Comitato per il diritto alla salute pubblica Tricarico, Associazione Auser Grassano, Associazione nuova sanità e benessere Stigliano, Collettivo donne Matera e Comitato per la difesa ospedale Tinchi in una nota congiunta presentano proposte per risolvere le criticità che riguardano la Sanità in Basilicata. Di seguito il testo integrale.
Ribadendo le ormai note condizioni critiche in cui versa il Sistema Sanitario Regionale (tasso di emigrazione sanitaria anche per patologie medio-basse,liste di attesa, strumentazioni tecniche obsolete o in disuso, etc.) che la pandemia da Covid-19 ha solo accentuato, ma non determinato, perché il percorso di involuzione è in atto da oltre un decennio sia per una costante riduzione dei fondi nazionali per la sanità, sia per il blocco del turn-over del personale,sia per le politiche di razionalizzazione della spesa sanitaria,ma anche per errata programmazione sanitaria regionale e, considerando le altrettanto note condizioni orografiche della regione, il calo lento ma continuo della popolazione residente, il decremento delle nascite e l’aumento dell’età media dei residenti, diventa importante trovare dei punti comuni validi per tutto il territorio regionale per contribuire alla elaborazione del nuovo piano sanitario regionale già in via di definizione.
E’ importante mettere in luce 2 punti fondamentali per un piano sanitario adeguato a soddisfare i fabbisogni dei cittadini:
1. La sanità deve essere essenzialmente pubblica;
2.Il diritto alla salute prescinde dalla logica dei numeri, del ceto sociale, delle condizioni economiche e del posto in cui si vive e, pertanto, il sistema sanitario non va gestito con la logica aziendalistica.
Riteniamo
Che priorità assoluta, prima ancora di parlare di nuovo piano sanitario, sia quella di un piano di assunzioni che copra i vuoti abissali delle piante organiche sia sanitarie che parasanitarie ed amministrative e, contemporaneamente dotarsi di tecnologia adeguata e diffusa sul territorio.
Se ciò è vero per gli ospedali per acuti lo è ancora di più per i distretti sanitari diffusi sul territorio e per gli ospedali distrettuali con le loro competenze e con personale e dotazioni tecniche sufficienti, sia i primi che i secondi presidi indispensabili per una vera Medicina territoriale, ma in completo abbandono e al limite della funzionalità.
Che dire ad esempio della completa scomparsa dei consultori famigliari istituiti con legge nazionale 405/75 e legge regionale n°7/77 come presidi socio-sanitari di prossimità e libero accesso senza prescrizione medica, in rapporto di 1 consultorio ogni 20.000 abitanti con servizi a tutela del benessere psico-fisico della persona, riducendocosì le disuguaglianze e le discriminazioni.
Per quanto riguarda il “nuovo piano sanitarioin itinere” riteniamo che i parametri nazionali previsti non siano applicabili in una regione con le nostre caratteristiche;non è condivisibile l’ipotesi di una ASTUR (azienda sanitaria unica territoriale regionale) e di una AOUR (azienda ospedaliera unica regionale) perché oltre a non affrontare le criticità del sistema sanitario regionale amplifica una organizzazione accentratrice con forte danno per le aree interne e periferiche.
Se è vero che la politica sanitaria regionale vuole privilegiare la medicina territoriale, cioè portare i servizi dove sono le persone e non le persone dove sono i servizi, come è possibile pensare alla riduzione dei distretti sanitari di 2° livello da 9 a 5?
Riteniamo infine che tutto il “nuovo previsto” (infermiere di comunità, casa di comunità, ospedale di comunità, etc.)debba implementare e non sostituire l’esistente.