Francesco Paolo Francione: “Tornare al cinema, tutti, giovani e anziani”. Di seguito la nota integrale con la recensione del film “Astolfo” di e con Gianni Di Gregorio.
Non c’è fallimento grave nella vita, tanto da impedire che si possa ricominciare daccapo.
E’ questo il succo del film “Astolfo” di e con Gianni Di Gregorio, con Stefania Sandrelli. Una diva del Cinema italiano che si fa donna fascinosa e che attira al suo livello artigiani piccoli e sconosciuti, i falliti, appunto.
Si può ricominciare se sono forti le “Ricordanze” (“Tornare ancora per uso a contemplarvi/ sul paterno giardino scintillanti, / e ragionar con voi dalle finestre”); ma soprattutto se irrompe un forte sentimento di Amore, anche quello apparentemente patetico dell’anziano e del diseredato, quello che non “strappa i capelli”, quello che si fa tenerezza e si estende alla solidarietà verso i senza casa e mestiere.
Una solidarietà che trova ostacoli insormontabili proprio nell’arroganza del potere che la solidarietà dovrebbe promuovere: il potere clericale ipocrita e calunniatore, e quello secolare dell’Amministrazione, prepotente, in camicia bianca e cravatta, latronesca e mafiosa.
Il Marasciallo mette sull’attenti i poveracci che hanno accennato ad una reazione violenta e condivisa dal paese intero, ma lo fa suo malgrado, costretto ad essere, come sempre, severo e forte con i deboli, e ciecocon le malversazioni del Sindaco.
Ma c’è anche l’egoismo dei più vicini, quello dei figli che si frappone alla felicità dei poveracci, e la vecchiaia rende tutti un po’ poveri: un egoismo sfrontato, mascherato da affetto filiale, contro il quale ci vuole il coraggio di Stefania per liberarsi dal perbenismo ipocrita e riportare nobiltà e salute nel palazzo e nel cuore di Astolfo.