Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, ha presentato in Consiglio regionale il Piano strategico regionale, sottolineando che “Si tratta di un documento di visione decennale, che ha uno sguardo di medio e lungo periodo, volto ad assicurare la strategia per lo sviluppo economico e sociale della nostra comunità, e a tutelare, salvaguardare e valorizzare le ingenti risorse naturali e paesaggistiche, storiche e culturali del territorio”.
In apertura di seduta, la modalità di convocazione del Consiglio odierno (richiesta da sei consiglieri regionali della maggioranza ai sensi dell’articolo 32, comma 1 dello Statuto regionale) è diventata oggetto di discussione che ha visto gli interventi dei consiglieri della minoranza (Cifarelli, Braia e Polese) che hanno contestato la mancata osservazione di quanto deciso durante la conferenza dei capigruppo “organismo previsto dallo Statuto e che ha funzione di decidere i lavori dell’Aula”. “In quella sede, in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica, si era stabilito di anticipare la seduta ordinaria fissata per il 25 gennaio al 18 gennaio, con all’ordine del giorno, tra l’altro, gli atti nel frattempo licenziati dalle Commissioni. La decisione di convocare il Consiglio con data anticipata aveva il preciso intento di garantire la presenza dei tre delegati in Aula per un provvedimento così importante quale il Piano strategico regionale”. “Tra l’altro – è stato sottolineato – paradossale appare il richiamo ai 30 giorni, quando sono trascorsi tre anni per avere il PSR e la convocazione di un Consiglio straordinario solo per l’avvio della discussione dell’atto”.
Disappunto per la modalità di convocazione espressa anche dai banchi della maggioranza. “Siamo qui presenti e compatti con senso di responsabilità per discutere del piano ma non lo voteremo” (Aliandro). A supporto della richiesta di convocazione del Consiglio straordinario, parte della maggioranza (Acito, Coviello e Quarto) che ha parlato di “Strada corretta e chiara, quella intrapresa, che ha visto lavorare le commissioni per più di un mese, ascoltando tutte le forze sociali, politiche e istituzionali. L’azione messa in campo fa parte di un cronoprogramma dove tutti insieme ci siamo dati una tempistica, stabilendo che nei primi giorni di gennaio si sarebbe giunti all’approvazione del piano”. Evidenziato anche l’obbligo statutario che prevede l’approvazione del Psr entro 30 giorni dalla delibera di Giunta avvenuta il 28 dicembre, “Da qui la necessità di anticipare la seduta ad oggi considerato che la data del 28 gennaio vedrà i presidenti Bardi e Cicala e il consigliere Cifarelli impegnati nelle votazioni del nuovo capo dello Stato”. Il consigliere Zullino è intervenuto per spiegare la mancata convocazione della quarta Commissione consiliare da lui presieduta portando motivazioni personali alla base della decisione. Da parte del presidente dell’Assemblea, Carmine Cicala, l’assicurazione di aver convocato il Consiglio straordinario attenendosi scrupolosamente al Regolamento
All’inizio dei lavori i presidenti del Consiglio regionale, Carmine Cicala, e della Giunta regionale Vito Bardi, e i consiglieri Cifarelli, Braia, Polese, Acito e Quarto hanno salutato il consigliere Pittella ritornato in Aula dopo un periodo di assenza, formulando auguri di buona ripresa e sincere felicitazioni per la soluzione dei problemi giudiziari e di salute.
Su richiesta del consigliere Aliandro (Lega) il presidente dell’Assemblea ha aggiornato il lavori a giovedì 20 gennaio.
Piano strategico, la relazione di Bardi in Consiglio regionale
Di seguito la relazione sul Piano strategico regionale svolta ieri sera in Aula dal Presidente della Regione Vito Bardi:
Il Piano strategico regionale, nella versione deliberata dalla Giunta e proposta oggi all’approvazione del Consiglio, è stato redatto alla luce degli orientamenti e delle linee guida, forniti da questa maggioranza politica, ed è il frutto non solo del lavoro preliminare che aveva acquisito tutti gli elementi di analisi e proposte provenienti da centri di ricerca e dagli esperti di cui ci siamo avvalsi, ma di un intenso lavoro di confronto e di dialogo con molteplici stakeholder. Ad esso hanno concorso non solo la Conferenza per la programmazione e il mondo delle autonomie locali, così come previsto dallo Statuto regionale, ma molteplici stakeholder, dei più diversi ambiti della società e dell’economia, sia attraverso un confronto diretto, sia grazie alla trasmissione di contributi in forma scritta. Un dialogo cui hanno persino contribuito singoli cittadini.
Questo Piano strategico regionale fa appello ai soggetti economici e sociali, individuandoli come principale motore del cambiamento e dello sviluppo, e individua puntuali percorsi di riforma e di ristrutturazione della macchina pubblica per creare le condizioni di contesto atte a favorire un reale incremento delle attività produttive, garantire una maggiore equità sociale della nostra comunità regionale e dare nuove opportunità soprattutto alle donne e ai giovani di questa terra, avendo a cuore i soggetti svantaggiati (anziani, disabili e quanti si trovano in condizioni di marginalità).
In concreto ci sollecita ad intraprendere con determinazione un profondo processo di riforma, sottolineo profondo, che coinvolge anche gli enti e le organizzazioni di emanazione regionale, per poter raccogliere le molteplici sfide di innovazione e di trasformazione dell’economia e della società lucana richieste dal tempo presente e sollecitate dall’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dagli obiettivi del nuovo quadro di programmazione comunitaria.
Nella parte di analisi, il Piano ci ha restituito un’analisi cruda ma veritiera sullo stato di fragilità di gran parte della nostra economia e della nostra società, fragilità acuita dalla pandemia. Ha riproposto alla nostra attenzione i tanti fattori di criticità che segnano la nostra condizione a partire dal fenomeno dello spopolamento, chiarendo come queste dinamiche, che segnano non solo la nostra regione, ma Il Mezzogiorno e l’Europa più in generale, da noi costituiscono una vera e propria emergenza in grado di mettere in discussione la stessa tenuta dell’identità istituzionale della Regione, la possibilità di un futuro per molteplici comunità, il rischio di una implosione economica e sociale in diverse aree territoriali.
Più in generale le analisi sul capitale di risorse inutilizzate, sprecate, o sottoutilizzate, che si tratti delle risorse idriche, piuttosto che di quelle forestali, che si tratti del patrimonio pubblico immobiliare o dei terreni demaniali, dello stato delle infrastrutture o della gestione delle aree industriali, e l’elenco potrebbe proseguire…… in molteplici ambiti e settori occorre riconoscere che l’eredità ricevuta è davvero pesante. Di più potremmo dire che tutti i nodi sono venuti al pettine.
E’ un punto sul quale non possiamo sorvolare, è una questione di cui la comunità regionale deve prendere atto. Se prima qualcuno ha ritenuto che su alcune di queste questioni ce se ne poteva occupare dopo, che le decisioni si potevano rinviare, che era più importante dedicarsi al sostegno dei redditi e dei consumi senza considerare le pesanti conseguenze di queste scelte nel medio periodo, oggi la scelta che abbiamo dinanzi è di intraprendere percorsi faticosi ma obbligati, quello di avviare profondi processi di riforma. E in quanto legislatori spetta a noi il compito di tradurre il Piano in atti e leggi conseguenti. Ed è quello che faremo: dal Piano sanitario a quello per l’occupazione, dalla strategia digitale al Piano per la cultura, dal Piano paesistico alla riforma di enti e fondazioni.
Io vorrei che questa aula cogliesse l’urgenza del momento, come pure in altri miei interventi ho cercato di sottolineare, che si smettesse di pensare, qualora si fosse tentati di farlo, che viviamo tempi ordinari, che “mondo è stato e mondo sarà”, trascurando che il mondo che sarà è conseguenza di quelle che faremo o non faremo, della capacità o non capacità di intervenire per risanare e riformare quanto necessario.
La condizione attuale della realtà lucana che abbiamo sotto i nostri occhi è, in buona parte, la risultante di 30 anni senza alternanza politica, senza quegli scossoni benefici di un modello competitivo politico e progettuale in grado quantomeno di attenuare processi regressivi o lo stratificarsi di una società bloccata, con scarsa mobilità sociale, tutta protesa a tutelare i già tutelati, finendo con l’impedire nei fatti alle nuove generazioni di considerare la Basilicata come terra di opportunità.
Certo occorre che anche tra le fila della maggioranza cresca la consapevolezza della sfida che abbiamo di fronte, la fiducia per questo paziente lavoro che abbiamo posto in essere a partire dal Piano strategico, dopo più di un anno di “congelamento” di iniziativa causato dall’emergenza pandemica, emergenza che ci ha visto in prima linea per tentare di arginare le molteplici fragilità del nostro sistema sanitario e che ancora oggi assorbe inevitabilmente parte del nostro tempo.
Il Piano è il punto di ripartenza, il programma politico – programmatico da cui si dipanerà li documento di politica economica e finanziaria, il bilancio, la nuova programmazione. Rendere coerente il tutto è la condizione per dare gambe e concretezza alla attuazione di una strategia che cerca di frenare il declino, interrompere il circolo vizioso del declino, ricomporre i motivi di speranza.
Per questo abbiamo voluto un Consiglio straordinario, dedicato solo al Piano, per sottolinearne la rilevanza e la funzione. Per questo abbiamo allargato le consultazioni ben oltre il perimetro degli organismi previsti dallo Statuto, per questo non ci siamo certo arroccati ma chiesto una più larga partecipazione, discussione. Saremmo lieti infatti se venisse percepita, accolta, come una strategia di ripartenza non solo della maggioranza politica ma di quanti anche in questo Consiglio ne condividono gran parte delle tesi e delle prospettive, intendono dar forza a quanto di buono pure è contenuto in questa visione al di là dei dettagli o delle sottolineature che pure potranno trovare accoglimento negli strumenti di programmazione, che da qui a qualche mese metteremo in campo.
Abbiamo necessità di maggiore coesione, di maggiore corresponsabilità, almeno quando si tratta di delineare le linee portanti, le traiettorie entro le quali condividiamo l’urgenza che le cose accadano.
Il Piano mostra obiettivi chiari: portare a termine, nel più breve tempo possibile le iniziative volte a garantire una connettività ultra-veloce in tutta la Basilicata. Senza la creazione di un contesto altamente digitalizzato qualsiasi progettualità rivolta alla rivitalizzazione dei borghi, al rafforzamento delle imprese, allo sviluppo della medicina territoriale, allo sviluppo di nuova mobilità, al potenziamento delle funzioni urbane, alla modernizzazione della pubblica amministrazione e così via, rimarrebbe sula carta, anzi… di più…. renderebbe vano ogni sforzo.
L’altro obiettivo prioritario è prendersi cura della casa comune, per mutuare una bella espressione del Regnante Pontefice, che significa tante cose: la necessità di ripiegarsi sulle opere di manutenzione del territorio, di intervenire massicciamente sul dissesto idro-geologico, di organizzare una struttura ed una strategia adeguata per affrontare i rischi di calamità, per far fronte alle emergenze. Si tratta di una necessità assoluta in un contesto quale la Basilicata. Questo Consiglio regionale non può non interrogarsi sul perché abbiamo ereditato una situazione di così rilevante inadeguatezza. E sono certo che nessuno dei presenti si sottrarrebbe al compito di dare sostegno perché ci si organizzi nel più breve tempo possibile.
Ma avere cura della casa comune significa anche tutela del paesaggio, valorizzazione delle risorse ambientali. Anche qui la sfida sta nell’armonizzare lo sviluppo delle energie alternative senza sfigurare il paesaggio, dopo anni di anarchia su questo fronte come denunciato dalle diverse associazioni ambientaliste. Ecco perché spetterà al Piano paesistico definire quei vincoli e quelle condizioni tali da tutelare questa risorsa e al contempo consentire in altre aree lo sviluppo della nuova industria energetica. E sull’energia il tema dell’armonizzazione degli interessi delle Compagnie petrolifere con quelli della Regione significa chiamare le stesse a maggiori responsabilità. Non più solo il mero trasferimento di risorse economiche a titolo di compensazione ambientale ma il coinvolgimento in piani e programmi di innovazione per accogliere la sfida della transizione ecologica, per portare in Basilicata Know how. In questa prospettiva abbiamo accolto anche la sollecitazione ad un più puntuale riferimento alla scommessa sull’idrogeno ed alle diverse tecniche e tecnologie per produrle, così da approfondirne tutto il potenziale, senza cedere a facili slogan.
Cura della casa comune è anche rimettere a posto le reti idriche come quelle fognarie, davvero malmesse. Per non parlare della necessità di intervenire sui grandi invasi. Si tratta di un capitale poco manutenuto, con criticità assai rilevanti e con problemi gestionali accumulatasi negli anni, aggravati da un ginepraio di enti che operano nel settore, dove il tema della sostenibilità economica e dell’efficienza non mi sembra sia stato al centro delle attenzioni delle vecchie classi dirigenti. La relazione del nuovo amministratore dell’Acquedotto è sul punto motivo di seria riflessione.
Tutela dell’ambiente naturale, degli ecosistemi, della biodiversità, delle aree naturalistiche e al contempo rilancio del ruolo dei Parchi, e delle funzioni di sviluppo che questo capitale deve assicurare è un obiettivo ampiamente condiviso e che è entrato ormai nella sensibilità di tutti noi. Una sensibilità che deve portarci a rilanciare e rivedere il ruolo e la funzione dei boschi, grande patrimonio della nostra terra, la loro salvaguardia e al contempo la loro capacità di generare economia. Il Piano sollecita una azione mirata perché nasca finalmente una compiuta industria nel settore al pari di esperienze virtuose generate in altre regioni.
C’è dunque un tema caratterizzante la nuova strategia: fare dei punti di debolezza nuove opportunità. Intervenire sulle più macroscopiche carenze per determinare fattori di successo. È questa la parte del Piano meno immaginifica se volete. Ma quella più sapida…più concreta: Rimettere in piedi la casa, ristrutturarla, con tutto il portato delle innovazioni disponibili.
L’altro versante del Piano è costituito dall’attenzione al completamento dei grandi cicli infrastrutturali, a partire da quelli irrigui, per passare poi alle infrastrutture di collegamento e di interconnessione. Il Piano si limita a delineare una visione che porti ad una maggiore integrazione est – ovest e non solo nord-sud; a recuperare una prossimità maggiore tra le due principali città capoluogo di Provincia per evitare una separazione di fatto di interessi e di relazioni, e a potenziare il sistema delle longitudinali e delle trasversali rinviando opportunamente al Piano delle infrastrutture la declinazione di questa strategia. Si richiama però un principio di grande realismo che è quello di tener conto degli investimenti già decisi a livello nazionale per accrescere il loro potenziale impatto e vedere risultati a breve, a partire dal tema delle infrastrutture ferroviarie, senza che questo impedisca il dipanarsi di una visione più ricca ed articolata nell’apposito Piano delle infrastrutture.
Questo sguardo verso l’interno, questa visione basata innanzitutto sulla piena valorizzazione delle risorse endogene, e sui protagonisti locali dello sviluppo, non significa trascurare le dinamiche interregionali, nazionali, europee, mediterranee. Solo una lettura superficiale può enfatizzare questa prospettiva a discapito di altre. Non è il dedicare un paragrafo o un capitolo di un documento a determinare il grado di consapevolezza della rilevanza di queste interrelazioni. Il Piano, in più passaggi, evidenzia come le dinamiche economiche e sociali più vive sono proprio ai confini regionali, come si siano generati processi di interazione molto più significativi in queste aree e l’importanza che assumono le economie di relazioni con i territori contigui; si pone però il tema del ruolo e delle funzioni che è possibile esercitare in questo contesto per evitare pulsioni centripete: in questa prospettiva hanno un senso il rilancio della Pista Mattei, le Zone economiche speciali, i centri di logistica e distribuzione per i prodotti agro-alimentari nel metapontino, la creazione di hub di competenze digitali e cosi via…Occorre cioè che la Basilicata si disponga a divenire motivo di interesse, centro di gravitazione di alcuni servizi strategici funzionali alle strategie adriatiche e nord-europee ma anche rivolte al Mediterraneo. Tematiche che andranno ulteriormente dispiegate ma anche chiare linee di indirizzo.
La Basilicata ha dunque necessità di esercitare un ruolo cerniera tra Regioni e nel Mezzogiorno. Si tratta di conquistarsi un ruolo non potendo più considerare il dato territoriale e la vocazione geografica sufficiente. Quel ruolo che almeno sul piano della cultura, nell’immaginario nazionale ed europeo e non solo, si è riusciti a conquistare con Matera 2019. Oggi siamo al giorno dopo, e siamo tenuti a ripensare una nuova strategia, facendo tesoro del deposito lasciato dall’evento 2019, valorizzandone tutte le componenti, ma anche facendo tesoro dei risultati mancati. Il Piano evidenzia quanto sia importante e strategico un rafforzamento sull’asse natura-cultura-turismo dell’immagine e della progettualità regionale, e pone – come in altri ambiti strategici – il tema dei poli formativi che devono alimentare la capacità di innovazione del sistema, del sostegno ai protagonisti del settore perché dispieghino pienamente le loro virtualità, sollecitando città e territori a nuovi protagonismi e a divenire fulcro di sperimentazioni e di generazione di ecosistemi virtuosi. In questo orizzonte vi è una specifica attenzione per il mondo dell’industria del cinema, dell’ audio-visivo e del digitale in genere, dell’industria culturale e creativa e all’intera filiera dell’economia di visita, dello sport, lungo percorsi definiti da specifiche strategie, come già accaduto in ambito turistico con il piano marketing e come ci apprestiamo a fare nelle prossime settimane con Piano della cultura, interpellando e ascoltando personalità del mondo della cultura e protagonisti locali.
Il Piano si è arricchito inoltre di una riflessione più centrata sui temi del terzo settore e dell’importanza che ha assunto nella società contemporanea. Un tema che rinvia soprattutto alle azioni per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà ma anche a quelli più generali della cura della persona, soprattutto se disabile o a rischio di marginalità, e dell’ambiente. Temi caldissimi in una regione con percentuali così elevate di persone in condizione critiche. Il Piano fa sue le indicazioni e le proposte della elaborazione europea su una “Europa più sociale ed inclusiva” già di per se molto esigenti e che individuano specifiche azioni ed obiettivi
In più circostanze il Piano fa sue proposte del PNRR o di iniziative comunitarie, ritenendo che quanto già pensato ed elaborato in sede europea o nazionale non abbia bisogno di ulteriori specificazioni. Sorprende il fatto che invece di apprezzare questa linea di buon senso e di realismo che dichiara con forza di voler non solo far propri, ma rafforzare anche con altri mezzi finanziari, quelle linee di azione, venga considerato invece un modo insufficiente di approcciare un tema, quasi che l’intelligenza di non ricercare l’originalità a tutti i costi voglia significare un adattarsi a cose di poca rilevanza. È il caso della parità di genere dove si richiama espressamente la Strategia Europea 2020-2026, quasi che tale strategia non sia impegnativa e non imponga il declinare di una serie di azioni. Ma nella parte dedicata ala parità di genere sono esplicitamente indicate una serie di misure più specificamente mirate a “sollevare” le donne dalle sole responsabilità di cura, tra l’altro specificando l’impegno del Piano per l’occupazione e l’imprenditoria femminile, facendo esplicito riferimento alla modifica di criteri di reclutamento nella P.A. a favore delle donne, alla disciplina sul lavoro agile per venire incontro alle loro specifiche esigenze ed altri strumenti di welfare, a partire dagli asili nido. Sinceramente quando ho appreso di qualche doglianza mi sono chiesto quale Piano abbiano letto e perché non hanno presentato documenti o specifiche richieste nella fase interlocutoria.
Il Piano, come sapete si articola in 13 azioni, che qui ho velocemente riassunto, e in 4 azioni trasversali. Tra queste merita una ulteriore sottolineatura l’importanza che intendiamo dare al sistema di istruzione e ricerca a partire da un più esigente rapporto con l’Università. E’ evidente che per la Regione il rafforzamento dell’Università è cruciale, e la stessa apertura della facoltà di medicina è un segnale più che concreto in tal senso, ma è altresì evidente che abbiamo necessità di individuare un modello più virtuoso di relazioni non solo basato sul sostegno finanziario e sul coinvolgimento occasionale in determinate iniziative, ma ad una strategia condivisa di collaborazione. Metodo esigente che deve riguardare ogni realtà o organismo del mondo della ricerca da noi sovvenzionato. Senza un istruzione ed una ricerca di qualità non c’è futuro: ne siamo più che consapevoli, ed è per questo che occorre tornare ad occuparsi con maggiore intensità del mondo dell’istruzione, favorendo la rigenerazione di scuole di arti e mestieri come richiesto anche dagli artigiani, sostenendo il sistema scolastico nel suo sforzo di innovazione anche tecnologico, promuovendo ITS e poli formativi, assecondando le esigenze palesateci dai giovani universitari lucani per rendere più attraente e competitiva l’Università potenziando i processi di orientamento e le partnership con le imprese locali e con la grande impresa presente sul territorio, per favorire tirocini, stage, esperienze.
L’attenzione posta al mondo delle imprese nel Piano, soprattutto endogene, in qualche modo connota e caratterizza la visione enunciata. Senza il protagonismo dei privati, senza la capacità di intraprendere, inventare, innovare non c’è sviluppo. Il Piano ci impegna a fare il massimo per adeguare gli strumenti disponibili alle loro concrete esigenze, a rivedere le politiche di impresa sin qui fatte, a verificare quelle che effettivamente aiutano e quelle che non hanno prodotto gli esiti attesi; a velocizzare i processi amministrativi e semplificare le procedure; a valorizzare i capi-filiera, le imprese di punta in grado di generare sub forniture, a sostenerne la crescita e lo sviluppo. Un risultato da perseguire con determinazione e che deve al centro delle preoccupazioni di chi si occupa del mondo agricolo, artigianale, del turismo, del commercio, del manifatturiero, dei servizi avanzati, etc.; e, in questo contesto, porre una rinnovata attenzione al mondo giovanile, che non caso trova continui richiami nel Piano. Provare a immaginare il futuro non può esser fatto senza di loro. L’interlocuzione con i giovani avviata nel Piano continuerà, voglio sottolinearlo in questa aula, e lo faremo per tutti i piani attuativi che ci vedranno impegnati nelle prossime settimane. Ho apprezzato la loro concretezza e la loro capacità di volare alto. È una linfa di cui, noi che siamo impegnati in politica, abbiamo estremo bisogno.
Ma la Basilicata è anche terra di anziani, con necessità di un nuovo welfare, e di strutture socio-assistenziali all’altezza della complessità dei problemi, di un nuovo Piano sanitario in grado di rispondere alle vecchie e nuove esigenze dando corpo alla medicina territoriale: un altro tema cruciale che ci vedrà nei prossimi mesi impegnati in un confronto serrato. Ma è la qualità della vita più in generale, specie nei paesi e nelle aree interne, che richiede una più attenta valutazione degli effetti delle strategie delle aree interne ed una rifocalizzazione della stessa alla luce dei risultati. Il PNRR sta offrendo molteplici sollecitazioni per avviare nuovi cicli progettuali e nuove visioni. Indubbiamente però la sfida posta alle amministrazioni locali è molto esigente. Con Il varo del Piano sarà anche possibile dar vita a quei cantieri di progettazione, a quella mobilitazione di risorse tecnico-progettuali da mettere al servizio delle comunità locali, che abbiamo previsto e rendere finalmente operativa la struttura di Missione.
Il Piano, come avrete avuto modo di notare, si conclude non casualmente con un riferimento alla legalità, intesa come valore identitario della società lucana e garanzia di qualità sociale ed ambientale e quale precondizione per l’attuazione del Piano Strategico.
Alla luce di quanto illustrato spero emerga con chiarezza l’importanza del provvedimento che stiamo per varare. Ci dotiamo così di una bussola, di un timone, di una prospettiva che canalizzerà sforzi e risorse. Da quanto riassunto emerge una agenda fitta di impegni, di cose da fare accedere, di piani e di leggi da varare. È a questa spinta di riforma che verrà improntata la seconda parte di questa legislatura. Ed è su questa piattaforma, sul Piano strategico, che chiedo il più largo consenso affinché al di là delle diverse sensibilità ed opinioni su questo o su quel punto si dia, alla comunità regionale, un forte segnale di unità e coesione, uniti dallo stesso intento di fermare il declino e dare gambe alla speranza.