A seguito delle due due cadute registrate nel pomeriggio di sabato 20 agosto nel Parco della Murgia Materana le guide turistiche delle associazioni ConfGuide Matera e GTA Basilicata in una nota denunciano lo stato di abbandono in cui versa il Parco, sollecitano interventi per la messa in sicurezza dei percorsi turistici e valutano una class action nei confronti dell’Ente Parco della Murgia Materana per i danni economici subiti. Gli operatori inoltre sollecitano la pubblicazione del bando per la gestione dei contenitori culturali all’interno del Parco. Di seguito la nota integrale.
Quanto accaduto nella giornata di sabato scorso lungo il sentiero 406 del Parco delle Chiese Rupestri del Materano (una donna e un giovane recuperati da elicotteri e rocciatori con, rispettivamente, una frattura scomposta alla caviglia e un trauma cranico dopo essere scivolati lungo il pendio) non ha affatto colto di sorpresa le guide turistiche di Matera. È diventato piuttosto comune assistere ad episodi del genere. La pericolosità del sentiero, di per sé scosceso e privo, per lunghi tratti, di barriere protettive, è acuita dalla totale mancanza di manutenzione cui si assiste da diversi anni, conla conseguente presenza di spuntoni di ferro e cocci di vetro dispersi lungo il percorso. Il continuo transito incontrollato di decine, centinaia o persino migliaia di persone al giorno, a seconda del momento della stagione turistica, non solo ha compromesso ulteriormente l’integrità dei sentieri, ma ha creato diverse nuove pericolosissime deviazioni caratterizzate da pendenze estreme, su cui il terreno si fa particolarmente instabile.
Se a ciò si aggiunge il fatto che la gran parte dei turisti lo percorre non accompagnata dalle guidelocali e del tutto priva di un minimo di attrezzatura, scambiandolo per una discesa a mare e indossando dunque le ciabatte da spiaggia, la ricetta perfetta per un grave incidente è completa.
Tutto questo è francamente inaccettabile, ed è dovuto in primis alla totale assenza dell’ente gestore del Parco, che non solo non si occupa della cura e manutenzione della parte più delicata e che subisce maggiormente la pressione antropica dell’intero territorio che è chiamato a tutelare, ma dopo aver creato un attrattore turistico di successo con il “ponte tibetano”, lo ha di fatto abbandonato.
Del resto quello del ponte non è neanche l’unico caso:l’altro grande attrattore, il progetto “Civiltà Rupestre”, costato alla collettività milioni di euro e i cui lavori si sono trascinati, tra mille polemiche, fino a ottobre 2021, è ancora inaccessibile poiché l’Ente Parco non emana il bando di gestione, avendo anche mancato di rinnovare il presidio del centro visite di Jazzo Gattini, unico luogo dove i visitatori potevano ricevere informazioni, trovare servizi igienici e ristoro. Manca poi del tutto un piano per consentire l’accesso al Parco ai gruppi organizzati, mentre le mandrie di gitanti autonomi possono fare il bello e il cattivo tempo nell’area a protezione integrale.
Gli operatori turistici hanno pressoché rinunciato a proporre Murgia Timone ai propri clienti, e i risultati sono devastanti: da un lato la diminuzione della permanenza a Matera e del lavoro degli operatori stessi; dall’altro l’accesso incontrollato dell’area anche da parte di gente totalmente inesperta che, oltre a mettersi in pericolo, compromette l’integrità del patrimonio. Tutta l’area giace abbandonata e in pieno degrado, con le antiche grotte utilizzate spesso come toilette improvvisate e l’immondizia che si accumula tra i cespugli di timo – quelli che non vengono strappati dagli incivili.
Il Parco della Murgia Materana, splendido scrigno di tesori archeologici, storico-artistici, paesaggistici e naturalistici, un sito che da sempre consentiva di raddoppiare l’offerta turistico culturale ed escursionistica, ad oggi non si può più considerare né un attrattore né un’area protetta.
Sin dalla riapertura del sentiero 406 e del ponte, nel 2019, abbiamo indicato la necessità di controllarne e gestirne l’accesso, proponendo soluzioni che coinvolgessero gli operatorie rendessero sostenibile la cosa per gli stessi e per il Parco. Ma l’Ente Parco ha scelto di affidarlo a volontari che, com’era ovvio, non hanno saputo né potuto farlo per più di pochi giorni.
A Giugno 2020, data d’inizio dei lavori del Parco della Storia dell’Uomo, abbiamoimmediatamente sollecitato la definizione delle modalità di gestione del nuovo attrattore, ma a distanza di oltre due anni all’orizzonte non si vedono soluzioni.
Ora basta. Il tempo delle scuse è finito. Pretendiamo soluzioni immediate al gravissimo stato di cose: la messa in sicurezza del sentiero e l’apertura delle chiese del Parco. Stiamo valutando di intraprendere una class action per chiedere all’Ente Parco – ente gestore e dunque diretto responsabile, ai nostri occhi, dell’attuale stato di cose – un risarcimento per i danni economici che gli operatori hanno subito e continuano a subire a causa della sua inazione.