Il giardino del Centro Sociale Anziani di Scanzano Jonico è diventato, per un pomeriggio, un luogo attivo di confronto per l’intera comunità del Metapontino che si è interrogata sulla necessità di farsi voce unica contro la criminalità organizzata. L’occasione è stata un’assemblea pubblica indetta da Libera Basilicata e dalla parrocchia di Scanzano Jonico alla presenza, tra gli altri, di don Antonio Polidoro e di don Marcello Cozzi, della referenza regionale di Libera e di attivisti di molti presidi lucani, di associazioni, mondo della scuola, giornalisti, rappresentanti istituzionali, Forze dell’Ordine e tanti cittadini.
”Sono a Scanzano Jonico da 15 anni- ha detto don Antonio Polidoro- e situazioni gravi e malavitose ce ne sono state. Di questo ne dobbiamo prendere atto. E dopo averne preso atto dobbiamo capire in che modo possiamo, noi tutti, collaborare affinchè sia fatto il bene per questa comunità”. L’appello all’unità e alla collaborazione si mescola all’appello a non piegare la testa e a farsi portatori e promotori di quella che è stata definita la ”benevita organizzata”.
Numerosi gli interventi arrivati dalla platea che hanno evidenziato, tra le altre cose, quanto sia necessario avere la celere e costante collaborazione con il mondo istituzionale, in passato forse sordo alla richiesta di aiuto arrivato anche attraverso chi ha denunciato. Ma ci sono anche donne e uomini in divisa, carabinieri, finanzieri, poliziotti e poi magistrati, che invece stanno lavorando portando a casa importanti risultati. Commovente il momento in cui, nel ricordare la strage di via D’Amelio e l’agente di scorta Emanuela Loi, don Marcello Cozzi ha voluto ringraziare con un applauso due carabiniere presenti all’incontro.
L’assemblea, organizzata da tempo, arriva a pochi giorni dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Matera che ha condannato diversi esponenti del clan di Gerardo Schettino (tra cui egli stesso) e che ha di fatto confermato la presenza mafiosa nel territorio. ”E’ importante essere qui non solo alla luce dell’ultima sentenza- ha detto don Marcello Cozzi- ma bisogna starci tutti i giorni. Ed è responsabilità nostra consolidare i percorsi su questo territorio. Chiamare la Mafia per nome è il primo passo, senza condannare in maniera definitiva chi ha sbagliato ma dando loro una seconda possibilità, sempre”.
In una comunità, soprattutto in quelle piccole, in cui vengono consumati atti criminali come quello che da anni sta accadendo nel Metapontino, il dolore ha sempre due facce: ha la faccia delle vittime di questi atti criminali ma ha anche la faccia delle famiglie di chi questi atti li ha compiuti.
”Dobbiamo operare insieme- ha detto don Antonio- per fare bella la nostra comunità ed evitare che, come successo in passato, si possano annidare forme malavitose che rovinano il tessuto sociale e non danno ragione della laboriosità e della forza di questo popolo”.