Dipinti che sembrano fotografie e fotografie che sembrano dipinti. La SuperLuna ha reso ancora più magica questa sera l’atmosfera nel vicinato e negli ambienti della Casa Grotta di Vico Solitario, nei Sassi di Matera, dove è stata inaugurata la mostra “La magia di Matera e del suo territorio” con i dipinti di Nicola D’Imperio e le fotografie di Giorgio Pica, a cura di Nicola Lisanti.
La mostra resterà aperta dalle 10 alle 20, tutti i giorni, fino all’8 ottobre 2022.
Il ricavato della vendita dei dipinti sarà devoluto in beneficenza all’OMG Amici di Ampasilava che gestisce in Madascar un ospedale Italiano in cui operano medici e infermieri volontari italiani che hanno cura di alcuni abitanti malgasci mentre il ricavato della vendita delle foto sarà devoluto all’associazione Gian Franco Lupo.
Le opere di questa mostra sono raccontate in una pubblicazione con testi in italiano e in inglese a cura di Edizoini Magister e impreziosita dalla presentazione del barese Enzo Varricchio.
Nicola D’Imperio, insieme a Giorgio Pica, hanno voluto rappresentare l’uno con la pittura e l’altro con la fotografia, alcuni tratti di Matera e di dieci paesi della sua provincia, che hanno particolarmente stimolato la loro sensibilità artistica e, con la elaborazione personale e interiore del reale, hanno rappresentato, attraverso due forme d’arte, una antica e l’altra moderna, alcuni aspetti di un territorio unico, ma diverso per storia e caratteristiche geografiche, pur mantenendo una unica matrice di paesaggi, luce e colori mediterranei, che, esprimendosi a coloro che vorranno visitare la mostra con occhio e con spirito attento, non potranno non riconoscersi nella sorgente di una sorta di magia.
Questa mostra parla di Matera e del suo Territorio, cioè di una vasta area che ha caratteristiche geologiche, geografiche e orografiche diverse, come accade per molti dei paesi del bacino del Mediterraneo, area di confine e di scontro tra il continente africano e quello euro-asiatico; di conseguenza anche la storia è stata diversa.
Analizziamo singolarmente le parole del titolo della mostra: magia, Matera, territorio.
La magia di questi luoghi ha origini molto antiche; probabilmente risalgono ai rituali dell’uomo neolitico e poi dei metalli, è stata quindi elaborata dai popoli italici autoctoni di questa vasta area, gli Enotri, i Lucani, i Peucezi, i Messapi; agli albori del VI e VII secolo a.C. la magia è stata rinvigorita dai miti ellenistici delle colonie ateniesi e spartane della Magna Grecia che, avendo reso navigabili almeno tre dei quattro fiumi della Lucania, si erano spinti all’interno sino ad arrivare a quasi cento chilometri dalla costa jonica. L’avvento in queste lande del Cristianesimo, intorno al V-VI secolo d.C., ha modificato l’antica magia autoctona portandola nei limiti consentiti dalla religione cristiana, ma ne ha conservato le radici e, in alcuni casi, anche il significato e le espressioni, come testimoniato dai rituali funebri e dalle storie e superstizioni trasmesse attraverso la comunicazione orale. Questo afflato magico che viene da così lontano ha profondamente influenzato non solo l’uomo e il suo essere, ma anche i luoghi, la terra, la vita, la morte e quello che c’è dopo la morte, ed è stato intuito, studiato e compreso dai ricercatori del novecento, di cui il più grande è stato, senza ombra di dubbio, Ernesto De Martino. Questa magia che si è sviluppata ed evoluta nei millenni ed ha impregnato di se Matera e la Lucania intera, non è certo stata cancellata dagli ultimi cinquanta o sessant’anni, rivoluzionari per l’evoluzione ed il progresso umano, ma non sufficienti all’oblio. I due protagonisti di questa mostra, con la pittura e la fotografia, l’hanno percepita e comunicata al visitatore attento, con le loro opere.
Matera, o almeno quello che era il piccolo nucleo abitativo su cui è sorta la città, vede gli albori circa 8000 anni fa, coeva di Gerico ed Aleppo. Il suo nome deriva da “mater” e “materia” intesa come Terra, la Madre Terra, la madre Gea o Gaia del mito ellenistico. Essa è piantata sul terreno carsico dell’altopiano della Murgia, posta su una lingua di calcarenite che si insinua tra le argille lucane; questa era facile da scavare e modellare a tal punto da permettere lo sviluppo di due grossi borghi pietrosi, chiamati appunto Sassi (dal latino “saxum”, roccia, pietra). Subito a monte iniziano le colline argillose e ghiaiose, tipiche del territorio lucano, e il limite si ritrova subito a monte dell’attuale piazza Vittorio Veneto. Straordinariamente Matera, dal neolitico non è mai stata abbandonata dell’uomo; le sue tracce e, in alcuni casi, anche la sua storia, sono evidenti. Matera è quindi un anello di congiunzione di due espressioni geologiche diverse dell’emersione delle terre di milioni di anni fa: a sud e a sud-est la Murgia fatta di roccia di calcarenite, carsica, porosa, piena di grotte ed anfratti naturali, a nord-ovest e a sud-ovest, l’argilla, i ghiaioni, le rocce costituite da sabbioni compatti che sono tipici della Lucania, in particolare della vasta area calanchiva che va da Aliano sino a Montalbano Jonico. Condizionata dalla geografia, anche la storia di questa terra è stata diversa: sino al 1630 Matera era il limite occidentale della terra d’Otranto, un quadrilatero costituito da Otranto, Brindisi, Taranto e, appunto, Matera, che ne rappresentava il limite più a nord. Gli Aragonesi, per un migliore controllo del territorio, istituirono la regione di Basilicata, che corrispondeva solo approssimativamente all’antica Lucania, e Matera, in territorio pugliese, fu annessa alla nuova Regione rimanendo però molto periferica al resto della pregressa Lucania; ciò nonostante ne divenne la “Capitale” perché era l’unico centro in cui c’erano strutture tali da ospitare la regia Udienza di Napoli. Tale rimase sino al 1806 e fu questo uno dei periodi di massimo splendore e sviluppo della città, testimoniato dalle sue belle chiese barocche. Questo divenire della città attraverso i secoli e i millenni è stato catturato dai due autori nelle loro opere.
Il suo Territorio è quello che si ritrova a nord-ovest, e in parte a sud; esso è rappresentato da 31 comuni quasi tutti abbarbicati alla sommità di colline argillose che degradano verso le valli e che vedono le loro origini tra la fine del primo millennio e l’inizio del secondo. Tutti i paesi sono in posizione strategica e hanno il controllo delle valli, tutti hanno un castello fortificato posto sulla sommità e spesso sono circondati da mura. I calanchi aspri, aridi, inospitali, fornivano un’ulteriore baluardo per la difesa del nucleo abitativo; una fitta rete di sentieri e mulattiere permetteva ai contadini di recarsi a coltivare i campi nelle valli percorse da fiumi o torrenti. Una vasta area, che attraversa i comuni di Aliano, Stigliano, Craco, Pisticci, Montalbano Jonico e Tursi, è interamente calanchiva e selvaggia con rare macchie di agavi, fichi d’india, lentisco e cardi, tanto da attirare le attenzioni di registi, scrittori ed artisti. Le difficili comunicazioni tra questi antichi paesi hanno, paradossalmente, salvaguardato la loro integrità. Altri paesi del Territorio di Matera, in particolare quelli posti sulle colline tra il fiume Basento ed il fiume Bradano, hanno risentito degli influssi delle terre federiciane limitrofe, come Tricarico, Grottole, Irsina, altri ancora erano stati conquistati dalle frequenti incursioni dei saraceni provenienti dal mare ed erano diventati arabi, come Tursi e Tricarico che ne conservano le vestigia nello loro “rabatane”. I due protagonisti della mostra hanno cercato di interpretare con le loro opere questo Territorio e la sua storia.
Questi tre elementi, la Magia, Matera, il suo Territorio, sono stati gli ispiratori di questa mostra e la Magia, nella sua accezione più vasta, funge da collante.
La fotogallery della mostra d’arte (foto www.SassiLive.it)