Venerdì 22 luglio uscirà in tutte le librerie “Federico Fellini e la televisione” di Emanuele Pecoraro, Lithos editrice. Il volume analizza il rapporto, spesso controverso, tra il regista e il piccolo schermo, partendo da quelle pellicole meno conosciute del cineasta riminese.
L’irruzione della televisione, le cui trasmissioni regolari iniziano in Italia il 3 gennaio del 1954, viene tratteggiata da Fellini per la prima volta nel suo film più celebre La dolce vita. Si tratta di una lunga sequenza, dedicata al finto miracolo dell’apparizione della Madonna e allo sciacallaggio, operato da fotoreporter e da registi radio tv, pronti ad immortalare le reazioni dei presenti. Cinque anni più tardi la televisione appare in Giulietta degli spiriti come nuovo focolare domestico, attorno al quale si riuniscono la sera i due annoiati protagonisti del film. Ancora una volta Fellini ci offre uno specchio antropologico degli anni del boom economico dove nelle esigenze degli italiani entra prepotentemente l’acquisto di nuovi beni di consumo. La ritroviamo poco dopo nell’allucinato episodio di Toby Dammit, all’interno del film collettivo Tre passi nel delirio, dove in uno studio televisivo è ambientata l’intervista al divo alcolizzato, interpretato da Terence Stamp, tra applausi finti e domande stereotipate.
Quando Federico Fellini ha una maggiore consapevolezza del mezzo televisivo da un lato esalta la possibilità di realizzare dei documentari per la TV (Block notes di un regista, I clowns e Prova d’orchestra) con un minor dispendio produttivo e troupe più snelle; dall’altro, soprattutto negli ultimi tre lungometraggi per il cinema (Ginger e Fred, Intervista e La voce della luna), critica aspramente l’invadenza della televisione nella vita quotidiana.
Non è un caso che tra il 1985 e il 1991 si collochino gli interventi del regista, scritti di suo pugno per le più autorevoli testate giornalistiche, come L’Europeo e Il Resto del Carlino, che evidenziano la sua presa di posizione contro la consuetudine di interrompere i film in tv con gli spot pubblicitari, utilizzata soprattutto dalle televisioni commerciali e che sfociò in una denuncia al Pretore civile di Roma. Oltre a ripercorrere le tappe della vicenda, lo studio approfondisce il rapporto di Fellini con la pubblicità, dagli spot autentici, realizzati per Campari, Barilla e Banca di Roma a quelli di fantasia, inseriti all’interno di Ginger e Fred.
Impreziosito dagli autorevoli commenti del professore Damiano Garofalo dell’Università “La Sapienza” di Roma e del produttore, regista e sceneggiatore Pierfrancesco Campanella, dalle interviste alle attrici Francesca Reggiani, Antonella Ponziani e Barbara Scoppa, che hanno lavorato nei suoi ultimi film e dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto da vicino come il direttore di produzione Roberto Mannoni,il volume analizza nel dettaglio l’intera filmografia del celebre cineasta, non dimenticando di tracciare un quadro storico sulla trasformazione che in quegli anni investiva non solo Cinecittà ma anche gli altri stabilimenti romani che, visti gli esorbitanti costi, si videro costretti ad alzare bandiera bianca nei confronti della produzione televisiva.
Ultima curiosità: in copertina è presente un bozzetto disegnato dallo stesso Fellini,rimasto finora inedito, conservato nell’archivio personale di Antonella Ponziani, che raffigura Sergio Rubini e Antonella Ponziani, interpreti del suo penultimo film Intervista.
Il libro, edito da Lithos, sarà distribuito in tutti i negozi da Libro Co. e disponibile on line su Amazon, Feltrinelli, Ibs e Mondadori.
Emanuele Pecoraro è giornalista e regista. Dopo essersi laureato in Arti e scienze dello spettacolo con 110 e lode all’Università “La Sapienza” di Roma, ha conseguito il Master in Discipline socio letterarie e si è perfezionato in Informazione religiosa alla Pontificia Università della Santa Croce. Ha curato per Lithos alcuni cataloghi d’arte e pubblicato per la stessa casa editrice i saggi Solitudini pericolose: il corto dello scandalo, Marco Ferreri l’uomo contro e Arte e storia dell’Alto Molise. Come regista ha diretto i documentari La città d’acqua e 28… ma non li dimostra e i cortometraggi Solitudini pericolose e La goccia maledetta. Ha partecipato in qualità di commentatore ai docufilm I love… Marco Ferreri di Pierfrancesco Campanella e Per chi suona Campanella: dal flop al cult di Fabrizio Rampelli. Per la sua attività nella cinematografia e nella saggistica ha ricevuto molti riconoscimenti sia in Italia, che all’estero.