Autonomia differenziata, intervento di Consiglieri regionali Carlucci, Leggieri e Perrino (M5s).
Ormai da anni il Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie sta lavorando ad una bozza di legge quadro di attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Per i nuovi trasferimenti di autonomia regionale verrebbe adoperato il criterio della spesa storica, rimandando solo a una fase successiva la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e il necessario calcolo dei fabbisogni standard, che dovrebbero essere invece prioritari e adeguati alla necessità di ridurre il gap storico tra le parti del Paese.
Su questo tema il Movimento 5 Stelle di Basilicata ha affermato da tempo che, ai fini della concreta applicazione di tale disposizione, occorre definire previamente i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), condizione necessaria per il trasferimento delle funzioni e delle risorse corrispondenti.
Il Gruppo regionale pentastellato ha, fin da subito, espresso la sua assoluta contrarietà di creare “regioni di serie A e di serie B”. In pratica, una concessione di maggiore autonomia non deve poter favorire le regioni più ricche ma deve garantire i servizi essenziali in misura uguale a tutti i cittadini. Le richieste di maggiore autonomia avanzate da alcune regioni dovrebbero andare di pari passo sia con i principi di parità dei diritti dei cittadini che con l’unità sostanziale del nostro Paese.
Il prof. Gianfranco Viesti ha analizzato il fenomeno delle autonomie regionali e dell’unità nazionale, evidenziando che si tratta di un processo che può influenzare e modificare sia i principi di parità dei diritti di cittadinanza degli italiani che il funzionamento di alcuni grandi servizi pubblici nazionali, come ad esempio il settore della scuola. L’analisi condotta da Viesti dal titolo “Verso la secessione dei ricchi?”, ci presentata i vantaggi e gli svantaggi dei processi di decentramento di poteri pubblici verso le regioni e dà conto delle materie nelle quali è richiesta una maggiore autonomia, come nel caso della scuola.
Una maggiore autonomia concessa alle regioni economicamente più ricche e con un maggior gettito fiscale, potrebbe portare le regioni economicamente più in difficoltà, quelle del Sud, a non poter assicurare adeguati servizi pubblici essenziali, quali l’istruzione e la sanità.
Occorre senz’altro dare una celere risposta ai territori che chiedono maggiori condizioni di autonomia, basando il conteggio dei fabbisogni sulle oggettive esigenze di un territorio e di una popolazione.