Dal Protocollo d’intenti tra Regione Basilicata Eni e Shell nessuna svolta epocale. La vera sfida è mettere in campo un reale modello di sostenibilità ambientale nelle aree di estrazione e progettare un concreto scenario futuro oltre gas e petrolio affinché per la Val d’Agri nel 2029 il fossile possa rappresentare solo il passato”. Di seguito la nota integrale.
Dopo la definitiva sottoscrizione del Protocollo d’intenti tra Regione Basilicata, Eni e Shell sulle “Misure compensative per la sostenibilità ambientale e lo sviluppo del territorio regionale” relativi alla concessione Val d’Agri, è opportuno chiedersi cosa cambia per quel territorio e per la Basilicata e provare a immaginare le prospettive per i prossimi sette anni, cioè fino alla data di chiusura della proroga di concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi fissata al 26 ottobre 2029.
“L’Accordo – sottolinea Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – frutterà alla Basilicata fino al 2029, in totale, circa 500 milioni di euro (in parte dipendenti dal prezzo del petrolio greggio) di cui quasi 190 milioni di euro saranno contributi per il finanziamento di progetti di sviluppo sostenibile. In aggiunta gli Accordi prevedono che alla Basilicata saranno consegnati 160 milioni di metri cubi di gas all’anno. La novità più rilevante, ma largamente attesa sta qui: infatti la Regione Basilicata ha deciso su questa partita di prendere la strada più facile e scontata, cioè quella di utilizzare tale opportunità di gas naturale gratis per garantire riduzioni sulla bolletta energetica dei lucani. In attesa di capire come, quando e a chi verrà concesso il ristoro, non possiamo non constatare che una misura di questo tipo, pur in qualche modo sollecitata dai rincari dei costi energetici dell’ultimo anno, rappresenti un disincentivo verso soluzioni più strutturali di lotta alla povertà energetica e alle bollette esorbitanti. Ci auguravamo insomma non solo sostegni temporanei che rischiano di vincolarci pericolosamente ad una fonte fossile, ma soprattutto il finanziamento di interventi in grado di incidere in modo più definitivo, per esempio nell’ambito dell’efficientamento energetico e dell’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento domestico o anche azioni in favore della costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili. Insomma misure che avrebbero bisogno dell’intelligenza della politica piuttosto che della ricerca della facile soluzione e del mero consenso popolare”.
Per quanto riguarda i 190 milioni destinati a progetti di sviluppo, a parte le indicazioni generiche di finalizzazione delle risorse economiche a non meglio precisate azioni di sostenibilità ambientale e sviluppo di attività economiche “no oil”, è opportuno sottolineare che quasi la metà di queste risorse saranno destinate a progetti promossi e realizzati da Eni e Shell, che peraltro si premurano curiosamente di avvertire (e sarebbe interessante capirne le ragioni) che “nessuna disposizione del presente Accordo Progetti di Sviluppo potrà essere intesa nel senso di limitare o incidere sul diritto dei Contitolari (Eni e Shell) ad accedere agli idrocarburi nei limiti di quanto stabilito in Concessione”.
Questo è il contenuto degli Accordi e ciò che si prefigura a breve. “Altra cosa – continua Lanorte – è provare ad immaginare cosa succederà nei prossimi sette anni perchè di quello non c’è traccia né qui né altrove (come per esempio nel Piano Strategico Regionale). Sul tema della sostenibilità ambientale non conosciamo le azioni che si intendono mettere in campo per garantire quelle condizioni di sicurezza risultate clamorosamente carenti in oltre 20 anni di estrazioni fossili. Sarebbe fondamentale capire adesso in che modo la Basilicata intenda recuperare il tempo perduto sul fronte dei controlli, della sicurezza e delle bonifiche, costruendo un moderno sistema di monitoraggio, controllo e ripristino ambientale ed adottando organicamente strumenti di valutazione e prevenzione. Un sistema accompagnato da regole e procedure certe e gestito dalla mano pubblica in grado di dettare la linea a prescindere dai forti interessi economici in gioco”.
“Poi – sostiene ancora Lanorte – rimane il tema dello sviluppo delle attività economiche “no oil”, che peraltro sono strettamente legate ad una data di fine delle estrazioni di gas e petrolio in Val d’Agri. E’ possibile allora ipotizzare dopo il 26 ottobre 2029 uno scenario oltre il fossile? Fra sette anni è presumibile oltre che auspicabile immaginare che il modo di produrre e consumare energia possa essere molto diverso da quello attuale e basato su energie rinnovabili ed efficienza energetica. Sarebbe paradossale dover ridiscutere in quella data il rinnovo di Accordo per una concessione di estrazione di idrocarburi. Allora è necessario programmare lo scenario Val d’Agri 2029. Ma bisogna farlo fin da ora per evitare i rischi di desertificazione industriale e occupazionale che si sono drammaticamente materializzati altrove. E lo scenario Val d’Agri 2029 deve essere senza nessun dubbio e ambiguità lontano dagli idrocarburi. Per questo noi chiediamo realisticamente, ora, la messa in campo di una strategia di rinuncia a gas e petrolio in Val d’Agri da completare fra sette anni. Al momento verifichiamo l’assenza di qualsiasi indicazione sul come, quando e verso dove si vuole andare per costruire un futuro fossil-free in Basilicata, che possa servire anche come buona pratica da replicare a Tempa Rossa. La riconversione produttiva “oltre” il fossile deve puntare sulla bioeconomia, sulla chimica verde e sulle rinnovabili. Su questi temi servono progetti reali attraverso cui la Regione Basilicata e i grandi gruppi industriali del settore che oggi viene denominato oil&gas, avviato ormai verso una crisi inesorabile, possono innescare nuove dinamiche di sviluppo attraverso una giusta transizione. per garantire un futuro davvero sostenibile in grado di generare più occupazione.