Il materano Francesco Paolo Francione in una nota analizza il linguaggio politico che riguarda il conflitto tra Ucraina e Russia. Di seguito la nota integrale.
Nella sala trasmissione della TV di Mosca, una giornalista coraggiosa fa irruzione con un cartello “No War”, proprio mentre la speaker legge il Notiziario e in-forma la popolazione sull’andamento della “operazione militare speciale” decisa dal Governo; a Rimini, si svolge il raduno degli alpini in un clima di festa e di allegria generale in cui, però, non mancano episodi di molestia verso le donne.Il Ministro della Difesa dichiara urbi et orbi che li giudica “ gravissimi”. A Mariupol, il famigerato battaglione di Azov, accusato di nazifascismo, ha deposto le armi e si è arreso all’esercito russo. Nel linguaggio ufficiale si preferisce il termine “Evacuazione” e “Obbedienza” all’ordine del Presidente; ” La pagherà quel maledetto maiale” , è la ridicola espressione usata da donne e uomini al vertice del governo in Europa e nell’Occidente per riferirsi al Capo della Federazione Russa; su un canale TV Mediaset, il giornalista Giuseppe Brindisi intervista il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov ma, qualche giorno dopo, il capo del governo italiano definisce quell’ intervista “oscena e aberrante”; il segretario di un partito che lo sostiene la giudica “un’onta per l’Italia intera”.
Questi ed altri consimili episodi riportano in primo piano lo studio critico della società effettuato attraverso l’analisi linguistica: questa consiste nel tentativo di “ liberare certe parole ( e quindi i concetti che ad esse corrispondono) dalla completa distorsione del loro significato nell’uso che ne fa l’establishment”.
L’autorevolezza di colui che invia il messaggio e la risonanza enorme dei mezzi di comunicazione che lo diffondono e lo dilatano a dismisura, fanno sì che la “linguistica politica” diventi, di fatto, una “ corazza dell’establishment” , cioè uno scudo a difesa della visione politica e culturale del potere costituito.
Ciò è oltremodo palese allorquando il messaggio, dal potere stesso che l’ha per prima inviato, viene riconosciuto come fake news; ( in ritardo, però, quando i suoi effetti disastrosi sono ormai una “missione compiuta”: è successo per scatenare la guerra contro l’Iraq nel 2003, provocando la morte di centinaia di migliaia di persone, in maggioranza civili).
“La fabbrica di fake news, con i suoi meccanismi subdoli ed efficaci, nutre anche l’irrazionale, enfatizza la semplificazione e la polarizzazione: schierarsi non significa affatto consapevolezza e comprensione! “ (Matteo Maria Zuppi, Il Fatto Quotidiano, 19 maggio,p. 17)
Ritornad’attualitàl’analisi sociologica elaborata da un filosofo che cercò di interpretare il significato delle contestazioni giovanili nelle Università nordamericane alla fine degli anni ’60.Egli avvia l’analisi critica partendo dalla categoria della <oscenità>, “ un concetto morale che appartiene all’arsenale verbale dell’establishment” che tende a far prevalere, di quella parola, il significato più consono alle sue strategie politiche ed economiche.
Viene, perciò, giudicata oscena“ la foto di una donna nuda”, ma esaltante quella di “un generale vestito di tutto punto che sfoggia le medaglie della campagna del Vietnam”; viene condannato come osceno il rituale degli hippies, ma degno di rispettoso ossequio quello del “ dignitario della chiesa il quale dichiara che la guerra è necessaria per mantenere la pace “.
E’, di conseguenza,difficile che questo tipo di società possa vedere tratti di “oscenità” nel fatto che essa produce e vende armi sempre più sofisticate sul mercato interno ed estero; ritiene anzi suo dovere ricreare le condizioni perché il mercato sia sempre più florido.
Il potere costituito, in sostanza, tende a circoscrivere il significato delle parole in coordinate appositamente costruite e ne definisce il significato primario per la vita sociale: cosa sono gli ideali e i valori, cosa è violenza e cosa giustizia, cosa democrazia e cosa dittatura, cosa è civiltà e cosa barbarie. E, naturalmente, con tali concetti viene costruita la struttura della narrazione pubblica e istituzionale che rimane identica pur nel multiforme sistema d’informazione.
Il compito di un “ pensiero critico” dovrebbe essere quello di avviare una <terapia linguistica> per ridare alle parole un significato più rispondente alla realtà, o almeno per controbilanciare la linguistica ufficiale facendo intravedere la possibilità di un significato diverso delle parole in una narrazione disomogenea.
Benchè poche e isolate, tali voci non mancano: e così,quell’intervista al Ministro Lavrov a molti giornalisti appare correttamente condotta da un buon professionista; molti cittadini non vi trovano traccia di <onta> e, meno che meno, per< l’Italia intera>; giudicano, anzi, quell’affermazione un esagerato prezzo pagato alla propaganda politica e proprio da una fonte inattesa.Molti ritengono < il maiale la pagherà> una espressione fumettistica usurpata ai ragazzi che giocavano alla guerra di banditi contro indiani negli anni ’50;la mancanza di rispetto verso le donne da parte di sedicenti Alpini, ove accertata, verrà perseguita dalla magistratura, ma alcuni pensano che “ gravissimo” oggi sia soprattutto l’invio di armi che prolunga la guerra invece di bloccarla.
E’ vox autorevole ma clamans in deserto, infine,la narrazione di colui che ritiene che l’Occidente e la Nato, abbiano “abbaiato alle porte di Mosca”, facilitando se non provocando l’ira dell’aggressore; abbondano, invece, i secredenti storici che nel calderone della Resistenza confondono Paesi, circostanze e tempi.
Il governo di Pericle, secondo Plutarco, fu definito, nelle sue varie fasi, monarchico e tiranno, oltre che demagogico e democratico: nella sostanza, però, si rivelò un baluardo per la difesa della città di Atene anche perché riuscì a impedire che la corruzione si infiltrasse nel tessuto dello Stato. Risplendeva nel comandante ateniese la < Praotes> , la mitezza , la virtù di chi ha emozioni forti ma le tiene sotto il controllo dell’intelletto, imponendosi di non cedere all’ira e allo spirito di vendetta “ . Un modello per il governo dell’Europa poiché i Padri fondatori la sognavano fulcro di pace e di cooperazione, capace di mettere al bando le armi di tutti gli eserciti, per impegnare l’ intelligenza degli uomini nella cura della Terra, questa piccola casa comune abitata da pochi nababbi e da una moltitudine di mendicanti.
(N.B. Le citazioni sono tratte da H. Marcuse, Saggio sulla liberazione, Einaudi 1969)
Francione Francesco Paolo