Giovedì 26 maggio Maddalena Bonelli, medico e scrittrice originaria di Grassano, ha presentato nella sede dell’Auser di Grassano il romanzo corale “A calci e morsi”. All’incontro hanno partecipato l’assessore alla cultura Valeria Malvinni mentre hanno conversato con l’autrice Antonio Bronzino e Mariangela Giacoia.
Numerosi i presenti e molto positivi i commenti, gli aneddoti e i ricordi del tempo in cui la vita dei contadini si basava su regole rigide e completamente avulse dall’odierna realtà.
‘A calci e morsi’ è un romanzo forte, ‘bilioso’, che tra mille contrasti e sporgenze fa pensare. A volte è truce, comunque sempre interessante. Non un affresco o un pastello ma una incisione scavata in profondità nell’argilla. – Giovanni Caserta.-
E’ un libro che vien voglia di leggere tutto d’un fiato per sapere come va a finire. Molto belle e calzanti le descrizioni, fin nei minimi particolari, dei personaggi e dei luoghi in cui si svolgono i fatti: sembra di essere all’interno delle storie.
Fatti e personaggi ci portano nel cuore della la storia e della cultura Lucana degli anni trenta e quaranta, storia che non va dimenticata poiché nel passato sono le ragioni del nostro futuro. Un patrimonio che va protetto e tramandato alle generazioni future.
Ed è per questo che il libro merita di essere portato nelle scuole, dalle medie alle superiori.(Francesco Brnzino)
L’autrice già conosciuta per la raccolta di poesie “Giorni scalzi” e per il romanzo “Ciro nella grotta dei pipistrelli racconta:
“Per questo romanzo mi sono ispirata a persone e storie reali da cui ho preso in prestito anche termini dialettali e soprannomi che meglio illustrano gli affreschi di vita quotidiana di quei tempi.
E’ rivolto soprattutto ai giovani perché sappiano chi eravamo e da quali tenaci radici sono stati generati, ma anche ai meno giovani, alla generazione della II guerra mondiale e a quelli come me che ricordano i poveri sogni della gente comune che nel primo mezzo secolo scorso contribuì a cambiare il destino amaro e in apparenza immutabile dei contadini del sud.
Ho voluto raccontare, con un linguaggio adeguato alla storia, il modo di vivere dei contadini del sud, non attraverso l’occhio di chi guarda dall’esterno, come Carlo Levi per intenderci, ma dal punto di vista e con le parole di un ‘cafone’ che ha vissuto in quel tempo e in quel luogo in prima persona.
Sono tornata indietro nel tempo, a quando correvo scalza per le campagne in cerca di talpe, camomilla, more etc. e cavalcavo spericolata l’asina dei nonni, e mi sono resa conto che la mia vita di allora somigliava molto all’infanzia di mamma.
Poche erano le differenze. I veri cambiamenti sono iniziati dopo gli anni sessanta con l’arrivo dei soldi degli emigrati e quindi della TV, dei gabinetti in casa, dell’acqua corrente e di tutte quelle comodità che l’industrializzazione aveva già portato negli altri stati e in parte dell’Italia oltre 50 anni prima.
Il romanzo inizia nel 1933 con la nascita di Ritella, e termina, per ora, con la fine della guerra che rappresenta il primo ingresso del sud profondo nell’era moderna.
La crescita, la maturazione e la presa di coscienza dei cinque giovani protagonisti è specchio del processo di evoluzione che in quegli anni difficili portò la gente del sud, con un balzo mai visto, dal buio del medioevo alla consapevolezza di un mondo diverso e moderno e alla rivendicazione del diritto di esistere come parte attiva della realtà.
E’ dunque un romanzo di formazione ma anche storico e antropologico poiché la storia di Cenzino e degli altri giovani protagonisti, che passano dall’innocenza dell’infanzia alla consapevolezza di giovani adulti con sogni nuovi e nuove ambizioni, va in parallelo e riflette l’evoluzione della storia lucana di quegli anni difficili in cui, in modo tragico e repentino, la nostra regione varca la soglia dell’inconsapevolezza per atterrare nell’Europa moderna e industriale, con tutti i suoi conflitti e gravi carenze.
Un amore osteggiato, il ritrovamento di un morto ammazzato e i tentativi di un industriale del Nord di realizzare aziende moderne in terre arretrate e malariche, sono gli ingredienti che danno sale alle storie di tre famiglie dell’entroterra lucano, dove si vive come nell’anno mille, fra fatica quotidiana, sofferenze e ingiustizie sociali oggi quasi inconcepibili.
I personaggi principali sono 5 ma altre storie scorrono sullo sfondo, storie di violenze e storie di solidarietà fra donne.
Per questo libro ringrazio i tanti che hanno scritto o mi hanno parlato della storia lucana fra cui: Antonio Martino, Antonio Bolettieri e Carmela Biscaglia ma soprattutto ringrazio mio padre, poiché prima di morire mi fece dono di quattro quaderni di memorie a cui ho attinto in abbondanza.
“A Calci e morsi” è anche suo.”