Giornata contro la violenza sulla donna, riflessioni di Margherita Perretti (presidente Commissione regionale pari opportunità).
Quest’anno è particolarmente difficile dire qualcosa sul 25 novembre senza avvertire un senso di impotenza, senza che qualunque frase risuoni come vana retorica. In pochi giorni ben quattro femminicidi, 103 dall’inizio dell’anno secondo l’Osservatorio di analisi criminale della Polizia di Stato, 599 in cinque anni. Cosa è possibile fare, concretamente, per contrastare tanta violenza? Innanzitutto agire sul terreno della cultura e dell’istruzione, essendo le radici del fenomeno da rinvenire nella cultura patriarcale e diffusione di stereotipi sbagliati, occorre partire da azioni di informazione e sensibilizzazione, dalle scuole fini a raggiungere le comunità in cui viviamo. Del resto se fino al 1996, praticamente ieri, lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona, occorre ancora lavorare molto sul concetto di rispetto nelle relazioni tra i generi e di valorizzazione delle differenze. Certamente dal 2013 l’Italia si è dotata di un impianto normativo robusto, dalla legge Antistalking al Codice Rosso, ma non basta. Occorre ancora lavorare molto sulla formazione degli operatori, forze dell’ordine, magistrati e sanitari, non sempre adeguata, così come sul linguaggio dei media, per evitare la vittimizzazione secondaria. Altra criticità le risorse ai centri antiviolenza, che arrivano sempre con due anni di ritardo, anche a causa del doppio passaggio dallo Stato alla Conferenza Stato-Regioni, prima di approdare nelle disponibilità di queste ultime. E poi vogliamo parlare del reddito di libertà, legge finanziata con soli 3 milioni di euro, che coprirà al massimo 625 richieste, mentre le donne presso i centri antiviolenza in tutto il Paese sono circa 50.000. Praticamente una misura abbondantemente sottofinanziata, e quindi inutile. Il piano nazionale antiviolenza 2021/2023 è stato presentato solo oggi dalla Ministra Bonetti, con ben 11 mesi di ritardo, e deve ancora essere approvato in Parlamento. Finché nel nostro Paese le politiche delle pari opportunità non avranno pari dignità di risorse economiche ed umane dedicate, e saranno solo politiche di facciata, difficilmente si arriverà ad una nuova visione delle relazioni tra i generi e all’eliminazione del tragico fenomeno della violenza contro le donne.