Il materano Mario Scalcione, in occasione dei 30 anni della strage di Capaci, ha inviato alla nostra redazione alcune riflessioni sulle questioni che riguardano la legalità e la lotta alla mafia. Di seguito il testo integrale.
La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. Oggi ricordiamo tutti il sacrificio di uomini e donne sacrificate sull’altare di un mondo migliore.
Valori di Legalità, Giustizia, Uguaglianza, Verità, Libertà e Pace sono ancora mete irraggiungibili, non si può non tacere oggi, davanti all’ipocrisia che i vari uomini e donne delle istituzioni, che oggi ci dispenseranna dei loro sermoni pieni di belle parole, ma vuote nei contenuti.
La Mafia con la coppola non è invincibile, la cultura mafiosa non riguarda solamente la mentalità della criminalità organizzata ma ha un’accezione più ampia poiché con essa s’intende la negazione delle regole sociali a favore delle regole private e familistiche.
E’ più difficile battere la cultura mafiosa ben annidata nelle istituzioni, ci sono uomini e donne delle Istituzioni che ne hanno fatto un dogma nel loro modo di agire e di pensare. Non esagero se ho constatato che la Legalità per questi uomini e donne delle Istituzioni sono una parola quando la divugano nei convegni e nelle celebrazioni, ma se qualcuno la pretende da loro, fanno due cose ben precise.
Come la mafia con la coppola sono omertosi o agiscono non con le bombe ma con carta e penna, con il loro potere legittimato dalla loro occupazione di incarichi pubblici.
Ma io non demordo, non lotto per qualcosa di materiale, si può vivere senza pane ma non riesco a vivere senza la mia dignità e lotto per essere un uomo libero e uguale nella mia terra.
Sono consapevole di affrontare da solo un Sistema che ha fatto della cultura mafiosa il suo pane quotidiano, invece di avere come pane quotidiano la ostra Carta Costituzionale, ma so che noi che lottiamo contro il Sistema dobbiamo essere forti, sopportare la solitudine, le malelingue e il disprezzo del tessuto sociale che ci circonda, la nostra unica colpa è che non ci rassegniamo.
Io non sono né Falcone né Borsellino, soo un uomo che fa la sua piccola parte per la Legalità, per la Giustizia e per la Verità,
Onoro con la mia piccola resistenza il sacrificio di Falcone, di Borsellino e degli uomini e delle donne che hanno dato la vita per proteggere questi uomini.
Un sincero ringraziamento alla Questura di Matera e agli uomini e donne della Digos, che sono stati gli unici nelle Istituzioni che hanno compreso gli scopi e i motivi della mia lotta.