Ogni appassionato di ciclismo che si rispetti sa bene quanto sia grande ed appassionante questo sport. Dove è la fatica di ogni singolo atleta che, pedalata dopo pedalata, macina chilometri a bordo della sua due ruote alla ricerca del percorso migliore per superare i propri avversari.
Se degli eventi di portata mondiale come il Tour de France attirano migliaia di appassionati, atleti e curiosi, il nostro Paese non è da meno visto che il Giro d’Italia conta tantissimi partecipanti provenienti dalle nazioni più disparate nel mondo seguendo una tradizione che oramai è diventata storica (clicca qui per scoprire tante altre informazioni sulla storia del ciclismo italiano).
Campioni come Costante Girardengo, diventato famoso anche per il brano “Il bandito e il campione” di Francesco De Gregori, Gino Bartali, Fausto Coppi, Francesco Moser hanno dunque rappresentato al meglio l’Italia in anni di ciclismo, senza dimenticare la grandezza a livello internazionale di Lance Armstrong nonostante le questioni legate al doping, ma non sempre è tutto oro quello che luccica sui telai delle biciclette.
Infatti, oltre al rosa della maglia del Giro, la storia del ciclismo italiano su strada e non ha anche dei lati che si avvicinano più a dei gialli per non dire dei veri e propri noir. Uno di questi, purtroppo, riguarda il “Pirata” Marco Pantani trovato morto nella notte di San Valentino del 2004 a soli 34 anni.
Il luogo era il residence Le Rose di Rimini e la causa del decesso, poi confermata, pare essere stata una overdose di cocaina. Del resto pare che il ciclista stesse affrontando un periodo molto difficile ed anche i suoi famigliari e gli amici avevano notato che si comportava in una maniera piuttosto insolita rispetto all’ordinario. Nessuno si sarebbe aspettato una fine tragica come questa e, infatti, la notizia colpì la famiglia ed in mondo dello sport come un fulmine a ciel sereno.
Ma c’era qualcosa di strano in quella stanza d’albergo, qualcosa che non ha mai convinto del tutto la famiglia tanto che, di recente, sono emersi degli indizi che hanno dimostrato come il ciclista non fosseda solo in quella camera. E poi, come se tutto questo non bastasse, pare anche che il corpo sia statospostato, ma da chi e perché ancora non si sa.
La vicenda portò ad aprire per due volte l’inchiesta, rispettivamente nel 2004 e nel 2014, ma pare che i dubbi della famiglia Pantani siano stati interrotti dalla stessa Corte di Cassazione che, nel 2017, ha dichiarato che il “Pirata” era morto a causa di una “assunzione, certamente volontaria, di dosi massicce di cocaina e farmaci antidepressivi”.
Ora però la famiglia ha consegnato un dossier di 51 pagine al Procuratore Capo di Rimini, Elisabetta Melotti, per aprire di nuovo l’inchiesta (sarebbe la terza volta dunque). Questo soprattutto perché, uno dei vecchi indagati della vicenda, tale Fabio Miradossa, ha dichiarato che “Pantani fu ucciso” e tale dichiarazione ha trovato anche un sinistro riscontro nelle parole di Renato Vallanzasca attualmente ancora in carcere. Che si sia arrivati, finalmente, a fare luce su questo delitto sportivo?