Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Gianni Palumbo sul contenimento della popolazione selvatica di cinghiale nel Parco Regionale delle chiese rupestri e della murgia materana.
Superficialità e cattiva gestione. Così inizia Gianni Palumbo una sua appassionata e seria disamina della situazione. E’ doppiamente “criminale” utilizzare l’attuale metodo (abbattimento con “selecontrollori”) scelto e attuato dall’Ente Parco Regionale
Doppiamente criminale, perchè? Il sistema politico-tecnico che nel passato ha prima prodotto l’errore madornale di effettuare i “ripopolamenti” a fini venatori è il medesimo, clientelare sistema politico-tecnico che determina oggi la chiusura del cerchio, l’abbattimento degli cinghiali ; nessuna interruzione di metodo. Ciò determina la continuazione di un “ciclo sporco” avviato con leggerezza da altri Enti pubblici che hanno introdotto specie di provenienza non autoctona poi sfuggita anche al controllo dei cacciatori.
Sarebbe opportuno che questo circolo vizioso e criminale fosse interrotto proprio da chi ha competenze in merito, quindi dall’Ente Parco della Murgia Materana.Sarebbe opportuno che ciò avvenisse urgentemente dal momento che siamo in pieno periodo di nidificazione degli uccelli, motivo per cui il disturbo arrecato dalla caccia al cinghiale diviene senza dubbio fonte di disturbo per gli uccelli nidificanti, sia di specie rare e protette, che di specie comuni. Non dimentichiamo infatti che l’area del Parco della Murgia Materana è IBA (Important Birds Area) e ZPS (Zona di Protezione Speciale ).
Gianni Palumbo continua dichiarandosi certo che l’attuale gestione dell’Ente Parco, che nessuna responsabilità ha circa i ripopolamenti effettuati in passato ed estranea a tale meccanismo,saprà adottare una soluzione radicalmente differente.
E’ necessario contenere la popolazione di Cinghiale per ridurre e limitare i danni da questi arrecati e soprattutto per ridefinire equilibri ecologici che questa specie tende a sconvolgere a proprio favore; ciò però va fatto con metodi meno cruenti, scientificamente efficaci e fuori da logiche criminali di stampo ottocentesco, come sovente capita a proposito di problematiche analoghe, soprattutto a Matera e più in generale in Basilicata.
Sarebbero auspicabili il blocco urgente e definitivo di questa mattanza e la contestuale costituzione di una Commissione tecnico-scientifica che analizzi a fondo la problematica. E’ quindi necessario condurre, fin da subito, campagne di studio che determinino l’attuale consistenza quantitativa della specie al fine di permettere, conseguentemente, l’adozione di sistemi di contenimento differenti da quello scelto inopportunamente e portato avanti in questi mesi.
Nel merito tecnico è utile ricordare che il cinghiale è in grado di adattarsi e vivere in qualsiasi ambiente in grado di soddisfare la propria esigenza alimentare e quindi qualsiasi ambiente che abbia una sufficiente copertura vegetale utile a fornire rifugio, cibo e acqua.
Prima di un qualsiasi piano di contenimento credo sia giusto e opportuno effettuare precisi studi per la verifica dell’impatto sulle fitocenosi forestali e sulle biocenosi in generale. Come è stato deciso il piano di abbattimento in corso in questi mesi? Sulla base di quali studi scientifici? Una volta nota la dinamica della popolazione di cinghiale presente nel territorio del Parco (e imprescindibilmente nei territori limitrofi) potrà essere possibile identificare i metodi da adottare per il contenimento della specie. Qualsiasi sia il metodo che si sceglierà non si potrà non tener conto della struttura di popolazione e dell’incremento annuo (dato anche quest’ultimo sconosciuto per la popolazione locale).
Forse non tutti sanno che in una popolazione soggetta ad una intensa attività e prelievo venatorio le femmine di cinghiale si riproducono più precocemente e ciò permette quindi un ringiovanimento di popolazione, pertanto nel medio periodo il rischio è di ottenere l’effetto opposto. E’ quello che probabilmente accadrà alla popolazione a cui attualmente si sta sparando.
Va valutato, ancora, l’impatto con l’opinione pubblica e non può essere indifferente all’Ente Parco. Non è l’abbattimento il metodo da utilizzare, sono sufficienti le proteste e le polemiche fin qui sollevate dalla vicenda a dimostrarlo, anche se occorreva prevenirlo. Ma ora è bene procedere nella direzione giusta.
E’ una nota accorata e ragionevole quella di Gianni Palumbo a chi di competenza per le opportune considerazioni e trarre le dovute conclusioni.