Riportiamo di seguito alcune considerazioni del materano Donato Lamacchia in cui sostiene che la Festa della Bruna di Matera possa essere proposta per il riconoscimento di “Patrimonio immateriale dell’Umanità”. Di seguito la nota integrale.
Vorrei svolgere alcune considerazioni sul significato di restauro di un elemento materiale del passato. Si prenda il caso di una grotta adibita a stalla per ricovero animale. Di essa si vuole fare una sala per ristorazione. Il progettista dispone i cambiamenti necessari per attribuire a questo sito la nuova funzione: dispone i nuovi elementi di rifinitura di pareti e pavimenti e dota il sito stesso di tutti gli elementi per rendere l’ambiente igienico ed accogliente. Un buon restauro però non cancella tutti i segni del passato, importanti richiami a ciò che era la funzione precedente sono necessari perché la nuova funzione non cancelli il legame con quanto quel luogo racconta della vita e della storia vissuta. Non vengono insieme al cambio di funzione stravolte completamente le forme e i segni del passato.
Vale questo discorso anche per i beni immateriali? Secondo me sì. Questo ragionamento infatti lo applico anche al caso della festa della Madonna della Bruna. Si prenda in esame la Processione dei Pastori. Cosa cambia nella funzione odierna dell’evento rispetto al passato? Innanzitutto i partecipanti non sono più i pastori che realmente partecipavano ai tempi quando questa attività era diffusa e molto praticata, come è ovvio. Anche lo spirito di partecipazione è mutato. Oggi, insieme ai devoti la stragrande maggioranza dei partecipanti è motivato da ragioni extra religioso: l’aria fresca del mattino, partecipazione ad un evento che coinvolge emotivamente il cittadino sensibile alla storica festa, ecc. Come nel caso del soggetto materiale questi cambiamenti non possono però coinvolgere anche i simboli più importanti. Per me uno di questi è il luogo dove l’evento accade cioè i Sassi. Portare la processione fuori dai Sassi è uno stravolgimento del carattere più iconico che ricorda e riproduce l’anima e il significato più profondo dell’evento. Scindere l’evento dal luogo naturale di esecuzione dello stesso ne stravolge la natura trasformandolo in rito demitizzato e lo rende feticcio modernista. Stesso discorso vale per i fuochi d’artificio di chiusura della festa. Essi hanno rappresentato per decenni un evento decisivo di tutto il corredo di riti che accompagnano la festa. La festa nacque nei Sassi e con essa si identifica in modo indissolubile. Pertanto anche l’evento di chiusura della stessa non può essere cancellato. L’unicità di colori, luci ed effetti sonori con lo sfondo estasiante degli antichi rioni o della maestosa cattedrale non possono essere cancellati, pena l’amputazione di un importante pezzo di emozioni, suggestioni e patos che la festa genera e vuole realizzare. Si pensi anche all’effetto di imperdibile attrazione scenografico per i turisti…
Stesso discorso vale per gli atri elementi costituenti la festa, cavalli e cavalieri, luminarie (suggerisco di eliminare il roboante mix di effetti psichedelici con associata musica da attrazione per parchi giochi…), carro, musica bandistica, fiera, ecc.
Insomma il criterio principe è la conservazione di autenticità e la conservazione di un valore etnico, ricco di significati antropologici che vanno meglio analizzati da esperti in modo da comporre un unico simbolo iconico “Sassi-Festa della Bruna”. Festa che, non credo di sbagliarmi, possa essere proposta per il riconoscimento di “Patrimonio immateriale dell’Umanità”.
Si rende necessario quindi che nelle strategie di sviluppo centrato sull’ipotesi di città vocata ai temi dell’arte e della cultura la festa sia considerata uno dei cardini principali da non disperdere o depauperare.
Ne sono consapevoli le istituzioni e la politica?