Francesco Castelgrande, presidente dell’Associazione Migranti Basilicata, fa il punto sulla situazione attuale dell’immigrazione in Basilicata.
La campagna stagionale appena trascorsa ha messo in luce ancora una volta la debolezza del sistema accoglienza del nostro Paese ed in particolare della Basilicata. Ancora una stagione improntata all’emergenza e che ha visto i lavoratori occupare i casolari sparsi senza luce e senza acqua visti i posti disponibili nei Centri di Accoglienza o presunti tali dove i rappresentanti delle Istituzioni che li aprono non passerebbero nemmeno una notte. I lavoratori che giungono in Basilicata si spostano sul territorio italiano in cerca di occupazione e di contratti di lavoro, ma alla fine vengono schiavizzati e messi nelle condizioni di finire nelle mani dei caporali. Nella Basilicata arrivano lavoratori, non per via mare, ma con voli e sfuggono al colonialismo della loro terra. Alcune Associazioni e Organizzazioni del terzo settore cercano in tutti i modi di dare loro il necessario, ma i lavoratori non chiedono la carità bensì il rispetto della loro persona, dei loro diritti e della loro dignità. E cosa dire della situazione dei documenti? Se da un lato è vero che la Bossi-Fini del 2002 ha ristretto tutto e poi l’opera è stata completata dai Decreti Salvini del 2018 in tutto questo frangente come mai nessuno è intervenuto per abrogare o cambiare tali provvedimenti? E come mai i vari decreti sui flussi hanno sempre di più diminuito i numeri dei fabbisogni e del tutto abolito i collaboratori/collaboratrici domestiche? Siamo passati dalle 180 mila persone richieste nel 2010 a 35 mila nel 2020. Nel nostro Paese si viola il Decreto legge 142 del 2015 che recepisce la direttiva europea sull’accoglienza e che impone allo Stato di recepire la domanda di asilo e di farsi carico del richiedente. Nel caso della Basilicata se si tirano le somme di tutti i soldi spesi negli ultimi 15 anni per allestire i Centri di (dis)accoglienza si potevano costruire strutture idonee ed attrezzate per ospitare tutti i numeri dei lavoratori che vengono a prestare la loro opera e che garantiscono i prodotti che arrivano sulla nostra tavola. A questo c’è da aggiungere che sono in previsione le costruzioni di alcun strutture per l’accoglienza con il PON legalità che dovevano essere pronte già nel 2020 e sono state prorogate, ma a tutt’oggi non è stata posata ancora la prima pietra. E si tratta di strutture che in alcuni casi sono lontane dai centri abitati e che sono insufficienti ad ospitare i braccianti che arrivano per le raccolte stagionali. Vi è poi un tema del tutto dimenticato nel nostro Paese e che riguarda l’alfabetizzazione e la scuola Istituzionale. A Venosa ci siamo dovuti inventare una scuola popolare con un gruppo di maestre in pensione e dopo anni di dure battaglie finalmente con la collaborazione del CPIA di Potenza e l’Associazione ADU(avvocati dei diritti umani), oltre alla collaborazione di Libera e la scuola Battaglini di Venosa insieme all’Amministrazione Comunale siamo riusciti ad ottenere i corsi istituzionali. Ci si lamenta sempre e tanto della scarsa manodopera non qualificata. Ma come si pretende di qualificare dei lavoratori che non conoscono la lingua del nostro Paese?
In Basilicata nel 2016, a ridosso dello sgombero del ghetto di Boreano, è stata approvata la legge 13 che prevede “norme per l’accoglienza, la tutela e l’integrazione dei cittadini migranti e dei rifugiati. La Legge prevede degli Organismi per delineare i fabbisogni e per programmare ogni due anni l’accoglienza. Gli Organismi approvati sono: Piano Regionale per l’Immigrazione, Coordinamento politiche per l’immigrazione e attuazione del Piamo per l’Immigrazione e la Conferenza Regionale per i Migranti oltre alla Consulta regionale per i cittadini stranieri migranti e rifugiati. Ad oggi la Legge 13 non si attua e forse non è mai stata finanziata.
Alla luce di questa analisi nel nostro territorio si sta verificando un fenomeno del tutto allarmante e che vede in difficoltà molti imprenditori che non trovano manodopera. I lavoratori hanno preso la via dell’emigrazione verso il nord motivando la loro delusione e tutto il disagio riferito all’accoglienza e al mancato rispetto dei contratti. Infatti questi uomini e donne lavorano e alla fine non si trovano tutte le giornate versate. Infatti le domande di disoccupazione sono in netto calo per mancanza del requisito di giornate lavorate. Ma nessuno si chiede quante giornate servono per raccogliere i prodotti agricoli di migliaia di ettari di terra?
Afferma Donatella Di Cesare: Il “diritto ad avere diritti” è oggi la formula che racchiude quel paradosso dei diritti umani che si è rivelato il paradosso stesso della democrazia.
Ha avuto ragione la filosofa Hannah Arendt quando affermava che: “Gli Stati nazionali continuano a discriminare e respingere, mentre si moltiplicano i campi di internamento e le zone di transito a cui, nelle periferie dell’ordine mondiale, sono consegnati gli esseri umani ritenuti<superflui”.