Le associazioni sottoscriventi hanno inviato alla Regione Basilicata-Dipartimento Ambiente-Ufficio Compatibilità Ambientale, la richiesta di poter partecipare alla Conferenza di Servizi del 15 Novembre 2022.
Si è deciso di reiterare la domanda nonostante il rifiuto già espresso in passato e nello specifico, per la Conferenza del 27 luglio 2022.
La partecipazione, in effetti, è un diritto dei cittadini e delle associazioni che hanno sempre tutelato l’ambiente e la salute, ma soprattutto se assicurata dalla Regione Basilicata, sarebbe stata la massima espressione di trasparenza tanto più per un progetto industriale così imponente e rilevante.
Se l’Ufficio Compatibilità ambientale darà risposta positiva, sarà occasione utile per esprimere una serie di rilevanti preoccupazioni dimostrando, anche con documenti, le ragioni che supportano le criticità sempre espresse.
Tra queste, citiamo, il fatto che l’Eni Rewind ha sempre sostenuto che l’acqua di strato, ossia l’acqua fossile che viene estratta insieme al petrolio, dopo essere depurata nell’impianto di trattamento, contiene solo piccole tracce di sostanze chimiche e di isotopi radioattivi e di radioattività naturale, acqua che quindi, a loro dire, può essere utilizzata nel circuito chiuso del Cova.
La società petrolifera, continuamente sollecitata da Mediterraneo no triv e ultimamente, su questo aspetto, anche da alcune amministrazioni, ha sempre sostenuto che il circuito di utilizzo delle predette acque è rigorosamente chiuso e che in nessun modo vi è scarico all’esterno.
Eppure tale ipotesi presenta evidenti criticità se solo si considera il fatto che l’impianto di trattamento delle acque di produzione riceve, giornalmente, circa 2000 mc di acqua fossile senza mai prevedere, neppure in maniera residuale, alcuna uscita all’esterno.
La portata delle acque di produzione da impiegare all’interno del Cova, secondo la società petrolifera sarebbe sempre a ciclo chiuso nonostante il costante e continuo ingresso di volumi enormi.
Diventa francamente difficile poter credere a tale ipotesi perché, con una stima giornaliera di tale portata di acqua e, ripetiamo, costante e continua e senza scarico anche di volumi parziali al depuratore dell’ASI, potremmo ipotizzare che il Cova sarebbe così letteralmente sommerso dalle acque di produzione.
Inoltre, anche il fatto che i residui chimici e/o radioattivi possano essere solo in misura percentuale marginale e irrisoria, non è ipotesi comunque irrilevante in quanto la matematica ci dice che, se si scaricano 2000 mc di acqua al giorno, dopo un anno di afflusso continuo sarebbe scaricarti circa 700.000 mc/ anno di acqua trattata, ed anche considerando solo il 2% di inquinanti, potenzialmente rischiamo di far confluire presso il depuratore ASI e poi nel lago del Pertusillo, almeno 7000 tonnellate/anno di sostanze chimiche.
Lo stesso discorso vale per gli isotopi radioattivi che, se scaricati, seppure come mera ipotesi, nel lago del Pertusillo, per effetto accumulo, le quantità prima valutate come irrisorie di radioattività nel tempo potrebbero trasformare il lago in un bacino non utilizzabile per scopo umani.
E’ opportuno anche dovere precisare che quando Eni Rewind parla di radioattività naturale, intendendo che non è pericolosa, fa riferimento alla radioattività presente sulla superficie terrestre.
Al contrario la radioattività presente nelle acque di strato, ossia acqua fossile e che si trova a 4000 metri nel sottosuolo, contiene isotopi che non possono essere separati neanche con il trattamento in un impianto altamente specializzato come quello che Eni Rewind vuole collocare in Contrada Le Vigne a Viggiano.
Se quindi si considera che questi isotopi, in realtà, hanno la caratteristica di accumularsi dove vengono scaricati, ecco che le preoccupazioni delle associazioni sottoscriventi diventano serie e debbono assolutamente trovare ascolto presso gli uffici della Regione Basilicata.
Al quadro, già di per se preoccupante, si aggiunge anche il fatto che l’impianto di trattamento dovrebbe utilizzare migliaia di tonnellate di acidi e sostanze chimiche potenzialmente pericolose, fattori tutti che rendono il potenziale rischio di incidente rilevante non accettabile.
Il rispetto del principio di precauzione, sempre richiamato in tutti questi anni, e purtroppo del tutto ignorato, impone alla società petrolifera di dover dimostrare, con inequivocabile certezza, che l’impianto che intende realizzare non è rischioso per la salute dei cittadini le cui influenze sono state già ampiamente dimostrate da studi scientifici, e anche per la loro sicurezza nonché per l’ambiente.
Per tutti questi motivi le associazioni ambientaliste hanno deciso di inviare una formale nota all’assessore all’ambiente Cosimo Latronico con richiesta di incontro.
Se domandare è un diritto per i cittadini, la risposta delle istituzioni e della politica è un dovere di trasparenza e lealtà.
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