Franco Vespe ha inviato una nota in vista delle prossime elezioni politiche del 25 settembre in cui si chiede se esiste ancora uno spazio per il Cattolicesimo Democratico nel Paese. Di seguito la nota integrale.
Negli scenari politici, a partire dalle prossime elezioni politiche, c’è futuro per il Cattolicesimo Democratico ? Chi scrive è convinto che ci sia se avrà successo il tentativo di creare un terzo polo della Responsabilità che contrasti i populismi di destra, sinistra ed ambientalista. La sua rinascita non può essere affidata a bolsi personaggi che prima hanno contribuito a chiudere l’esperienza del Popolarismo ed ora cercano tardivamente di ri-animarla quando sono ormai ben oltre l’età di pensionamento.
n questi giorni su Whatsapp mi è arrivato un accorato appello destinato a tutti i Cattolici (non ce ne sono più poi tanti in giro!). L’appello esortava i Cattolici a fare scelte elettorali a favore di quelle formazioni che avevano programmi più consoni ai valori cristianamente ispirati. Questa esortazione faceva riferimento ad un “illustre” precedente: il Patto Gentiloni del 1913. Fa poi un errore storico gravissimo affermando che il Partito Popolare di D. Luigi Sturzo è nato dalle costole di quell’accordo. Ma nemmeno per sogno! Il PPI nacque in contrapposizione e per combattere lo spirito che ispirò quel patto miserevole. Ma andiamo con ordine. Nel 1913 fu introdotto nel sistema elettorale il suffragio universale maschile. Giolitti per compensare il vantaggio oggettivo che questo comportava per il partito socialista, volle chiudere un patto con i cattolici rappresentati da Gentiloni. Questo patto consisteva nell’irrobustire le liste elettorali del partito Liberale con personalità provenienti dal mondo cattolico e di salvaguardare alcuni punti programmatici che stavano a cuore alla Chiesa italiana, per incassare il voto dei cattolici. In questo modo Giolitti stravinse le elezioni del 1913. la Chiesa -a quel tempo aveva tante “armate-fece a sua volta cadereil“non-expedit”. L’obiettivo di don Sturzo era quello, al contrario, di creare si un partito di ispirazione cristiana, ma laico ed a-confessionale, aperto a tutti gli uomini “liberi e forti” che fosse capace di assumersi laicamente il carico della complessità della politica senza visioni pre-concette e senza risposte anticipatrici e dogmatiche ai problemi. Un partito che si battesse per il bene comune complessivo di tutta la società italiana e che non fosse in campo solo per difendere specifici interessi di parte (come prevedeva il patto Gentiloni). Per Lui i Cattolici non dovevano agire come una “Camarilla” (termine italianissimo che traduce il termine inglese “Lobby”) ma come persone sinceramente appassionate al destino del proprio paese. Un partito di cattolici ma non dei cattolici; ovvero senza la pretesa di imporre l’unità dei cattolici in politica, quanto piuttostoun’areadove raccogliere le energie di tutti gli uomini di buona volontà. Partito a-confessionale e laico. Ovvero separava nettamente l’impegno politico dei cattolici, dai destini e gli interessi della sfera ecclesiale. Poi il PPI fu spazzato via dall’avvento del fascismo. La carica profetica che l’aveva ispirato fu soffocata dal “vizio” concordatario che afflisse la Chiesa italiana. Con il concordato del 1929 la Chiesa infatti rinunciò a qualsiasi forma di opposizione al regime e, come contropartita, ottenne la tutela di alcuni suoi interessi sia materiali che immateriali (la difesa della Camarilla!). Insomma accadde proprio quello che don Sturzo,mandato nel frattempo in esilio, voleva scongiurare. Via Concordataria che poi si è ri-proposta con la fine definitiva della DC-PPI. Ma questa è un’altra storia.
Lo storico Furet ha individuato nella irriducibilità fra Liberalismo, fondato sulle libertà dell’individuo, e le ideologie collettivistiche (fascismo e Comunismo) la principale causa delle tragedie del 900. Il più grande merito del Partito Popolareè stato quello di forgiare il concetto di persona con il quale ha risoltodetta irriducibilità sciogliendolo nelle costituzioni europee post-belliche.Concetto di persona che è si centrata sulle libertà dell’individuo, ma lo coglie inserito in una rete di relazioni e di mondi vitali capaci di costruire corpi intermedi fra il cittadino e le strutture statuali. Questa rete di relazioni, in cui la persona è immersa, funziona e diventa patrimonio comune ed energia positiva per un paese, se si poggia sulla solidarietà e la sussidiarietà. L’approccio del popolarismo e delle social democrazie, pur condividendo gli stessi fini di promozione della coesione sociale, come acutamente mi ha fatto notare Pasquale Doria, tuttavia si divaricano nelle modalità di attuazione. Il mantra della Social democrazia è quello di un “Wellfare state” che si occupa del cittadino dalla culla alla tomba. Il popolarismo ha sempre promosso la “wellfare community”. Ovvero non è solo lo stato ad intervenire ma chiama alla corresponsabilità i corpi intermedi presenti nella società sulla base del principio sussidiarietà.La fine della forma partito ( prima il PPI, poi la DC e di nuovo il PPI) che ha incarnato il popolarismo sturziano, di cui ancora oggi c’è tanto bisogno, è caduto sotto i colpi della questione morale che gli ultimi miserabili suoi rappresentanti, non hanno saputo superare. La cosa assurda è che con incorruttibile, sfrontata faccia di bronzo, proprio coloro che buttarono alle ortiche questa straordinaria esperienza per rincorrere posizionamenti personalissimi – è tipico delle mediocri seconde-terze linee della politica-oggi tentanogoffamentedi ricostituirla. Alcuni nomi su tutti: Mastella, Cesa, Tabacci, Gargani. Sempre loro sono quelli che hanno osteggiato più ferocemente tentativi genuini e lodevoli di ricostituire quest’area come l’ultimo esperito da un altro straordinario “Pasquale” a me molto caro (Tucciariello). Oggi quest’area popolare potrebbe rinascere, coagulandosi in nuove formazioni come Azione dove c’è ampio spazio per essa e nella quale si può fruttuosamente contaminare con quella liberale, socialista ed azionista. Le prossime elezioni potrebbero essereun’occasione per rilanciare la cultura del popolarismo con la formazione di un terzo polo della responsabilità contro i populismi di destra, sinistra ed ambientalisti che siano. Speriamo che non sia l’ennesima….. perduta!