture, ma effettivamente dopo due anni dall’inizio della terapia, ben conosciuta come molto efficace, ma anche molto onerosa. Molte famiglie non possono assolutamente permettersi di iniziarla, perché comunque non possono anticipare una somma così importante, e questa è una grave violazione dei diritti di quel bambino, che ha diritto a cure specifiche ed efficaci. Se possibile, si chiede di rivedere questi tempi molto lunghi per i rimborsi, e comunque di lavorare attivamente per assicurare a tutti i bambini autistici lo stesso (migliore) trattamento di abilitazione, e di prevedere che esso si possa svolgere in tutti gli ambienti di vita del bambino stesso (casa, scuola, attività extra-scolastiche).
Come più volte sottolineato, le terapie erogate direttamente ed attualmente dall’ASL non sono sempre sufficienti (in alcune situazioni un’ora al giorno di terapia è poca rispetto alla gravità del caso) o non sono specifiche (ad esempio per l’autismo non servono logopedia e psicomotricità, ma serve ABA). È dunque il caso, soprattutto oggi, che in Regione è stata finalmente approvata la legge regionale per l’autismo 74/2020, di attivarsi per impiegare le risorse disponibili, seppur poche, per erogare almeno alle famiglie più in difficoltà i trattamenti maggiormente raccomandati. La regione deve inoltre attrezzarsi di centri specifici per il trattamento dell’autismo. Finora molto è stato fatto per rendere la nostra Regione un polo diagnostico importante; bisogna proseguire a migliorare la regione con i trattamenti, che devono essere non soltanto i migliori, ma anche erogati finalmente in modo gratuito per queste famiglie.
Si ricorda vivamente, che la scelta di una terapia specifica non è un capriccio del genitore, o una moda temporanea. Essa è una scelta ben ponderata, fatta sulla base delle evidenze scientifiche più recenti, che ci dicono che quella terapia è maggiormente raccomandata. Un buon intervento specifico, portato avanti con personale serio e preparato porterà a questi risultati:
Miglioramento delle condizioni di vita del soggetto
Miglioramento delle condizioni di vita della famiglia
Miglioramento della comunicazione
Miglioramento delle relazioni sociali
Miglioramento della buona permanenza negli ambienti sociali, scolastici e lavorativi
Miglioramento dell’aderenza alle regole sociali
Miglioramento delle autonomie
Incremento delle abilità
Riduzione dello stigma sociale
Riduzione dei comportamenti problematici
Alla luce di tutto questo, è lecito e doveroso lavorare affinchè il trattamento di un bambino avvenga il più precocemente possibile e venga attivato nella miglior forma possibile. Una diagnosi non dev’essere una sentenza, ma bisogna partire da essa per dare una speranza di una vita comunque autonoma, indipendente e di qualità alla persona disabile ed alla sua famiglia. Non è lecito invece pensare che quella persona sia nata così e che quindi la sua situazione non possa migliorare. Dobbiamo abbattere il muro della rassegnazione, del pietismo, della stigmatizzazione, e impegnare risorse per alzare la qualità di vita di queste persone.
Bisogna implementare politiche di welfare per migliorare le condizioni di vita delle famiglie, ma soprattutto di quelle con figli disabili. La povertà lede la dignità di tutte le persone, ma quando essa colpisce coloro che sono già stati colpiti duramente dalla vita, la situazione diventa intollerabile. È necessario che i servizi sociali si attivino per sostenere queste famiglie, mettendole sempre al corrente di domande, erogazioni, aiuti; le situazioni di emergenza devono essere denunciate e prese in carico senza indugi, per evitare azioni inconsulte da parte delle famiglie stesse. La nostra è una regione che spesso nasconde situazioni di vera e propria arretratezza, disagio, povertà. Bisogna intervenire per contrastare tutto ciò e per farlo serve l’impegno di tutti.