Maurizio Bolognetti in una nota esprime alcune riflessioni sulla deriva tecnologica e digitalizzata che sta assumendo il mondo del lavoro. Di seguito la nota integrale.
Bolognetti: sulla spiaggia Zihuatanejo per dar corpo alla Speranza.
Nella top five dei miei film preferiti metto senza esitare “Le ali della libertà”. Un film sul carcere, sulla vita, sulla speranza, sulla giustizia, sull’amicizia e sul come si può restare umani anche in un luogo progettato per disumanizzarti e uccidere la speranza.
Di questo straordinario film, diretto da Frank Darabont, mi è restato dentro tutto e in particolare la lettera nascosta che Andy Dufresne (Tim Roth) indirizza al suo amico Red (Morgan Freeman):
“Caro Red, se leggerai questa lettera vorrà dire che sei uscito, e se sei arrivato fin qui, forse hai voglia di andare un po’ più lontano. Ricordi il nome della città, vero? Zijuataneho (In Messico). Mi servirebbe un uomo in gamba per aiutarmi nel mio progetto. Spero proprio che tu venga; c’è anche una scacchiera che ti aspetta. Ricorda, Red: la speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose, e le cose buone non muoiono mai. Spero che questa lettera ti trovi, e ti trovi bene. Il tuo amico Andy”.
Un film meraviglioso, intenso, commovente. Un film che parla di certo degli effetti che una prolungata detenzione può produrre sulla psiche:
“Io dico che queste mura sono strane: prima le odi, poi ci fai l’abitudine e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno: sei istituzionalizzato. È la tua vita che vogliono ed è la tua vita che si prendono. La parte che conta almeno”. (Red/Morgan Freeman).
La verità è che a volte, guardandomi attorno, penso che certe mura vengano erette anche fuori. Anche nelle nostre vite di uomini “liberi”, in una società sempre più disumanizzante e in cui prevale la massificazione intellettuale, rischiamo di ritrovarci “istituzionalizzati”.
Comunque sia, vi dirò, non mi dispiacerebbe ritrovarmi sulla spiaggia di Zihuatanejo con Andy e Red.
Maurizio Bolognetti