Riflessioni a margine della guerra in Ucraina di Basilio Gavazzeni. Di seguito la nota integrale.
• Un detto da applicare intero
È sulle labbra di molti: “Mens sana in corpore sano”. Più volte Putin ha esibito una forma fisica smagliante. Bisogna riconoscergli una “mens sana”? C’è chi ne dubita. Il poeta latino, cui risale il proverbio, in verità scrive: “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano”. (Bisogna pregare perché vi sia una mente sana in un corpo sano). Putin è un “baciaicone”, ma prega per garantire una mente sana al suo corpo sano? Noi preghiamo ardentemente che lo dimostri.
• La bellezza salverà il mondo?
Da qualche decennio questa espressione di Dostoevskij è stracitata, soprattutto dagli uomini religiosi. Il testo e il contesto da cui è tratta non consentono di farne una semplificazione retorica. Spesso la bellezza non ha salvato il mondo, tanto meno il mondo ha salvato la bellezza, dell’ambiente, dei viventi, degli uomini e della loro creatività. Nessuno finora ha provato a censire quanta bellezza è stata annientata dal mondo. Si pensi all’entropia scatenata contro la bellezza femminile, di Cleopatra e Marilyn Monroe (mi limito a due miti), delle donne stuprate da millenni, delle martiri cristiane e ora, delle donne ucraine, bambine, spose, madri, anziane e, perfino, soldatesse, di cui in tanta tormenta rifulge la bellezza fisica e, prima ancora, la bellezza morale. Bisogna aiutarla la bellezza a salvarci.
• Sui Russi
Si ripete che Putin, i suoi apparati e i suoi oligarchi capitalisti che, tuttavia, cinesizzano, non sono “i Russi”. Se Tolstoj riteneva che la smisurata individualità di Napoleone non fosse altro che una sorta di portabandiera del popolo-armata francese, si potrebbe ritenere che Putin e la sua banda siano i portabandiera del popolo russo. La tesi di Tolstoj è stata scartata dagli storici, come del resto quella di chi sosteneva il contrario. Invece, bisogna riconoscere che, dagli Zar a Lenin, da Stalin al “socialismo reale” fino ai nostri giorni, quel popolo stragrande e multietnico non ha mai conosciuto la democrazia. Ha allora i governanti che si merita? Chiediamoci piuttosto a quale oppressione poliziesca è stato ed è sottoposto, al punto che non riesce mai ad alzare la testa e l’illibertà è la sua tradizione.
• La comunicazione sociale.
È lontana la stagione in cui Umberto Eco scriveva “Apocalittici e integrati”, stigmatizzando le posizioni contrapposte di fronte agli strumenti di comunicazione sociale. Profeta fu McLuhan nel prevedere che il mondo si sarebbe trasformato in un “villaggio globale”, grazie ai media con le vele gonfiate dal vento tecnologico. Oggi i media insieme costituiscono un esercito più forte di quello schierato dall’Ucraina contro gli invasori. Grazie a loro l’opinione pubblica del mondo vede e sa. Risparmiata soltanto la visione del sangue che scorre, ecco l’algida e adesso corrugata determinazione del tiranno, ecco le riprese dei fuggiaschi nel freddo e sotto la neve, del popolo che assiepa i sotterranei, delle distruzioni e della ferraglia disseminata dovunque. Immagini simboliche si sovrappongono a immagini simboliche. Cartine geografiche con le indicazioni delle località martellate dall’occupazione appaiono sugli schermi. Le piazze insorgono , si accende la solidarietà. Benediciamo i media.
• Gas e petrolio
L’Europa rischia la penuria di gas e petrolio, di vedersi ridotta l’energia per illuminare, riscaldarsi e produrre. È l’Italia, madre dell’antesignano Mattei, che come la cicala di La Fontaine, si ritrova “fort dépourvue” davanti alla distretta che sopravviene. Fermato il carbone, rifiutate le centrali nucleari, ripiegati sulle alternative solari ed eoliche di resa insufficiente, dove sbatteremo la testa? Cominciamo a tagliare qualche comodità prima che ci sia ingiunto. Il sonno dell’irresponsabilità potrebbe farci molto male.
• I governanti
Si apprezza il lavoro della diplomazia che, per la prima volta, è presa in mano personalmente dagli stessi leader delle nazioni libere. Anche Papa Francesco accoratissimo, parole chiare, si dice a disposizione. Per il momento il guadagno è quasi nullo. Occorre persistere. Senza rinunciare a sanzioni maggiorate, nonostante le perdite e le ritorsioni prevedibili. L’Italia, un po’ all’angolo, ha ascoltato un Mattarella davvero responsabile. C’è chi è critico nei confronti dell’unanimismo che lega l’Europa alla NATO e ambedue agli Stati Uniti, ma la realtà effettuale è questa. Non è il momento di fantasiare. Non è il migliore dei mondi possibile, questo, ma è.
• L’eroe-popolo Zelensky.
Qualcuno sottolinea con disprezzo che il Presidente ucraino è stato un attore per di più comico. Vien da pensare, si sorrida, che sia colpa di Grillo. Forse riemergono, da molto passato fa, gli anatemi e l’esclusione praticati dalla Chiesa contro gli uomini di teatro. Shakespeare e Molière ne seppero qualcosa. Che colpa ha Zelensky se non è un ex-operaio metallurgico, come Wałęsa che, “adiuvante Carolo Wojtyla”, assurse a Presidente della Polonia? Bisogna riconoscere a Zelensky, eletto dagli ucraini, una crescente consapevolezza del ruolo e della propria vocazione. Emily Dickinson in una poesia scrive che una persona scopre la propria vera statura solo quando è obbligata ad alzarsi.
• Opinionisti e giornalisti
Si può notare che gli opinionisti si confrontano con maggiore rispetto, evitando provocazioni e impuntature sostanziate di amor proprio. Studiano. D’altronde gli scaffali colmi di libri che appaiono alle loro spalle devono pur servire all’atletismo intellettuale. Spiccano quelli iniziati alle tattiche e alle strategie guerresche e i militari che le hanno osservate o sperimentate sui campi di battaglia. Non c’è elogio proporzionato al servizio degli inviati di ogni specie sparsi sui fronti. “Laudati” siano i testimoni dell’Ucraina offesa che ci mettono al riparo, fra l’altro, dalle fake news.
• Il Patriarca Kirill di Mosca
Inaudibile quel mitrato, organico qual è al disegno omicida di Putin. Ancora una volta quella Chiesa è braccio religioso del più forte. Florenskij e Soloviev non protesterebbero? Il Patriarca si è rifugiato su una falsa “altura spirituale”, per dirla con una metafora di Italo Mancini. Ha evocato un epocale scontro fra Bene e Male. Come se il Male, tutt’altro che metafisico, non assoldasse empi macellai contro la carne dei giusti e degli innocenti. Il Patriarca non sa di un certo Ambrogio di Milano che impedì all’imperatore Teodosio, stragista a Tessalonica, di entrare in chiesa. Non ricorda il Padre della Chiesa che, a Bisanzio, indice accusatore vistosamente proteso, attaccò la tralignante imperatrice che aveva osato presentarsi al culto.
• Sull’economia compromessa
La guerra sperpera enormi ricchezze. Costano gli invasori, i resistenti, i mezzi e gli strumenti impiegati. Avrà un prezzo la ricostruzione di un territorio così vasto messo a soqquadro, il granaio d’Europa che non salverà il prezioso raccolto. In fibrillazione dollaro, euro e rublo: il primo pur solido, il secondo oscillante, l’altro precipitante. Noi, piccoli privati, con egoismo giustificato, si conta le entrate ridotte dalle bollette, i depositi svenati, i debiti che si incagliano. “Denaro denaro è l’uomo!” scandiva Pindaro nella “Seconda Istmica”. Qualche secolo dopo Uno, consacrato alla pro-esistenza, avrebbe ammonito (cito a senso): a che serve guadagnare il mondo se poi si perde l’anima (si intenda pure laicamente, la libertà, la dignità eccetera)?
• Il lupo e l’agnello: favole per i bambini con gli occhi aperti
Spiegare la guerra, bullismo di ferro e di fuoco, ai bambini? Ma certo, e senza contorno di ovatta! Si propone la celebre favola di Fedro di cui un lettore mi manda una graziosa rielaborazione. C’è solo da spiegare loro che i due animali sono rappresentati in maniera antropomorfica e che, nella “valle di lacrime” che è il mondo, nonostante la nostra buona volontà, situazioni simili possono verificarsi, appunto come in Ucraina. Ecco:
Un lupo alla fame,
trovato un ruscello
si dice: «Pazienza,
beviamoci su».
Ma ecco più in là
un tenero agnello
a bere anche lui.
Gli grida il feroce:
«M’intorbidi l’acqua!».
L’agnello risponde
con voce tremante:
«Tu bevi lì sopra,
e scende il ruscello
e io bevo quaggiù».
«Perbacco m’insulti?»
digrigna il dentuto.
«Io sono meschino,
e nato sol ieri!»
confessa il lanuto.
Ma il lupo bramoso:
«Tuo nonno montone
mi offese una volta
davanti al mio branco!».
Azzanna l’agnello
e tinge di sangue
l’ignaro ruscello.
Matera 11 marzo 2022 Basilio Gavazzen