Caporalato, 16 arresti nell’area calabro-lucana del Metapontino: interventi Simonetti (Tavolo Caporalato Ministero del Lavoro). Di seguito la nota integrale.
“Altri quindici arresti effettuati nella area calabro lucana che comprende il Metapontino. Prosegue da mesi l’azione di repressione in molti siti interessati alla attuazione del Piano nazionale anticaporalato con il contributo delle forze dell’ordine e dei magistrati.
Tarda invece l’attuazione delle misure per l’accoglienza degli stagionali per evitare che finiscano nelle mani dei caporali per essere sfruttato nei ruderi e ghetti.
Significativa e’la situazione lucana:mentre la Regione predispone interventi per l’area del Bradano, inseriti nel bilancio di previsione, nessuna iniziativa degna di nota si registra per l’area Ionica.
Nel contempo giace ancora nei cassetti da 21 mesi la delibera per il completamento della “Citta della Pace di Scanzano finanziato con di 2 milioni dalla UE.
Dovrà intervenire il Prefetto di Matera, ha già provveduto quello di Potenza, per affrontare la vicenda come deciso a Roma.
La Basilicata” zero ghetti” e’possibile.
Caporalato, Fai Cisl: bisogna lavorare anche sulla prevenzione del fenomeno
“La nuova operazione anti-caporalato nel territorio compreso tra Calabria e Basilicata jonica conferma che non bisogna mai abbassare la guardia contro gli sfruttatori e che gli strumenti di contrasto a disposizione delle forze dell’ordine, arricchiti nel corso degli anni da nuove norme, come la legge 199 del 2016, si stanno dimostrato efficaci per reprimere il fenomeno del caporalato, tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare nella fase preventiva”. Questo il commento all’operazione di oggi dei Carabinieri del segretario generale della Fai Cisl Basilicata, Giuseppe Romano, e del coordinatore territoriale Roberto Dolce. Per i due sindacalisti “un passo in avanti è stata la sottoscrizione nelle due provincie lucane dei protocolli sulla rete del lavoro agricolo di qualità che si pongono l’obiettivo di promuovere un approccio etico fondato sul rispetto della dignità delle persone e su una nuova visione della qualità che incorpora anche gli aspetti legati alla responsabilità sociale d’impresa. Il passo ulteriore da compiere è intervenire a valle della filiera agroalimentare, ovvero nel momento della commercializzazione, dove persistono strozzature che impediscono una più equa remunerazione dei prodotti agricoli. La strada da percorre è premiare le aziende che applicano regolarmente i contratti nazionale e provinciali di settore e che rispettano l’ambiente e i consumatori e punire con durezza chi sfrutta il lavoro e lede la dignità delle persone che lavorano. Allo stesso tempo sollecitiamo uno sforzo alle istituzioni locali non occasionale e non legato solo alle situazioni di emergenza per costruire un sistema integrato di servizi, dal trasporto all’accoglienza, per i tanti lavoratori migranti impiegati nei nostri campi che con il loro duro lavoro assicurano ogni anno la raccolta delle produzioni agricole lucane”.
I particolari dell’inchiesta
Moderni schiavi. Reclutati nella Sibaritide, sfruttati nei lavori agricoli, pagati quotidianamente con pochi spiccioli e usati in campagna come se fossero bestie da soma. La procura di Castrovillari, diretta da Alessandro D’Alessio, squarcia il velo sulle tristi condizioni di vita di decine di stranieri vittime dei “caporali” e di imprenditori senza scrupoli. Sedici le persone raggiunte da misura per effetto di una ordinanza emessa dal GIP di Castrovillari. In azione i carabinieri del colonnello Agatino Spoto. Impegnati i militari del gruppo territoriale di Corigliano Rossano e del Nucleo di tutela del lavoro coordinati dal tenente al colonnello Raffaele Giovinazzo. Sequestrate 6 aziende agricole e mezzi per un valore di 15 milioni di euro.
Le persone coinvolte nell’inchieta.
Antonio Dottore, residente a Cirò Marina;
Luigi Romano, residente a Crosia;
Giuseppe Laratta, residente a Crotone;
Slavcho Ivanov Metodiev, residente a Crosia;
Gennaro Buffone, residente a Corigliano Rossano;
Luigi Grillo, residente a Corigliano Rossano;
Alfonso Francesco Scarcella, residente a Corigliano Rossano;
Gaetano De Tursi, residente a Strongoli;
Pino Pugliese, residente a Crosia;
Aurelia Corina Oltreanu, residente a Crosia;
Pasqualino Giuseppe Piscitelli, residente a Crosia;
Giovanni Nardiello, residente a Policoro;
Pasquale Pometti, residente a Crosia;
Saverio Grillo, residente a Celico;
Salvatore Cipparrone, residente a Spezzano della Sila;
Pasquale Vulcano, residente a Crosia.
Un sistema strutturato
L’attività investigativa ha consentito di ricostruire, a livello di gravità indiziaria ed in attesa dei successivi sviluppi, attesa l’attuale fase di svolgimento delle indagini preliminari, la condotta posta in essere dagli odierni indagati in un periodo che va dalla seconda metà dell’anno 2018 fino al 2021, nonché di raccogliere, sul piano probatorio, le denunce dei lavoratori, vittime innocenti di un sistema ben organizzato e strutturato.
Anche minacce di morte alle vittime
L’indagine, sviluppata attraverso attività di tipo tradizionale anche di natura tecnica e correlati servizi di osservazione dinamica, le cui risultanze sono state corroborate dalle dichiarazioni rese dalle vittime successivamente escusse, ha cristallizzato la diffusione, in questo territorio, del fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori, mediante l’attività di reclutamento dei c.d. caporali, permettendo di:
– accertare il reiterato ricorso a minacce, anche di morte e ad atti di violenza da parte degli indagati per costringere le vittime identificate ad accettare la corresponsione di retribuzioni difformi alla contrattazione nazionale e territoriale (dai 15 ai 30 euro al giorno a fronte di oltre 12 ore di lavoro nei campi), prospettando loro che in caso diverso sarebbero stati licenziati;
– provare le responsabilità penali degli arrestati in ordine alle ripetute violazioni della normativa a tutela dei lavoratori in materia di igiene e sicurezza sui posti di lavoro (in guanto non sono stati mai sottoposti a visita medica neanche in caso di infortunio), orario di lavoro e riposi (che duravano tra i 10 e i 30 minuti). Addirittura, in un caso un è stata negata assistenza ad un lavoratore che si era stirato una gamba dopo aver caricato oltre 630 cassette di pomodoro;
– documentare come i caporali esigevano la restituzione di parte dello stipendio dai lavoratori e soprattutto come istruivano gli stessi lavoratori nel caso di un eventuale controllo di polizia. Nel corso delle investigazioni si è toccata dal vivo la drammaticità della piaga dell’intermediazione nel lavoro, al fine di sfruttare la manodopera di lavoratori di varie nazionalità (gambiana, nigeriana, rumena), costretti, per necessità e per bisogno, a subire condizioni di lavoro estenuanti, retribuito con paghe assai misere, sulle quali si approfittavano i “caporali”.
Sequestrate quote d’azienda a Cosenza, Crotone e Matera
I sequestri preventivi hanno riguardato beni e quote aziendali di 10 imprese operanti nel settore agricolo (4 persone giuridiche e 6 imprese individuali), di cui 4 ubicate in provincia di Cosenza, 5 in provincia di Crotone ed 1 in provincia di Matera nonché il sequestro di 5 veicoli ritenuti in sede di accusa, utilizzati da parte dei caporali per il trasporto dei lavoratori in nero, per un valore complessivo stimato di circa 15 milioni di euro.
L’inchiesta
L’inchiesta è scaturita da una complessa attività d’indagine avviata dalla Stazione Carabinieri di Mirto Crosia (CS), condotta in in stretta sinergia con i militari del Comando Carabinieri Tutela del Lavoro di Cosenza, ed ha permesso di disvelare il fenomeno dell’impiego di lavoratori in condizioni illecite da parte di diverse aziende dislocate tra la Regione Calabria (province di Cosenza e Crotone) e Basilicata (provincia di Matera).
Gli arrestati, dopo gli accertamenti di rito, sono stati portati nella Casa Circondariale di Castrovillari o posti, al regime degli arresti domiciliari, nelle rispettive abitazioni.