Corte Costituzionale boccia referendum su eutanasia, Giovanni Caserta: “Perché Socrate mi aiuta a credere nella eutanasia”. Di seguito la nota integrale.
La nostra generazione ebbe, nell’immediato dopoguerra, una educazione cattolica che non rifiutiamo e che tanto bene ci fece. Subito dopo la guerra, fu la Chiesa a raccoglierci dalla strada, aiutandoci a capire che esisteva un altro mondo, fatto di cultura, di civiltà, di buona educazione. Sotto la guida di sacerdoti, ma anche di giovani più grandi di noi, imparammo non poco della lingua italiana, del rispetto che andava dato agli altri. Ci arrivò anche un giornale – “Il Vittorioso” – con i disegni di Jacovitti. Al “Vittorioso” mandai il mio primo racconto. Quando poi, fortunatamente, ci capitò, per caso, di andare a scuola oltre le elementari, don Raffaele Fontanarosa, giovanissimo sacerdote, insegnante nel seminario di Potenza, nipote del tonante Padre Marcello Morelli, ci ammaestrava in latino Facevamo adunanze su cui, poi, facevamo riflessioni che consegnavamo ai cosiddetti “delegati.Era la nostra“pagina attiva”.
Due giovani delegati voglio ricordare: Eustachio (Nino) Loperfido, destinato a diventare, in Bologna, assessore di sinistra alla sanità, e neuropsichiatra infantile di fama nazionale, e Raffaele (Lello) Giura Longo, in procinto di prendere la maturità classica. Nei campi estivi, sulla Sila, facemmo conoscenza di tanti ragazzi della regione lucana. Eimparammo a usare il dentifricio. Era una educazione che si completava a scuola, negli anni in cui i programmi di scuola elementare avevano, “come fondamento e coronamento della formazione, l’ educazione religiosa secondo la tradizione cattolica”.
Di eutanasia e di morte assistita e voluta dal malato non si parlava. Era peccato mortale. Oggi, personalmente, abbiamo cambiato idea.Le condizioni del vecchio o del malato impossibilitato a badare a sé stesso, incapace di intendere e di volere, legato alla vita da accanimento terapeutico o dipendente da un tubo infilato nel corpo, non è concepibile per chi soffre, come anche per chi è costretto ad assisterlo. Un tempo la situazione era già di per sé meno grave, potendosi contare su una rete di familiari soprattutto donne, libere da impegni di lavoro, destinate ad assistere i congiunti in caso di necessità. Alcune erano vergini “in capillis”, cioè zitelle; altre erano “monache di casa”. Oggi i vecchi ed i malati bisognosi di essere nutriti,lavati, accuditi anche nei bisogni più mortificanti, diquelli chetolgono dignità allapersona, sono sempre più numerosi, ma anche sempre più soli. Il Nord paga per il lavoro nevrotico cui si è sottoposti; il Sud paga lo scotto dei figli andati via perlavoro, tanto che – emigrazione alla rovescia – molte volte la soluzione è quella di emigrare in vecchiaia, per raggiungere i figli. Né lo Stato assistenziale, per costo e disponibilità di posti, offre più quello che offriva una volta. Spesso subentrano organizzazioni private che, nel Sud, fuori di ogni controllo, non garantiscono i necessari livelli di assistenza igienico-sanitaria. Nessuno poteva pensare, prima della pandemia, che in Lucania Basilicata esistessero tante piccole case di ricovero per anziani che, disseminate anche tra piccoli paesi, presto sono diventate focolai di infezione e, talvolta, di morte
In una situazione di vita disperata e in condizionidi assistenza improvvisate, costose, se non deprecabili, non riteniamo sia più il caso di insistere in una sopravvivenza estrema ed inumana, destinata all’unica soluzione del decesso, che è inutilmenterinviato tra mortificazioni e sofferenze. A convincerci del coraggio di difendere la dignità umana, ci sovvenivano,un giorno,la lettura del Fedone di Platone e la serena conclusione di Socrate.
Ormai condannato a morte senza appello, a Socrate, alla presenza dei suoi discepoli, venne consegnata la cicuta da bere al tramonto del sole.Innamorati del loro maestro, i discepoli avrebbero che egli si fosse trattenuto ancora un po’ con loro, a discorrere. “Il sole – dice Critone – è ancora sui monti. C’è tempo per il tramonto. Gli altri condannati – continua – cercano di guadagnare tempo e utilizzare le ultime ore o minuti della giornata, entro la quale devono bere. Alcuni hanno anche voluto gustare gli ultimi piaceri della vita. Hanno mangiato, hanno bevuto. Si son messi a chiacchierare con chi volevano. Tu almeno –conclude Critone – non aver fretta. C’è tempo”. E Socrate:: “Giustamente–commenta, – quelli che tu dici, fanno quello che fanno. Facendo così, pensano di aver qualcosa da guadagnare. Altrettanto giustamente, però, io non farò così. Penso di non guadagnar nulla in vita,se ritardo di poco nel bere la cicuta. Mi renderò solo ridicolo agli occhi miei, attaccandomi inutilmente alla vitae nulla guadagnando di essa,visto cheè rimasto il resto di niente.