Si chiama “Anni Settanta” e contiene ovviamente tutte le opere realizzate in questo periodo la nuova mostra con le opere dell’artista materano Ginetto Guerricchio. E’ stata presentata questa mattina Ferrara Art Gallery in Via Rocco Scotellaro 8 a Matera. In esposizione oltre trenta opere realizzate dall’artista materano con la tecnica ad olio e tecniche miste e una quindicina di grafiche.
All’incontro con i giornalisti hanno partecipato il gallerista Giuseppe Ferrara e i due curatori della mostra Mariadelaide Cuozzo, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università degli Studi della Basilicata, e Michele Saponaro, storico dell’arte del Ministero della Cultura a riposo e Antonio Guerricchio, nipote di Ginetto.
La mostra resterà aperta fino al 13 agosto tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20.
«La forma delle cose mi turba»: potrebbe essere questo il sottotitolo della mostra di Luigi Guerricchio Anni Settanta che si inaugura Venerdì 8 luglio 2022, alle ore 19.00 a Matera, nella Galleria Ferrara [Via Rocco Scotellaro, 8].
La citazione, ripresa da Mariadelaide Cuozzo nel titolo del suo saggio pubblicato nel catalogo, edito da Torre di Nebbia, appartiene all’autore delle 41 opere [23 dipinti, 8 tecniche miste e 10 grafiche] esposte in galleria.
«Nato nel 1932, Guerricchio appartiene – è sempre la Cuozzo a scrivere – a quella generazione di artisti lucani che esordirono negli anni Cinquanta sotto la fondamentale influenza intellettuale di Carlo Levi, Rocco Scotellaro, Leonardo Sinisgalli, Ernesto de Martino e della cultura politica di segno meridionalista. La sua storia fu inizialmente caratterizzata da un nomadismo cosmopolita, da allontanamenti e ritorni, da viaggi, contatti e conoscenze fondamentali che gli consentirono di allargare i propri orizzonti culturali».
La mostra, promossa da Enzo Ferrara, con la collaborazione di Antonio Guerricchio (geloso, attento e amorevole custode dell’Archivio Guerricchio), è curata dalla professoressa Cuozzo (Docente di Storia dell’arte contemporanea dell’Università degli Studi della Basilicata) e da Michele Saponaro (Storico dell’arte del Ministero della Cultura a r.), che negli anni Ottanta ha conosciuto e frequentato – insieme ai “compagni” di Altamura – Luigi Guerricchio, fino al suo ultimo e fatidico giorno di vita: Matera, Caffè Hemingway, 25 giugno 1996, presentazione del Mercante della Mugia.
Ma tornando al tema della mostra – è sempre la Cuozzo a scrivere – «tra la fine degli anni Sessanta e gran parte degli anni Settanta, in un momento apicale della produzione figurativa di Guerricchio, ben rappresentato dalle opere inedite selezionate, si apre una fase di intenso sperimentalismo coniugato a una raggiunta padronanza dei mezzi espressivi. Tale straordinaria stagione creativa, intensamente emozionale, fu caratterizzata da un espressionismo violento che stravolgeva le coordinate spaziali e figurative, sospendendo la rappresentazione tra realismo e visionarietà. Sia nei dipinti che nei disegni e nelle incisioni, l’artista raffigurava i suoi luoghi e la sua gente; tuttavia nella sua interpretazione il noto e il quotidiano si rivelano essere tali solo in apparenza, mutandosi in apparizioni tutt’altro che rassicuranti che nascondono un lato inquietante e quasi alieno».
Hanno collaborato alla mostra e al catalogo: Pino Colonna [grafica], Antonello Di Gennaro [riprese fotografiche delle opere], Michele Cosola – Selecta [allineamenti cromatici e prove colore], Giuseppe Forte – Grafica & Stampa [stampa materiali della comunicazione e del catalogo], Antonio Nuzzi – Digital Print [stampa del banner e dei pannelli introduttivi].
Le straordinarie foto, in rigoroso bianconero, che ritraggono Luigi Guerricchio nel suo studio, sono di Giuseppe Maino: la sua prematura scomparsa, avvenuta qualche anno fa, ha lasciato un vuoto incolmabile nel campo della fotografia e non solo.
E’ possibile visitare la mostra fino al 13 agosto 2022, tutti i giorni dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 20.00: ingresso libero. Giornata di chiusura Lunedì.
Matera – Castelfiorentino andata e ritorno.
Era l’anno 2005. Durante una ricerca in rete dei cataloghi di Luigi Guerricchio, vidi un dipinto molto bello, utilizzato per illustrare un catalogo del Maestro. Acquistai da Internet il il volume e mi misi in contatto con il proprietario, Rigoletto Violanti, importante collezionista toscano.
…….. Solo durante il periodo del Covid, chiuso in casa, a seguito di tante ricerche sono riuscito a trovare una piccola agendina dove avevo annotato il numero della figlia che avevo conosciuto. La chiamai immediatamente per avere notizie: mi disse della scomparsa del caro papà.
Le chiesi se avessero ancora altre opere e se fossero disponibili. Mi rispose di si, anticipandomi che era in corso la redazione di un dettagliato inventario di tutte opere in deposito.
E’ stato così che sono riuscito a recuperare, un po’ per volta, quasi tutte le opere degli anni Settanta. Non escludo che ne potrebbero venir fuori delle altre. Mantengo i contatti con piacevoli telefonate di cortesia, senza trascurare l’interesse che un gallerista deve sempre avere per il proprio lavoro che si caratterizza, come dimostra questa mostra, per essere anche un lavoro di “promozione culturale” che favorisce lo lo studio e di ricerca storico-artistica.
Ho conosciuto solo due grandi collezionisti di così grande livello e sincera passione per l’arte: Rigoletto Violanti e Alfredo Paglione (quest’ultimo il gallerista di Ortega). Due persone meravigliose, serissime e di gran cuore.
Enzo Ferrara
In Toscana sulle tracce di zio Gino.
Ricordo di essermi recato in Toscana accompagnato da zia Rita, pochi mesi dopo la morte di zio Gino, poiché invitato da un collezionista che mi mostrò molti quadri di altrettanti artisti del Novecento e stranamente una sola tela di Guerricchio raffigurante un’anguria.
Andai via abbastanza contrariato, ma continuai ad intrattenere rapporti telefonici ed epistolari con il gallerista,comprendendo in seguito che la gelosia del gallerista e l’estrema diffidenza nei miei confronti erano causati dalla convinzione che fossi interessato a operazioni esclusivamente commerciali.
Quando comprese che il mio intento e quello della mia famiglia erano di ricostruire il più possibile il percorso artistico di mio zio per farne dono alla Città, volle farsi perdonare, dedicandomi un catalogo di una mostra di zio Gino risalente a metà anni ’70 di cui non avevo copia ed invitandomi nella sua tenuta …
Antonio Guerricchio
Dieci anni dopo gli anni Settanta
— Capitava spesso, quasi quotidianamente, di incontrasi al Bar Biancaneve, che si trovava sotto la casa di Guerricchio, su Via Ridola: un caffè e poi un salto nel suo studio. Nacquero in questo modo diversi progetti che portarono Ginetto a frequentare i “compagni” della sezione Enrico Berlinguer di Altamura, impegnati a consolidare la storica vittoria politica dell’83, quando la “Città Leonessa di Puglia” dette una maggioranza di consiglieri comunali alla sinistra e l’elezione di Fabio Perinei, primo sindaco comunista, dopo quarant’anni di egemonia democristiana.
Fabio, anche lui scomparso prematuramente, era un grande estimatore delle opere di Guerricchio: acquistò un pastello di grandi dimensioni che rappresentava una scena di ballo popolare alla “Festa del l’Unità” di Altamura.
Ricordo ancora le copertine dei programmi elettorali disegnate da Luigi e i manifesti delle “Feste de l’Unità” da lui frequentate, con il piacere e l’emozione di incontrare uomini, donne e bambini del popolo, soggetti ispiratori e protagonisti delle sue opere, tornate ad essere, come scrive l’amica Cuozzo in altra parte del presente catalogo, una pittura approdata alle “composizioni di ampio e disteso respiro che [danno] forma a una sorta di classicismo di matrice intellettuale e popolare al tempo stesso”….
Michele Saponaro
“La forma delle cose mi turba”: Luigi Guerricchio e l’inquietudine della realtà.
…Questa tappa fondamentale sfociò, tra la fine degli anni Sessanta e gran parte degli anni Settanta, in un momento apicale della produzione figurativa di Guerricchio, ben rappresentato dalle opere inedite che esponiamo in questa mostra; una fase di intenso sperimentalismo coniugato a una raggiunta padronanza dei mezzi espressivi. Tale straordinaria stagione creativa, intensamente emozionale, fu caratterizzata da un espressionismo violento che stravolgeva le coordinate spaziali e figurative, sospendendo la rappresentazione tra realismo e visionarietà. Sia nei dipinti che nei disegni e nelle incisioni, l’artista raffigurava i suoi luoghi e la sua gente; tuttavia nella sua interpretazione il noto e il quotidiano si rivelano essere tali solo in apparenza, mutandosi in apparizioni tutt’altro che rassicuranti che nascondono un lato inquietante e quasi alieno. In particolare le figure umane, sottoposte a un processo di deformazione e de-figurazione memore di Bacon, che le porta a perdere i loro connotati stabili, si tramutano in presenze ectoplasmatiche i cui contorni fluidi si moltiplicano come a inglobare il fluire del tempo: si vedano ad esempio, tra le opere oggi in mostra… il suo segno è sempre fulmineo ed essenziale, con tentativi non cancellabili perché hanno una loro storia di nascita e di incertezze (di qui le linee ripetute e corrette ma mai cancellate […]), quasi per fermare il tempo nelle figure o le figure nel tempo […]» . Questi personaggi ‘liquidi’, sospesi in prospettive instabili, come in Raccolta delle olive e L’arco di Sant’Antonio e avviluppati da accese ‘falde’ cromatiche, portano talvolta unita alla schiena una sorta di ombra, indistinta ma incombente, quasi un minaccioso doppelgänger che aleggia dietro di loro, visibile ad esempio nei dipinti Balcone; La scala; Operai. ….
Mariadelaide Cuozzo
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La fotogallery della conferenza stampa (foto www.SassiLive.it)