Gli allevatori italiani non possono aspettare ancora. Le oltre 43.000 aziende di bovini da latte – oltre 2.000 le aziende zootecniche professionali della nostra Regione – sono allo stremo per il rialzo incontrollabile delle materie prime e dell’energia, a cui si aggiungono ora gli effetti della crisi in Ucraina. Servono interventi immediati per riconoscere ai produttori una più equa quotazione del latte alla stalla, oltre a misure strutturali per evitare la chiusura delle imprese. Così il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino.
“L’accordo firmato nei mesi scorsi è stato totalmente disatteso -ha ricordato Scanavino- dimostrando una totale mancanza di rispetto per le difficoltà del sistema produttivo. Oggi un litro di latte fresco viene pagato in media 39 centesimi al litro all’allevatore, con costi di produzione più alti e ormai vicini ai 45 centesimi al litro, mentre il prezzo del latte ‘spot’ è a 49 centesimi, per arrivare sullo scaffale del supermercato a quota 1,50-1,70 euro. Insomma, una situazione insostenibile e ingiustificabile”. Ecco perché “chiediamo di adeguare il prezzo del latte bovino alle dinamiche di mercato di alcuni prodotti guida, oltre che ai costi di produzione -ha ribadito il presidente di Cia-. L’andamento delle vicende internazionali rende evidente l’utilità di avere a disposizione un meccanismo per l’adeguamento del prezzo del latte nel corso dell’anno, sulla base dello sviluppo del mercato”.
Allo stesso tempo, per Cia è necessario mettere in campo ulteriori interventi per mitigare gli effetti dei rincari sulle aziende, acuiti dal conflitto russo-ucraino. Basti pensare che, solo nei primi 14 giorni di febbraio, i prezzi dell’elettricità sono cresciuti del 238% sullo stesso periodo del 2021; il gas naturale il 327% in più, il petrolio il 50% in più. I costi dei trasporti sono aumentati del 115% rispetto a febbraio di un anno fa. Una corsa insostenibile per la catena di approvvigionamento, che colpisce tutti gli anelli della filiera. Le stalle, in aggiunta, devono fronteggiare anche i rialzi legati alla mangimistica. Il prezzo del mais a uso zootecnico costava a gennaio il 32% in più rispetto a gennaio 2021 (e il 67% in più rispetto a dicembre 2019); la soia è passata dai 328 euro/ton di maggio 2019 a 621,5 euro/ton di media nell’ultimo mese (+89%, con una crescita del 23,3% rispetto a febbraio 2021) e l’erba medica disidratata in balloni è proiettata a raggiungere il prezzo record degli ultimi 22 anni (solo nel 2014 raggiunse un valore più elevato, 268 euro alla tonnellata).
In ragione di tale stato di cose nazionali e internazionali e per gli effetti prodotti che riverberano i loro effetti negativi anche sulle aziende zootecniche e sulle stalle lucane la Cia ha chiesto che la Regione istituisca presso il Dipartimento Agricoltura il “tavolo permanente del comparto zootecnico”.
Scopo e finalità di tale organismo è quello di presidiare e affrontare in modo permanente le problematiche del comparto, che ricordiamo è fra i più rilevanti del settore primario di Basilicata in termini di produzioni lorda vendibile, per addetti, per valore aggiunto e per quanto muove e genera sul versante della filiera dell’agro-alimentare ambito regionale. Urge mettere in campo efficaci azioni a partire da un costante confronto con tutti gli attori della filiera anche su base Regionale, serve un raccordo concreto con il mondo della trasformazione lattiero caseario, con quello del commercio e della distribuzione compreso la GDO oltre che quella locale. In Basilicata urge aprire un dialogo con il sistema dei caseifici locali al fine di favorire cosi come già avviene a forme premiali di chi utilizza materie prime locali anche tramite accordi integrativi su base territoriale.