Giovanni Caserta ha inviato alla nostra redazione la recensione di “A calci e morsi”, il romanzo di Maddalena Bonelli che racconta una Grassano degli anni Trenta, disperata e tragica. Di seguito il testo integrale.
Grassano è un paese diverso dagli altri paesi lucani. È diverso per origine, essendo nato come donazione di una fetta di territorio, fatta dal principe Sanseverino di Tricarico ai Cavalieri di Malta. Questi ne fecero una loro Commenda. Ciò accadeva intorno al 1350. Il paese nasce quindi tardivamente, con un marchio particolare e in un momento storico ben preciso, ricordato come uno dei più tristi nella storia del Mezzogiorno. Luogo originariamente disabitato, nel corso del tempo Grassano si andò via via popolando, con l’arrivo di contadini alla spicciolata, che dalla Commenda ricevevano,in fitto, un pezzo di terra. Nel 1320 registrava la presenza di soli 12 “fuochi”, dodici famiglie, per un totale di sessanta-settanta abitanti. Presto, però, da luoghi diversi arrivarono contadini con esperienze diverse. Tutti diventavano affittuari della Commenda, gestori di lotti modesti e poveri. La proprietà rimase nelle mani della Commenda fino al 1806, cioè fino alla eversione della feudalità.
Accanto alla Commenda si era, nel frattempo, collocata la famiglia dei Revertera, di origine spagnola, nuova feudalità, che non mancò di esercitare una presenza soffocante. Tutto sommato, la proprietà contadina era molto parcellizzata. Si ebbero contadini poveri, che si fecero sempre più numerosi rispetto alla estensione del territorio. A metà del Seicento le famiglie, o “fuochi”, erano già nel numero di circa 270, circa 1500 abitanti.
Via via, però, accadde che tanti piccoli appezzamenti di terreno, insufficienti per la vita di un nucleo familiare, finirono col raccogliersi nelle mani di poche famiglie facoltose, lasciando in una condizione di maggiore povertà i vecchi affittuari. All’interno di questo processo di accorpamento della piccola proprietà,finì che emerse la famiglia dei Materi, provenienti da Cosenza, che a Cosenza erano arrivati da Matera, nel 1514, dopo l’assassinio del Conte Carlo Tramontano.Erano stati tra i congiurati. Si rivelarono intraprendenti e spregiudicati imprenditori agricoli che, esercitando come sistema l’usura, finirono con l’accumulare, nell’Ottocento, una fortuna immensa, fino a sostituire i Revertera. Il contadiname grassanese, ormai,era sciame ridotto in miseria, indistinto e informe. Cosa che fece di Grassano il simbolo della povertà meridionale ancoradopo la caduta del fascismo, in regime repubblicano, quando fu oggetto di apposita indagine da parte di una commissione parlamentare (1951-54), presieduta dall’on. Gaetano Ambrico, democristiano e grassanese.
Era necessario fare questa premessa per entrare nel romanzo-documento di Maddalena Bonelli e capirne lo spirito. Il titolo – A calci e morsi-, netto, forse è troppo forte. Fa pensare solo alla rabbia e alla violenza. Sembra escludere la pietà e l’umanità con cui Maddalena Bonelli accompagna la vita del paese, anzi della comunità. Il luogo scelto è quello del povero vico I San Domenico, dove è facile immaginare che Maddalena, ai tempi della sua fanciullezza, abbia fatto anche lei le sue corse scalza, partecipando,con i ragazzi suoi coetanei, a giochi spesso avventati, spesso spericolati, a volte vere e proprie monellerie.
La storia da Maddalena Bonelli, narrata nel suo romanzo-documento, si svolge negli anni Trenta del secolo corso, in pieno fascismo, tra guerra civile in Spagna, campagna d’Africa, seconda guerra mondiale. Il racconto procede per episodi e scene a sé, che sembrano essere racconti autonomi; invece sono moduli che il lettore deve saper leggere e via via comporre. All’incirca è il metodo del racconto che si fa da sé. dall’interno, attestato dalla frequenza di espressioni e termini che, dialettali o italianizzati, danno l’idea del racconto-resoconto.
Scena dopo scena, episodio dopo episodio, seguendo la vita tragica e miserabile di vico San Domenico,. soffocato da casedde e lamioni, maleodorante, i ragazzi crescono con i nomi tipici del paese: Rocco, Ciccillo, Cenzino, Pasquale, Ritellina, Giacomino, Lucietta, Antonietta… Maddalena Bonelli ce li fa crescere sottogli occhi, pagina dopo pagina, coni loro giochi, il realismo infantile, ma anche coni loro generosi sogni, tra i qualiil casto desiderio di una vita più “civile”, da studenti,con, un giorno, il sia pur modesto diploma magistrale, che permetterà loro di leggere, imparare e, soprattutto, insegnare agli altri. Sono i sogni di Rocco e Cenzino; ma sono sogni troppo ambiziosi, quando urgono ben altre necessità di vita e sopravvivenza. Né Rocco né Cenzino, infatti,vanno oltre la quinta elementare, pur avendo superato l’esame di ammissione alla scuola media. I loro sogni, perciò si ridimensionano, circoscritti ad un pozzo che dia acqua, ad una capra che dia il latte, aun “riparo” di campagna che dia l’illusione della masseria. A Cenzino basta un aratro di ferro, che alleviila fatica.
Purtroppo, la storia, quella che si fa lontano da Grassano, è come un destino per i ragazzi di vico San Domenico. Pasquale parte per la Spagna. Per amore del “soldo”, parteggia per Francisco Franco. Rocco si fa la seconda guerra mondiale. I più muoiono prima di diventare adulti.
Grande, infatti,era la mortalità infantile, che tanto impressionò Carlo Levi, appena arrivato a Grassano nel 1935 come confinato. Fu anche motivo di tanto rammarico e dolore per il dottor Arcangelo Ilvento, luminare della medicina italiana residente a Roma, funzionario del Ministero della Sanità, grassanese.
Per una vita dura, tragica, secca e arida come i calanchi, serviva uno stile adeguato, che Maddalena (ci piace chiamarla col solo nome) sa usare senza falso pudore, ma solo quando la materia lo rende necessario, e sempre attenta a non urtare la sensibilità del lettore. Ci sono pagine di una intensità toccante, che mai scadononel patetico, anche se il pericolo di cadervi è reale. Sono belle pagine che vedono il contadino Giovanni caricare sull’asina il corpicino del figlio bruciato da un fulmine, in campagna, doveera stato a pascolare pecore e maiali in aiuto del padre. Il corteo di folla che si forma dietro l’asina, all’ingesso del paese, più che un corteo di solidarietà,è una processione. Sembra uno dei Misteri medievali, da settimana santa.
Maddalena, la madre di Nicolino, è la madre di dieci figli e figliastri,con nipoti. Ha sposato Giovanni, rimasto vedovo. Uno per uno, in buon numero, tra figli, figliastri e nipoti, li vede falciati da una morte prematura. Prima si scompaginerà la sua mente, poi crollerà il cuore. Nello stesso paese, intanto, altra donna, per afrore sessuale sollecitato dai graffi delle spighe in piena mietitura, selvaggiamente uccide il figliastro Rocco, che non ha potuto studiare, così come selvaggiamente si è unita all’amante dal torace possente, suo bracciante, zoppo come il diavolo. Uccide il figliastro per eliminare il testimone del suo peccato.
Come si è scritto e si riporta in quarta di copertina,si è davanti ad un romanzo, documentato e sostenuto dalla cronaca del tempo:secco, “bilioso”,ai giochi tra mille contrasti e sporgenze, fa pensare e turba. Non un affresco o un pastello, ma una incisione scavata in profondità, nell’argilla. A leggerlo, dopo la prima pagina, non lo si lascia più.