Mentre attendiamo l’arrivo della nuova legge, salvo nuove proroghe, il 31 agosto finirà il regime semplificato per lo smart working. Il regime semplificato permette di non sottoscrivere gli accordi individuali e di “snellire” le comunicazioni sulla sicurezza.
Dobbiamo però sempre precisare che quello che la maggior parte di noi sta sperimentando dall’inizio della pandemia ad oggi non è un vero e proprio smart working, ma una sorta di telelavoro privo di regole e confini. Precisazione necessaria perché non si può pensare di creare uno schema di regolamentazione sulla base di come abbiamo lavorato durante la pandemia. Occorre una vera e propria rivoluzione culturale che parta dall’essenza dello smart working: “Una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici”.
Occorre una nuova legge in merito? In questo momento se ne sta discutendo. Auspico che, la nuova legge arrivi nei prossimi mesi. Dovrebbe consistere in un mix delle dieci proposte presentate e sarà composta da 12 articoli che andranno a modificare le disposizioni presenti nella legge 81 del 2017 che regolamenta il lavoro agile.
Per cercare di essere più chiari possibile, data l’importanza dell’argomento, vorrei evidenziare le maggiori differenze riscontrate tra l’attuale legge e quella che verrà (qualora l’impianto rimanesse uguale, privo di ulteriori modifiche):
· Nella legge 81 del 2017 si evidenzia lo scopo del lavoro agile, ovvero, quello di essere utile sia al lavoratore (conciliazione vita lavoro) che al datore di lavoro (maggiore produttività). Nell’art.18, comma 1 della nuova legge, vengono eliminati questi riferimenti e sparisce anche la parola obiettivi ma, si fa semplicemente riferimento alle fasi di lavoro (sempre che l’impianto non subisca modifiche);
· Attualmente lo smart working è definito come un rapporto di lavoro in cui il lavoratore svolge la propria attività lavorativa, in modalità mista, in parte all’interno e in parte all’esterno, rispettando gli orari di lavoro massimi settimanali. Sembrerebbe, dalle prime indiscrezioni, che la nuova legge faccia venir meno la modalità mista;
· L’art. 18 al comma 2 della nuova legge, introduce il ruolo sindacale, assente nella legge attuale. Ruolo sindacale che ha lo scopo di rafforzare quanto già previsto nella legge in vigore (81/2017) ovvero che al lavoratore in modalità agile vengano garantiti gli stessi diritti.
· Nella nuova legge, viene inserita la reperibilità per garantire l’organizzazione aziendale. Reperibilità che consiste nel comunicare almeno parte dell’orario in cui si lavora.
· Si prevede l’introduzione di un credito d’imposta (circa 30 milioni) per l’acquisto di strumenti, un fondo competenze oltre a uno sconto del 1% sul premio Inail sugli infortuni.
Per evitare fraintendimenti è opportuno ricordare che, non esiste il diritto al lavoro agile. Il datore di lavoro avrà sempre la libertà di poter autodeterminare l’organizzazione del lavoro nella propria impresa.
Come sostenuto più volte, ritengo che questa forma, alternativa, di organizzazione del lavoro debba diventare una vera e propria rivoluzione culturale, una nuova filosofia non solo manageriale, ma dell’intero approccio al lavoro nella consapevolezza di quanto esso sia dinamico e in continua evoluzione. Tenendo ovviamente sempre bene a mente obiettivi principali quali il bene comune, il benessere dei lavoratori, occupazione e sviluppo. Non possiamo rimanere bloccati nel tradizionalismo, né possiamo continuare a pensare che i vecchi impianti e schemi possano essere vestiti che vanno bene ai nuovi cambiamenti. Le evoluzioni, le crisi e gli imprevisti che stiamo affrontando in questo momento dovrebbero aprirci gli occhi e la mente sulla chiara necessità di un dialogo sociale competente, di figure politiche e istituzionali competenti e soprattutto consapevoli che occorre cambiare marcia. Occorrono regolamenti snelli e flessibili e ai quali si possa mettere mano, evitando tempi biblici, per rispondere alle esigenze dei lavoratori e del mondo del lavoro che non è statico, ma dinamico >.