Guerra in Ucraina, intervento di Basilio Gavazzeni (Fondazione Lucana Antiusura Monsignor Cavalla). Di seguito la nota integrale.
Gloria all’Ucraina, viva la pace, risorga il diritto. Chiedo ospitalità per un’altra riflessione olistica, sintetica, non priva di prospezioni e, insieme, di interrogativi, sulla storia che regredisce, sia pure tecnologicamente, a histoire – bataille.
Prima di tutto, attenti, la guerra è una pratica gnostica, perciò maschilista, anti-carne, anti-donna, anti-bambino, in sostanza anti-vita, oggettiva decreazione.
La guerra contro l’Ucraina non è decisa dal popolo russo, ma da un solo uomo, un dittatore che si è accomodato sotto la categoria teratologica del criminale, il cui senno ottenebrato comincia a interessare gli psichiatri e, tuttavia, si erge irremovibile nella sua volontà egemonica. Ciò non consente di prendercela con il popolo russo e la sua cultura, Dostoevskij non è Putin.
Costui, fallito inopinatamente l’attacco, incassato il rifiuto dell’esercito ucraino alla secessione, ha fatto proporre dallo scherano bielorusso una farsa di trattativa, non interrompendo l’orrore riversato sulle notti di Kiev e, perfino, evocando la più tremenda delle minacce.
Il Presidente dell’Ucraina e il suo popolo non possono che pretendere la ritirata dell’ingiusto aggressore da tutto il loro territorio e il risarcimento dei danni.
Supponiamo che al dittatore riesca la normalizzazione violenta dell’Ucraina. Avrebbe fra le mani un immenso territorio e, intorno, un popolo alla fame, ferito, sommerso dai lutti, acceso d’odio irreprimibile e resistente. Potrà imporre un governo fantoccio?
Per il momento il progetto non gli sta riuscendo. Se non gli riuscisse, non gli resterebbe che ritirare malconcio il suo arsenale bellico. Una ritirata, come quella di Napoleone da Mosca, come quella dei tedeschi da Stalingrado. Sarà così?
In tal caso, per Putin sarebbe la fine: la sua caduta politica, il pericolo di finire come Ceauşescu o Gheddafi, o di comparire davanti al Tribunale dell’Aia, forse addirittura l’alzare la mano su di sé da uomo disperato. È probabile?
E se il tiranno, scornato, si catapultasse contro le democrazie occidentali, scatenando un’Apocalisse? Nessun responsabile delle nazioni sottovaluta simile ipotesi, tutti sono spasmodicamente all’erta, come del resto ogni essere pensante.
Nel frattempo si calano le sanzioni. Le migliori sono quelle che producono subito deterrenza. In genere sono bivalenti: colpiscono, ma espongono a contraccolpi di eguale natura. Non pochi di noi italiani, sentendo di più il morso delle difficoltà economiche, hanno paura, tuttavia non possiamo chiudere gli occhi davanti a un pericolo superiore. Le sanzioni saranno efficaci?
In questo tornante della storia annebbiato dall’insicurezza ricordiamo che agli Ateniesi, confusi e divisi davanti alla prevaricazione di Filippo di Macedonia, il grande Demostene gridava: «In nome di Dio, vi supplico di pensare». E poi calma, fiducia, speranza nonostante gli scacchi che patisce. E preghiamo Dio che intervenga e aiuti l’intera umanità chiamata a provvedere fraternamente all’Ucraina, ma, alla fine, a sé stessa.