Aned Basilicata: “Ormai è certo: il centro dialisi di Chiaromonte rimarrà senza medici. Sotto attacco l’intero settore della Nefrologia, Dialisi e Trapianto”. Di seguito la nota integrale.
Dopo i fatti gravissimi accaduti, qualche giorno fa, al centro dialisi dell’ospedale di Villa d’Agri, un’altra vicenda clamorosa, forse ancora più drammatica, riguarderà i pazienti in trattamento presso il centro dialisi dell’ospedale di Chiaromonte.
A fine mese l’unico nefrologo in dotazione lascerà il centro dialisi di Chiaromonte, poiché vincitore del concorso pubblico unico regionale per la copertura di n. 8 posti di Dirigente Medico della Disciplina di Nefrologia: presterà servizio presso l’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’azienda ospedaliera “San Carlo” di Potenza.
Un altro nefrologo, in organico al personale dell’azienda sanitaria di Potenza ma con contratto in specialistica ambulatoriale, al quale la stessa Asp aveva offerto l’assunzione a tempo indeterminato in quanto vincitore del concorso suddetto, sembra addirittura che abbia accettato una proposta diversa proveniente da un’altra Regione.
Insomma, l’azienda sanitaria di Potenza perde due nefrologi, a breve altri lasceranno il servizio per pensionamento, ma lo scorso anno, in sede di definizione del concorso relativo alla disciplina di nefrologia, la direzione strategica dell’Asp si è limitata a richiedere la copertura di un solo nefrologo.
Quali siano state le vie tortuose che abbiano indotti certi politici e dirigenti a valutazioni così scellerate non è dato saperlo. O forse si. Forse questo disastro è stato creato ad arte per permettere l’ingresso del privato nelle nefrologie e dialisi pubbliche. E’ ormai largamente noto che la dialisi suscita molti appetiti. Non a caso, nei centri dialisi privati, a differenza di quelli pubblici, viene adottata una sola modalità di dialisi, quella più costosa: € 258,23 per singolo trattamento che, moltiplicato per le 152 sedute dialitiche annue cui è sottoposto ogni paziente e per il numero dei pazienti trattati, porta ad un risultato e ad un costo complessivo insostenibile per la sanità pubblica. Non dimentichiamo che su quest’ultima gravano anche i costi per la cura delle complicanze, delle terapie assunte e di tutti quei bisogni che solo il Servizio Sanitario Nazionale può garantire.
In ogni caso, una cosa è certa: le conseguenze pericolose di tali scelte ricadono, come sempre, esclusivamente sui pazienti e le loro famiglie.
Le quali, non solo stanno vivendo un periodo di profonda preoccupazione e avvertono il peso gravoso di una situazione estremamente difficile, precaria e complessa, si chiedono come potranno i soli due nefrologi rimasti garantire il regolare svolgimento delle sedute dialitiche negli ospedali di Lauria, Maratea e Chiaromonte e, contemporaneamente, fornire risposte ai bisogni di assistenza e cura espresse dai cittadini affetti da malattia renale.
Occorre intervenire con la massima urgenza e senza perdite di tempo e individuare soluzioni certe, concrete, reali, efficaci, adeguate, di largo respiro, frutto di una visione più profonda delle complessità che riguardano questo particolare settore più specialistico della medicina. Basta con i soliti rimedi tappabuchi che sono risultati utili solo a mantenere lo status quo.
La classe politica e dirigenziale che governa e amministra il sistema sanitario lucano saprà e vorrà rimediare ai grossolani errori commessi che hanno ridotto ad una grave e rapida decadenza la sanità pubblica? Saprà e vorrà garantire la sicurezza dei dializzati?
Il primo intervento rapido che si potrebbe attuare, se ci fosse davvero l’intenzione di sistemare definitivamente tutti i centri di nefrologia e dialisi del territorio, è quello di attingere dalla graduatoria, appena approvata, relativa al concorso pubblico per nefrologi e tentare di assumere tutti i 22 candidati risultati idonei, dei quali otto dichiarati vincitori e alcuni in procinto di acquisire la specializzazione, con la speranza, non affatto scontata, che vogliano accettare la sfida di lavorare in Basilicata.
Perché, purtroppo, il sistema sanitario lucano è poco appetibile, mentre le Regioni limitrofe, basti pensare alla vicina Puglia che ha avuto la lungimiranza di assumere in pochi anni un numero considerevole di nefrologi, offrono strutture sanitarie più organizzate, possibilità di crescita professionale e condizioni economiche assai vantaggiose.
Noi pazienti, nefropatici, dializzati, trapiantati e le nostre famiglie, che siamo le “sentinelle” della sanità pubblica, propositori e pungolo delle Istituzioni, puntigliosamente proiettati alla difesa della persona malata di reni come persona bisognosa di tutela ma anche di valorizzazione, non dobbiamo più accettare che, troppo spesso, venga messo in discussione con troppa leggerezza il nostro diritto alle cure e all’assistenza, costituzionalmente tutelato.
Dobbiamo essere pronti ad una civile e pacifica protesta, perché se oggi sono presi di mira i dializzati, presto i trapiantati e le persone in attesa di trapianto potrebbero essere il prossimo obbiettivo dell’attacco sistematico portato avanti da Regione e aziende sanitarie.