Calci e schiaffi in faccia, sui glutei, in testa, alla schiena per 4 minuti di fila contro un detenuto “affetto da patologia psichiatrica” che “poco prima aveva appiccato il fuoco al materasso della cella di detenzione. È quanto scrive il gip di Bari, Giuseppe Montemurro, nell’ordinanza di misure cautelari che ha portato 3 agenti della polizia penitenziaria, su 15 indagati, ai domiciliari con l’ipotesi di reato di tortura.
Si sarebbero macchiati di “violenze gravi e agendo con crudeltà” e con “modalità attuative del delitto indicative della volontaria e perseguita inflizione di un carico di sofferenze certamente esuberante rispetto a quanto necessario per provocare al detenuto conseguenze fisiche e evidentemente teso a perseguire una propria forma di soddisfazione”. C’è stato anche “verificabile trauma psichico”, si legge nell’ordinanza, “percepibile dalle riprese video immortalanti il detenuto assumere la posizione fetale in un disperato ma inutile tentativo di difendersi dai colpi ricevuti, sottoponendolo per circa quattro minuti a trattamento inumano e degradante”.
L’inchiesta ha preso il via dopo una segnalazione della Direzione e del Comando della Polizia penitenziaria di Bari, riferita ad un evento avvenuto il 27 aprile scorso. I destinatari delle misure cautelari – scrive il giudice per le indagini preliminari – in servizio presso le diverse sezioni del carcere, “dopo un intervento presso una cella di detenzione infierivano con plurime condotte violente avvenute nell’arco temporale di circa quattro minuti, nei confronti di un 41enne detenuto”.
Secondo l’accusa – inoltre – “non è stata segnalata nessuna lesione sul detenuto”, ricoverato subito dopo nell’infermeria della struttura di detenzione.
“Nel corso dell’intera indagine è stata costante la collaborazione offerta da parte della Direzione dell’Istituto di pena e del Comando della Polizia Penitenziaria”, sottolineano i militari che hanno ribadito: “Il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione della misura odierna, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine alle ipotesi di reato contestate, dovrà essere accertata in sede di processo nel contraddittorio tra le parti”.
Il segretario regionale USPP di Puglia e Basilicata, Vito Messina, in una nota commenta la notizia degli arresti di colleghi nel carcere di Bari e conferma la fiducia nell’operato della magistratura. Di seguito la nota integrale.
La Uspp ha posto l’accento sulle competenze della polizia penitenziaria sulla gestione dei detenuti psichiatrici, sono alcuni anni che sono stati chiusi gli ospedali La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, OPG, avvenuta definitivamente il 31 marzo 2015, secondo quanto previsto dalla legge n. 81 del 2014, ha determinata l’istituzione delle REMS che, però, non solo non hanno risolto il problema della gestione dei malati di mente ma, addirittura lo hanno aggravato. . Sulla questione delle REMS è intervenuta anche la Corte costituzionale con la Sentenza n. 22 del 27 gennaio 2022, originata dal caso di G.S.S., di sopra narrato. La Corte ha sottolineato che a causa dei suoi gravi problemi di funzionamento il sistema non tutela in modo efficace né i diritti fondamentali delle potenziali vittime di aggressioni, che il soggetto affetto da patologie psichiche potrebbe nuovamente realizzare, né il diritto alla salute del malato, il quale non riceve i trattamenti necessari per aiutarlo a superare la propria patologia e a reinserirsi gradualmente nella società̀. La Corte ha inoltre osservato che la totale estromissione del ministro della Giustizia da ogni competenza in materia di REMS – e dunque in materia di esecuzione di misure di sicurezza disposte dal giudice penale – non è compatibile con l’articolo 110 della Costituzione, che assegna al Guardasigilli la responsabilità dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Di qui il monito al legislatore affinché proceda, senza indugio, a una complessiva riforma di sistema, che assicuri assieme: un’adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza;
– la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività;
– forme di idoneo coinvolgimento del ministro della Giustizia nell’attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale degli autori di reato, nonché́ nella programmazione del relativo fabbisogno finanziario.
Tra l’altro, di recente, la CEDU ha condannato l’Italia per aver tenuto in carcere, per due anni, un internato che doveva essere assegnato in una REMS.
Quello descritto è uno dei tipici casi italiani di riforme che hanno peggiorato la situazione precedente. Spesso, la cura è peggiore della malattia. In questo caso potremmo dire che ha aggravato la malattia.
Queste tre iniziative sono state accompagnate:
dalla progressiva riduzione del personale di polizia penitenziaria dovuta, per un verso alla riforma Madia, Ministro della Pubblica Amministrazione del governo Renzi, che ha tagliato gli organici di tutte le Forze di polizia; la polizia penitenziaria è passata da un organico di oltre quarantaquattro mila unità agli attuali quarantunomila circa. Per altro verso è stata determinata, per alcuni anni, dalla mancanza di assunzioni adeguate, rispetto al personale che andava in pensione (c.d. blocco parziale del turn over). A ciò si è aggiunta l’inadeguata gestione delle risorse disponibili, avvenuta nel corso degli anni addietro, tant’è che oggi abbiamo istituti senza comandate e direttore in pianta stabile, regioni con forte carenza di ispettori e sovrintendenti, rispetto ad altre che, invece, hanno una presenza più equilibrata di tali risorse;
dalla mancanza di strumenti di videosorveglianza, di impianti antintrusione e anti-scavalcamento nei perimetri di delimitazione degli istituti penitenziari (c.d, muro di cinta). Abbiamo ancora istituti dove manca la sala regia che dovrebbe consentire il controllo di tutto l’istituto, attraverso un adeguato sistema di videosorveglianza;
dalla inadeguata formazione del personale, spesso oggetto di tendenze ideologiche che hanno determinato un eccessivo sbilanciamento verso progetti e programmi non adeguati ad un Corpo di polizia, in possesso di qualifiche di agent e ufficiale di polizia giudiziaria, agente e sostituto ufficiale di pubblica sicurezza, con compiti di osservazione e non di trattamento. Il trattamento che può fare la polizia penitenziaria è solo quello teso a far rispettare le regole, garantendo al sicurezza e la legalità;
dalla inadeguata gestione dei detenuti tossicodipendenti.
Proposte in ordine di priorità
Le prime e importanti iniziative che si potrebbero introdurre, attraverso atti amministrativi, al fine di migliorare la situazione degli istituti, sono:
la revisione del modello custodiale, soprattutto della media sicurezza, nel senso indicato dalla circolare inviata qualche mese fa alle organizzazioni sindacali e poi non emanata. Sarebbe un buon punto di partenza, per cercare di ripristinare la legalità nelle carceri, attraverso un sistema di stanze aperte che premi il merito e differenzi coloro che rispettano le regole da chi assume comportamenti violenti nei confronti del personale e degli altri detenuti. Chiediamo, quindi, l’immediata emanazione della suddetta circolare.;
l’istituzione, negli istituti, ovvero di uno o due istituti per regione, di adeguate sezioni riguardanti l’articolazione salute mentale, all’interno delle quali devono essere collocati i detenuti con problemi psichiatrici, togliendoli così dalla gestione ordinaria delle sezioni comuni, dove aggrediscono il personale e devastano le stanze di pernottamento, con ingente danno all’erario, perché non sono adeguatamente seguiti e curati, come la stessa Corte costituzionale ha evidenziato;
l’istituzione di sezioni e/o reparti dedicati ai detenuti tossicodipendenti, sul modello di Rimini, dove gli stessi sottoscrivono un programma con l’amministrazione, attraverso il quale si impegnano a non assumere sostanze alternative, a svolgere attività formative e di studio, a rispettare le regole, dopo di che vengono avviati nelle comunità esterne per il prosieguo del percorso di recupero. Tale progetto ha dimostrato nel tempo di funzionare, atteso che la recidiva è stata quasi azzerata;
l’acquisto e dotazione del TASER ai reparti di polizia penitenziaria, nonché di altri strumenti, il cui impiego si rende necessario nei casi di emergenza, come le rivolte. Ci riferiamo a scudi, caschi e manganelli che, nel corso delle rivolte del 2020, ci ha prestato la polizia di Stato;
la revisione delle attuali piante organiche;
un maggiore impulso alle iniziative da sottoporre al lavoro delle commissioni, come avanzamenti e formazione, nonché quella di garanzia, importante per la tenuta delle relazioni sindacali;
Infine, ma non perché di minore importanza, con atto normativo, si chiede l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo: medici, informatici, psicologi e esperti del trattamento.
Unici, in solitaria, da tempi, denunciamo tracollo sistema penitenziario, ormai giunto al capolinea, per condizioni di servizio e di sicurezza interne fuori controllo, con grave nocumento per l’incolumità del Personale e della funzionalità istituzionale, a tutti i livelli dell’amministrazione, non ultimo ciò che emerso nell’ultima visita fatta nella carcere da questa sigla.
Con l’occasione, ribadiamo la necessità di avviare un dibattito serio, la USPP dice basta alla cultura di tirare a campare, e soprattutto nella gestione dei detenuti con problemi di malattie mentali, trattasi di problemi sanitari e vanno gestiti da figure professionali competenti, non molto tempo fa vi è stato un incontro con l’assessore palese della sanità pugliese nell’occasione si è aperto un dibattito in tal senso, ci auspichiamo un accelerazione delle procedure di assegnazione delle figure professionali competenti alla gestione dei soggetti appena accennati
Infine, va il nostro plauso all’assessore palese che si è mostrato sensibile al tema rappresentato.